“Ti Bergamo”, ovvero “Ti Bergàmo”, ovvero “Bergamo Ti amo”. Obiettivo ambizioso quello della nuova mostra che apre i battenti alla GAMeC a partire dal primo ottobre: provare a portare in luce quel labirintico intreccio di trama e ordito che costituisce il tessuto della comunità di Bergamo. Potremmo dire il nostro Dna, quello che ci ha trasmesso il passato ma che continua a mutare e svilupparsi nel presente. Perché proprio ora? Perché le identità collettive, si sa, si rinsaldano nei momenti difficili.
E così nel cortocircuito emotivo innescato dalla convergenza di eventi drammatici e gesti di solidarietà che si sono manifestati in città e sul territorio durante la fase più acuta dell’emergenza Coronavirus, ciò che ne è uscito rafforzato è senza dubbio il senso di comunità. Ecco perché quella di GAMeC non sarà una mostra sul tema arte e Covid – anche se il tema del dolore e della perdita saranno inevitabilmente presenti perché sono stati potenti “dispositivi” di riconoscimento, di attivazione e di mutazione della dimensione comunitaria – piuttosto sulla restituzione di quel quadro multiforme e multifocale che è la nostra identità collettiva. Senza pretendere di essere un punto fermo, nella consapevolezza che, nel momento in cui lo si “fotografa”, l’organismo vivo della comunità sta già cambiando, perché è nella sua natura.
L’esposizione trae il titolo dal disegno realizzato e donato al museo dall’artista rumeno Dan Perjovschi per sostenere la campagna di raccolta fondi per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII che la GAMeC ha promosso attraverso i propri canali nel corso dell’emergenza sanitaria in città.
Il filo rosso
Unico filo rosso di una mostra che sovrappone e interseca piani e livelli – cronologici, tematici, linguistici, sociali – è l’immagine, forse l’unico strumento capace di tradurre in sintesi potente un network complesso come quello di una comunità. Immagini nate dall’interno della nostra comunità si mescolano con le visioni dall’esterno perché, lo abbiamo constatato, all’improvviso la comunità di Bergamo si è allargata al mondo. Opere realizzate negli ultimi mesi convivono senza soluzione di continuità con lavori realizzati in altri momenti e contesti, ma si riconnettono con il presente alla luce di ciò che abbiamo vissuto. In mostra si incrociano opere d’arte e produzioni dal basso, immagini fotografiche, filmati, gesti e pensieri di artisti e creativi locali, nazionali e internazionali di generazioni diverse, che hanno interagito con la comunità Bergamo, entrando così a farne parte.
L’inizio e la fine
I due poli tra i quali si sviluppa il racconto di “Ti Bergamo” sono emblematici dell’intento del progetto. Il percorso espositivo si apre restituendo il ruolo che la stampa, o meglio i media in senso più ampio, hanno avuto negli ultimi mesi nel riannodare e rafforzare, soprattutto attraverso le immagini, i fili del tessuto comunitario, dalla raccolta delle edizioni de L’Eco di Bergamo ai disegni sulla pandemia realizzati per GAMeC dall’artista rumeno Dan Perjovschi, rilanciati sui social del MoMA di New York durante il primo lockdown; dalle vignette di Bruno Bozzetto al progetto dell’illustratore Emiliano Ponzi per The Washington Post, che narra la vita quotidiana di un milanese in quarantena.
A chiudere, ma in sostanza a lasciare aperto, il racconto è il lavoro del duo artistico Masbedo che hanno elevato il capolavoro di Pellizza da Volpedo “Ricordo di un dolore”, conservato alla Carrara, ad emblema della comunione tra il dolore individuale e il dolore collettivo di una valle e della città. La riproduzione del dipinto ha invaso strade e luoghi della Valle Seriana e poi un uomo se l’è caricato sulle spalle per portarlo in ascesa silenziosa sulla vetta della Presolana
Nel mezzo, un caleidoscopio visivo
Artisti bergamaschi di generazioni differenti, tra i quali Tea Andreoletti, Filippo Berta, Mariella Bettineschi, Mario Cresci, Gianriccardo Piccoli e Andrea Mastrovito (che presenta il suo ultimo film “I Am Not Legend” dedicato alla sua città natale) e una grande installazione che raccoglie le oltre 200 fotografie dell’iniziativa “100 Fotografi per Bergamo”, lanciata lo scorso marzo a favore dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. La registrazione del concerto della cantante israeliana Noa e, dal Museo delle storie, le 16 immagini messe a disposizione dall’Archivio fotografico Sestini per l’iniziativa “Unoscattoxlaricerca” per finanziare l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Un’intera sala sarà dedicata a Radio GAMeC, il progetto nato sui social della Galleria durante l’emergenza sanitaria, che riunisce le voci italiane e internazionali provenienti dai più diversi ambiti della cultura, della ricerca, dello spettacolo e dello sport che hanno partecipato. Ma anche i 26 poster dell’iniziativa “Poster Quotidiano”, ideata a sostegno della Fondazione Progetto Arca Onlus. E ancora: la città vuota e silenziosa “catturata” anni fa dall’obiettivo di Gabriele Basilico e le affissioni che sulle strade hanno celebrato gli infermieri come supereroi; la Bergamo raccontata da Trento Longaretti e Alberto Vitali e la comunità che cresce immortalata da Alberto Garutti entrando nelle case dei bergamaschi “baciate” dalla nascita di un bimbo; l’allestimento di una vera “Aula Magna” utilizzando i banchi dismessi dalle scuole in questi mesi, pronta ad accogliere le classi. E tanto altro ancora, impossibile citare tutto e tutti.
La scelta della gratuità
La scelta di aprire la mostra con ingresso gratuito è un segnale importante. Contribuire al progetto sarà una libera scelta. Grazie al contributo di Santini Maglificio Sportivo, è stata prodotta una T-shirt con la scritta “Ti Bergamo”, in vendita a 19 euro. Metà dei proventi sarà devoluta a Cesvi per contribuire a finanziare un importante progetto dedicato alla protezione dell’infanzia a Bergamo, l’altra metà andrà a copertura dei costi della mostra.
Info
TI BERGAMO
Una comunità
a cura di Valentina Gervasoni e Lorenzo Giusti
1° ottobre 2020 – 14 febbraio 2021
Ingresso gratuito
Sito GAMeC