« Farai le figure in tale atto, il quale sia sofficiente a dimostrare quello che la figura ha ne l’animo; altrimenti la tua arte non fia laudabile»
(Leonardo Da Vinci)
«Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna» è il secondo incontro del ciclo «Lotto. L’immaginazione e la luce», intessuto attorno alla pubblicazione del volume « Lorenzo Lotto. Lettere. Corrispondenze per il coro intarsiato » (Ed Officina Libraria), curato da Corrado Benigni e Mauro Zanchi e promosso da Fondazione MIA in occasione dell’impresa in corso del restauro del coro ligneo di Lotto e Capoferri nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
Caroli sceglie, per la sua conversazione, di riprendere esattamente il titolo di un suo celebre saggio, pubblicato per la prima volta nel 1973 sulla rivista «Storia dell’arte» e poi divenuto un volume nel 1975. Quando si parla degli autori della “riscoperta” di Lorenzo Lotto dopo secoli di oblio, si snocciolano subito i nomi di studiosi come Berenson e Longhi, a cui si deve senza dubbio il merito di aver riacceso l’attenzione sull’arista e di aver impostato le coordinate per una revisione critica del suo lavoro. Ma dobbiamo ringraziare un’intuizione straordinaria di Flavio Caroli se oggi possiamo spiegare quel “quid” inafferrabile che ancora oggi rende Lorenzo Lotto un artista unico, capace di approdare con fascino inalterato alla contemporaneità. Caroli si presta a raccontarcelo in una chiacchierata. E che piacere finalmente – perché accade sempre più di rado – ascoltare uno storico dell’arte in grado di darci, con poche, chiare e coinvolgenti parole, gli strumenti per capire e per guardare.
BM: Qual è il nesso tra Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna?
FC: Io sono innamorato di Lotto da sempre. Ero un ragazzino quando ho cominciato a interrogarmi sull’imperscrutabilità dei suoi personaggi. Ma teniamo conto che quando ho iniziato a studiarlo, nei libri di storia dell’arte, a Tiziano erano dedicate pagine e pagine, a Lotto una mezza paginetta in cui veniva descritto con aggettivi come «anomalo», «strano», «provinciale» … Insomma, come un pittore dell’estrema periferia. Cominciai così la mia indagine per cercare di chiarire i motivi di quel fascino di Lotto che non ci si riusciva proprio a spiegare. Venivo spesso a Bergamo, sedotto e attratto dal suo mistero, di cui volevo trovare le ragioni. Mi dicevo: guardo i quadri di Raffaello e capisco che cosa pensa, guardo quelli di Lotto e non riesco a capire… Ma intuitivamente capivo l’importanza di Lotto per l’arte occidentale. Mi è parso chiaro che se Tiziano rappresenta la linea maestra del classicismo che ha fatto la gloria italiana nel mondo, tuttavia è con Lotto, erede immediato delle indicazioni di Leonardo, che nasce quella linea introspettiva dell’arte italiana destinata a diventare una cifra dell’arte occidentale. Nell’epoca di Lotto si intrecciano due coni: quello del classicismo, che tenderà ad estinguersi, e quello dell’approfondimento psicologico, che invece si allargherà sempre di più verso il nostro tempo, fino ad occuparlo interamente. Nel 1900, con la pubblicazione de «L’interpretazione dei sogni di Freud», ciò che è nascosto dentro di noi diventa fondamentale nell’arte, non solo nella pittura, ma anche nella letteratura come nella musica. Ed è con Leonardo, che trasmette direttamente il testimone a Lotto, che inizia il grande viaggio dell’artista occidentale che, come una sonda, si spinge sempre più nel profondo, fino a sfociare negli abissi inarginabili e non misurabili della contemporaneità e dell’arte contemporanea. Lotto, dunque, non è semplicemente un grande pittore del Cinquecento, ma il primo esploratore dell’animo umano, l’origine di un’attitudine conoscitiva non solo dell’arte ma del sapere occidentale.
BM: Come ha potuto il tempo di Lotto non riconoscere questa “rivoluzione”?
FC: La linea classica dell’arte italiana di Raffaello, Michelangelo e Tiziano, è stata così forte e geniale che per lungo tempo ha travolto e messo in periferia ogni altra espressione artistica, compresa questa linea nascente dell’introspezione, che poi si rivelerà vincente.
BM: Un’opera esemplare di Lotto esploratore dell’anima?
FC: Non un’opera, ma una figura: l’angelo della pala di San Bernardino, che si volta verso di noi. Che cosa ha in testa quell’angelo, con il volto mezzo affondato nell’ombra? Ha in testa il mistero, l’incanto, il segreto, la fede, ma nello stesso tempo la vanità. Ha in testa la complessità del mondo moderno.
BM: Lotto, dunque, scandaglia le profondità dell’animo umano, ma a cominciare dal proprio, come documentano i suoi scritti.
FC: Lotto ci regala frasi che sono di un mistero e di una modernità sorprendenti, a cominciare da quel definirsi nel suo testamento «molto inquieto nela mente», che ci dice tutto del suo essere perfettamente consapevole di sé stesso e della sua vita infelice. E poi quelle righe incredibili, degne di Edgar Allan Poe, contenute in una delle lettere alla Misericordia di Bergamo: «Tuta volta quando uno, doi e tre dice al vivo esser morto, deve haver l’homo gran rispeto de vivere et dubitare de non essere». In sostanza, afferma che ognuno di noi ha un orgoglio proprio e ritiene di esser vivo, ma se intorno a te una, due, tre persone ti dicono che non sei vivo ma morto, allora tu devi convincerti di essere morto. Più mistero di così…
I prossimi incontri
Dopo l’incontro con Flavio Caroli, sono in programma altri due incontri gratuiti, sempre il giovedì, alle ore 20.45, nella Basilica di Santa Maria Maggiore: il 27 aprile Franco Cardini con «Lorenzo Lotto e il suo tempo»; il 4 maggio Telmo Pievani con «Lotto, Copernico e la lanterna del mondo».