«La cosa più bella del mio lavoro è vedere il mondo attraverso gli occhi degli artisti che collaborano con me. Ognuno ha il suo punto di vista e, se fa l’artista, significa che ha un’esigenza, un bisogno di esprimere qualcosa, no?». Roberto Ratti si è laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 2006 ma non aveva, racconta, «una gran voglia di fare l’architetto». A interessarlo è sempre stata l’arte, soprattutto l’arte contemporanea. «Ricordo che avevo portato un motorino da Bergamo e il sabato giravo per le gallerie di Milano. Ho scoperto questo mondo, dove potevo entrare, uscire, rientrare, mi dava un senso di libertà». Nel settembre del 2007, ha aperto a Bergamo Traffic Gallery . Un luogo di sperimentazione e di incontro che si affaccia su via San Tomaso, a pochi passi dalla GAMeC e dall’Accademia Carrara.
È proprio qui che a metà dicembre è stata inaugurata «Middle Way», doppia personale di Laura Renna e Francesca Ferreri. Una mostra che non ha mancato di incuriosire i molti passanti che, ben prima che lo facessi io, hanno sbirciato dalle vetrine della galleria: intrecci di lana di pecora, un totem dai colori caldi e dalla superficie ruvida, una A rovesciata che accende di colore le pareti bianche.
Francesca Ferreri e Laura Renna si erano conosciute nel 2018 in occasione del Premio Lissone, poi nel 2022 avevano condiviso gli spazi di una piccola cappella, durante una collettiva sul Sacro Monte di Ghiffa (VB). Si sono ritrovate a lavorare insieme all’inizio del 2024, per costruire l’esposizione che oggi abita Traffic Gallery. La mostra, racconta Laura Renna, «ha preso forma lentamente, ed è il risultato di un dialogo a tre con la curatrice Milena Becci. Riflettendo sul processo che sta alla base delle nostre ricerche, e cercando i punti in comune, le direzioni, le intenzioni, Milena ha focalizzato l’attenzione sugli aspetti immateriali presenti nel nostro lavoro». Gli spazi della galleria che accolgono le opere delle artiste, perfettamente speculari, sono separati da un androne. I lavori di Renna e Ferreri non sono però divisi, ma presenti in entrambi gli ambienti, in dialogo perfetto gli uni con gli altri.
Francesca Ferreri, nata in provincia di Cuneo nel 1981, ha studiato pittura all’Accademia Albertina di Torino, poi ha lavorato come restauratrice. Delle tecniche e dei materiali che ha conosciuto esercitando questa professione, ha scelto però un utilizzo che lei definisce «improprio, sperimentale».
Mi rendo conto del significato di queste parole fermandomi davanti alla scultura di Ferreri che, insieme a «Portale» di Laura Renna, dà inizio al percorso. Si chiama «Fino al Sole» e si compone di materiali tra loro diversissimi: cartapesta, legno, sabbia, colla, rete in ferro zincato incontrano una lampadina led a bassa tensione. Un sole che si spegne, e come nelle meridiane e negli orologi solari getta un’ultima ombra, prima di venire assorbito da un grande buco nero. «Includere materiali di diversa composizione – spiega Ferreri – per me è come dare forma a relazioni: ogni oggetto e materiale mi appare sia nella sua singolarità che come parte di un tessuto, variegato e composito, mescolando alto e basso nel tentativo di ricomporre un’unità».
Molte delle sue opere nascono direttamente dal contatto con i materiali, anche quelli di scarto o di consumo comune, come se l’artista li ascoltasse. È il caso ad esempio di «Grande Batterio», alta scultura di colore rosso su cui spicca un casco. «Ho immaginato che il casco potesse dare origine, per caduta verso il basso, a una massa informe».
Laura Renna, invece, artista classe 1971 di origine brindisina e oggi attiva a Modena, per le sue opere utilizza la lana. Anche nei suoi lavori, come in quelli di Ferreri, il passato non muore del tutto, ma si fa generativo, lo scarto rinasce a nuova vita, nuova possibilità. Renna utilizza infatti fibre provenienti dalla rigenerazione di indumenti, l’imbottitura di lana di vecchi materassi e lane di diverse razze di pecora, come la Gentile di Puglia e la Biellese. «Mi interessa molto conoscere le lane autoctone dei territori in cui mi capita di lavorare, e se possibile utilizzarle per palesare il legame che si instaura di volta in volta con il luogo che mi ospita».
Cresciuta con una madre artista, Renna ha respirato creatività fin da bambina. Si è dedicata alla pittura, alla scultura e alla fotografia prima di scoprire la bellezza della lana, osservando l’imbottitura di un vecchio materasso. Per la mostra allestita da Traffic Gallery, ha deciso di unire per la prima volta alla leggerezza della lana la fisicità della terra. Nella serie dei «Daimon», la lana cruda è sovrapposta alla lana infeltrita, nelle sculture a parete che portano il titolo «Frammenti», invece, i due materiali sono accostati l’uno all’altro, in composizioni che ricordano semi che germogliano. «Ho iniziato ad utilizzare le mie sculture di lana infeltrita con il desiderio di passare, prima o poi, a sculture fatte interamente con la terracotta. Si è presentata l’occasione quando ho conosciuto Giuseppe Colì, maestro ceramista di Cutrofiano, che mi ha dato la possibilità di lavorare all’interno dell’azienda di famiglia, ho così potuto attingere direttamente dalla tradizione ceramica pugliese».
Nelle creazioni di Ferreri e Renna, a parlare è la materia stessa, con i suoi pieni e i suoi vuoti. Giro attorno a una sfera appesa al soffitto, che Ferreri ha costruito attorno a una caffettiera in metallo smaltato. Il titolo dell’opera nasce dalle lettere che spiccano al di sopra: i, b, n, t. Lettere che non hanno alcun significato, ma se pronunciate suonano quasi come una formula magica. Una grande vibrazione nello spazio. All’interno, la scultura è cava. Il vuoto, per l’artista, non è infatti un qualcosa da colmare a tutti i costi, ma ha una sua dignità, ed è punto di partenza per qualcosa di nuovo.
«Il vuoto è un concetto a cui sono molto legata, l’inizio di tutto – racconta Ferreri – La fisica, con le recenti scoperte ci ha aperto un mondo immaginifico sulle origini, definendo il vuoto primordiale non come nulla, ma come somma di particelle e antiparticelle, che dopo una brevissima apparizione vengono riassorbite. Il vuoto per me significa spazio d’interpretazione, ciò che la nostra memoria può aggiungere, completando e reinventando mondi nuovi che possono cambiare a seconda del bagaglio che abbiamo immagazzinato».
L’intreccio narrativo di Renna («tessere – dal latino tĕxĕre – è come scrivere, trama dopo trama così come riga dopo riga, per dar forma al tessuto» scrive la curatrice della mostra Milena Becci) incontra quello di Francesca Ferreri, che è anche intreccio matematico. La matematica è per Ferreri una passione maturata sin dal liceo. La storia del simbolo «For All», in particolare, a cui Ferreri ha dedicato un’opera, è affascinante. Nasce dalla A di «All» e significa «per tutti», ma in matematica si utilizza nell’accezione specifica «per ogni», come quantificatore universale. «Trovo bellissimo che in un solo carattere, la A rovesciata, si possa condensare l’idea di uno e di molteplice. Per tutti, ma anche per ciascuno. In questo modo il simbolo, svincolato dalle sue applicazioni, oltre che di inclusione, di unità, parla anche del concetto di attenzione al singolo».
Insieme e individuo, pieno e vuoto, numeri e lettere, aspetti materiali ed elementi invisibili. «La Via di Mezzo o essenza della realtà, trascende e comprende questi due opposti» scrive la curatrice di una mostra che incuriosisce, emoziona e forse può spingerci anche, come dovrebbe fare l’arte, a cambiare le cose.
«Penso che il compito dell’arte sia curare l’anima, la vedo come uno strumento di elevazione spirituale, ma può diventare anche un concreto strumento di modificazione della realtà – sostiene convinta Francesca Ferreri – Per questo, credo che fare arte oggi sia una grande responsabilità: osservando un’opera, grazie ai neuroni specchio riviviamo situazioni ed emozioni che ci accompagneranno nel mondo e contribuiranno a guidare le nostre azioni».
Negli spazi di Traffic Gallery, l’arte di Ferreri e Renna risuona in modo diverso a seconda di come la si approcci e come la si guardi. Il percorso comincia con «Portale» e «Fino al Sole» e termina con «Luce», che ha l’aspetto di una finestra aperta sul futuro, sul mondo, e con «Grande Batterio». Il visitatore, però, è libero di impostare il viaggio come vuole, fermandosi davanti alla scultura o all’intreccio di lana che più lo colpisce.
Tutte le opere, in realtà, possono essere considerate secondo Laura Renna sia un inizio che una fine. «La luce della lampadina che l’artista vede come il sole che si spegne, e quindi la fine di tutto, può invece essere per me una stella che nasce, quindi un nuovo inizio? La via di mezzo, per come la intendo io, va ricercata in questo spazio di dubbio, dove tutto ha la potenzialità di diventare altro. Dove la materia è la corteccia dell’opera, ma la sua essenza può cambiare di significato nel tempo, si adatta al tempo attraverso una metamorfosi continua».
Info e orari sul sito di Traffic Gallery