L’inaugurazione sarà oggi, venerdì 12 novembre, dalle 18 alle 21, al primo piano del Palazzo del Teatro Nuovo (largo Belotti 15): la mostra “Genius loci” nella quale tre artisti – Guido Nosari De Danieli (di cui vi abbiamo parlato già qui), Italo Chiodi e Hannah Quinlivan – dialogano con gli spazi da tempo inaccessibili al pubblico, svuotati ma affollati di memoria, di questo landmark della storia e dell’identità cittadina.
Un passato glorioso, un presente d’arte, un futuro incerto
In principio era un ameno giardino affacciato sulla Roggia Nuova, poi un “baraccone” teatrale in legno allestito nella stagione della grande Fiera di Bergamo, quindi “modernissimo politeama” che ospitò sul palco attori, giocolieri, protagonisti della cultura italiana, dal grande Rastelli a Gandusio, Falconi e le sorelle Grammatica, da Gabriele D’Annunzio al futurista Marinetti, da Pietro Mascagni al patriota Cesare Battisti. E ancora il circo, l’operetta, il grande trasformista Fregoli e, più avanti, il cabaret di Dario Fo, Franca Rame, Paolo Rossi.
Nel 1965 la definitiva trasformazione in cinematografo “per proiezioni con pellicola da 70 millimetri (vale a dire per un Cinerama) e con suono stereofonico, che ben rivaleggia possiamo dire con le migliori sale d’Italia”. Poi comincia il declino, al Nuovo si proiettano film a luci rosse, tra proteste, denunce e sfilate in città. Nell’estate del 2005, il cinema Nuovo chiude definitivamente i battenti e da allora è stato abbandonato al suo destino. A breve cominceranno i lavori per la riqualificazione del primo piano, destinato ad ospitare uffici, mentre per gli spazi strettamente teatrali, a più riprese oggetto dell’interesse di note catene di supermercati, il futuro non è ancora scritto.
Da diverso tempo, tuttavia, Guido Nosari De Danieli (Bergamo, 1984) ha eletto il piano superiore del Palazzo a suo studio di arte e, in collaborazione con la Fondazione Bortolaso-Totaro-Sponga di Como, dedicata al tessuto industriale e alla fiber art, ha dato avvio al progetto “Genius Loci”, curato da Giovanni Berera. Tre artisti diversi e tre diversi frammenti di produzione d’arte, per creare un percorso nel quale la memoria e la profezia si intrecciano profondamente.
Una nuova, ultima pelle per il Palazzo del Teatro Nuovo
Italo Chiodi scava nella memoria originaria del palazzo, praticando una raffinatissima “archeologia della natura”, fatta riaffiorare da un nero d’abisso (quello speciale pigmento Black 3.0, talmente scuro da riuscire ad assorbire oltre il 99 per cento di luce): “Le opere di Italo Chiodi rimandano a un tempo in cui il palazzo ancora non esisteva – spiega Giovanni Berera – Un tempo in cui l’unico scroscio che si sentiva non era quello degli applausi, ma quello della Roggia Nuova che segnava il confine tra il giardino della famiglia Piccinelli e piazza Baroni, nei pressi della Fiera della città. Come un rabdomante, Chiodi ha trovato le antiche acque del canale, ristabilendo un contatto con la natura. Fiori, arbusti e rami emergono da un profondissimo fondo nero, come recuperati da un oblio, da una dimensione campestre e idilliaca, ora quasi inimmaginabile per chi transita in Largo Belotti”.
Prosegue il curatore: “È Guido Nosari a popolare di presenze umane gli ambienti del Palazzo. Gli occhi dei protagonisti della serie ‘Sguardo intoccabile’ osservano curiosi da un soppalco chi entra in mostra. Sono presenze velate. Sguardi su cui si è posata una patina tessile. Più enigmatiche le figure della serie ‘Reversed Head’ che mostrano le spalle a chi le osserva. Volti negati all’osservatore perché guardano nella sua stessa direzione. Silhouette scavate nel carbone più o meno riconoscibili. Esistenze di cui si perderà progressivamente traccia”.
Guido Nosari, poi, con la sua “ossessione tessile” prova a tessere una nuova pelle per il Palazzo del Teatro Nuovo, confrontandosi con trama e ordito delle sue memorie attraverso stratificazioni tessili e pittoriche. Il punto di arrivo di questo processo di distillazione è la rappresentazione pittorica del tessile, inteso come campo di costruzione dell’identità. Inevitabile che il tema dell’abito incroci quello dell’abitare, che l’azione simbolica di vestirsi incroci il tema del corpo, delle sue manipolazioni e dei suoi rivestimenti. Attraverso il tessuto il corpo si fa luogo di performance, di una costruzione sempre aperta e in divenire dell’identità. Nelle opere di Guido, il tessuto a contatto con la pelle, concorre a determinare appartenenze e memorie, così come a negoziare e rinegoziare la nostra posizione nel mondo.
Conclude Berera: “‘Polyrhythm’ di Hannah Quinlivan, infine, è quasi una manifestazione ectoplasmatica del Genius Loci imbrigliato in un intrico di fili. La scultura composta da rete metallica, lana e luci al neon è una cesura abbacinante nella narrazione espositiva. Una folgorazione inaspettata. A differenza di Quinlivan, Nosari e Chiodi hanno condotto una delicatissima opera di scavo percettivo, individuando nella sedimentazione profonda, brandelli di memorie, frammenti, narrazioni, identità per recuperare il Genius Loci del Palazzo. E forse – ma lo dico sottovoce – per farlo rivivere, accettando di diventare essi stessi sedimento e stratificazione”.
Un ultimo spettacolo, dunque, messo in scena nel Palazzo del Teatro Nuovo e l’ultima occasione per lasciarci rapire in città dalla sottile vertigine del Ruinenlust , quell’attrazione irresistibile, tra malinconia e inquietudine, che ci prende in questi luoghi abbandonati, abitati soltanto dai fantasmi di vite passate e ormai svanite.
Info
Genius Loci sarà aperta dal 12 al 28 novembre 2021, nei pomeriggi di venerdì, sabato e domenica (ore 14-19), mentre nei giorni feriali la mostra sarà aperta solo su appuntamento ([email protected]).
Giovedì 25 novembre, la mostra ospita una serata dedicata alla poesia con Maria Borio, a partire dalle ore 21 (obbligo di prenotazione).