Ci sono complessi monumentali che, trasformandosi di pari passo con l’evoluzione paesaggistica, economica e sociale di un territorio, finiscono per diventarne un emblema. Così è per il grande Palazzo Furietti Carrara che si affaccia su via Vittorio Veneto a Presezzo. Oggetto in anni recenti di un importante e lungimirante recupero voluto dal Comune, che promette – in un futuro si spera non troppo lontano – di lasciare alle spalle l’esperienza della pandemia. Trasformandolo così nel polo culturale e museale di riferimento dell’Isola.
Il nucleo originario, che lo connotava come dimora di campagna circondata da estesi terreni, sorse tra il 1580 e il 1590 per volontà di Guarisco dei Sonzogni, detto “Furietti”, facoltoso mercante originario della media Valle Brembana. Nel Settecento, il complesso passò nelle mani della famiglia Gualandris senza subire sostanziali modifiche, ma fu con la famiglia Carrara che il suo aspetto mutò radicalmente.
Rinascimentale e settecentesco
La fisionomia architettonica attuale, infatti, è frutto della riorganizzazione neoclassica operata da Nicolino da Calepio che, alla fine del Settecento, trasforma l’edificio per dotarlo di tutti i requisiti architettonici e di status symbol di una residenza urbana. Oggi il palazzo al piano terra conserva nella struttura il suo aspetto rinascimentale, mentre il piano nobile è frutto della sistemazione tardo settecentesca.
Attraverso un elegantissimo portico con volta a vele, decorata a grottesche con i temi delle Stagioni e delle Virtù Teologali e Cardinali, si accede al grande salone di rappresentanza affrescato con le Fatiche di Ercole e alle tre salette più piccole, sulle cui volte sono raffigurati il Carro di Apollo, Susanna al bagno e Giuditta e Oloferne.
Il ciclo pittorico è documento prezioso per gli studi della grande decorazione dei palazzi signorili a Bergamo nel Cinquecento. Ed è particolarmente interessante perché una delle testimonianze più significative dell’attività di frescante del pittore bergamasco Giovan Paolo Cavagna, che qui mette chiaramente in scena un ambizioso programma iconografico che incrocia episodi biblici e mitologici, sacri e profani.
Di questo ciclo, purtroppo, oggi possiamo ammirare soltanto tracce – ben leggibili ma pur sempre tracce – che è quanto ci ha lasciato lo strappo degli affreschi eseguito tra il 1939 e il 1942 su richiesta della famiglia Carrara, in accordo con il Comune di Presezzo cui veniva subito dopo ceduto l’edificio.
Qui la vicenda si fa molto curiosa, in quanto da quel momento dei dipinti murali strappati si è persa ogni traccia. Soltanto di recente, alla fine del 2014, una inattesa segnalazione ha consentito di individuare il luogo in cui sono stati custoditi in tutti questi decenni.
Tomaso Buzzi
Ad acquistare l’intero ciclo dalla famiglia Carrara, infatti, fu Tomaso Buzzi, eccentrico e affascinante personaggio, architetto, artista e uomo di cultura tra i più importanti e visionari del Novecento. Buzzi a Montegiove, tra le colline di Montegabbione in Umbria, ha ideato e realizzato la cittadella de La Scarzuola, una sorta di sua città ideale, surreale e impossibile da descrivere, sorta attorno a un duecentesco convento francescano.
Progettata per costruzioni tutte in tufo, raggruppate in sette scene teatrali, il “villaggio” di Buzzi è una metafora della vita, sovraccarica di riferimenti simbolici, riferimenti e citazioni, tutti da decifrare, come era tipico del linguaggio ermetico dell’aristocrazia massonica del Settecento (questo il sito).
È in questa città incantata, sacra e profana, unica al mondo, che hanno trovato posto anche gli affreschi bergamaschi del Cavagna, uno dei quali ha fatto anche da testiera al letto in cui ha soggiornato Giovanni Paolo II in visita alla Scarzuola.
Colleoni, Mapelli, Tasca & gli altri
Palazzo Furietti Carrara oggi non è visitabile, se non in occasione dell’apertura di mostre temporanee e iniziative, ma Promoisola organizza visite guidate in programma una domenica al mese. Il Palazzo costituisce, inoltre, una delle tappe d’obbligo di un itinerario alla scoperta di ville e castelli dell’Isola Bergamasca, proposto sempre da Promoisola e da percorrere in autonomia.
Il territorio infatti è punteggiato da importanti, ma ancora troppo poco conosciute, residenze nobiliari, spesso incastonate in un contesto naturale ancora preservato: la Villa Gromo a Mapello, voluta nel Settecento dai conti Zanchi e inserita in un anfiteatro di alberi secolari; o la Villa Mapelli Mozzi a Ponte San Pietro, grandiosa con la facciata che arriva quasi a 40 metri e il tipico stile neoclassico; a Brembate, l’ottocentesca Villa Tasca con il suo parco romantico, che fu dimora del pittore garibaldino Vittore Tasca.
9Da non perdere, poi, il Castello di Marne, antico fortilizio che ha sempre goduto della fama di essere imprendibile, grazie alla sua strategica posizione arroccata su uno sperone roccioso sotto il quale scorre il torrente Dordo. La particolarità è che però al suo interno è allestito come una vera e propria residenza rinascimentale. E poi, ancora: Villa Morlacchi e la torre Castello Moretti sempre a Brembate, e quel Castello di Solza che diede i natali a Bartolomeo Colleoni (visitabile grazie a “Castelli Aperti”).
Per info e prenotazioni visite guidate isolabergamasca.com.