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«Io, Medea», un percorso espositivo per sentirsi parte della storia bergamasca

Articolo. Fino al 4 giugno 2023, a Bergamo alta la possibilità di fare luce sulla vita dell’amata figlia di Bartolomeo Colleoni. «Io, Medea. La leggenda bianca del Rinascimento Lombardo» è un percorso espositivo, itinerante, per svelare – tappa dopo tappa – l’amore di un condottiero per la figlia prediletta, oltre che un inedito spiraglio sul Quattrocento femminile

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Giovanni Antonio Amadeo, Monumento funebre di Medea Colleoni, particolare della statua di Medea. Cappella Colleoni, Bergamo Alta (Foto Studio Da Re)

Penso che una delle più grandi ricchezze di questo 2023, nello slancio culturale che lo contraddistingue, sia la possibilità di chiedersi – anzi, di non smettere di chiedersi – quale sia la ricchezza di Bergamo e quali le profonde radici che l’hanno portata, oggi, ad essere punto di riferimento per tutta Italia. Lo stupore si rende poi ancora più vivo e tangibile quando, a raccontarci tutto questo, sono i luoghi che per anni abbiamo sempre attraversato. Luoghi che probabilmente ci hanno incantati con la loro bellezza, ma ora, sussurrando una storia, parte di un passato che ci appartiene, danno nuova consapevolezza ai nostri passi. Perché tutto questo accada, però, c’è bisogno di una mediazione, di qualcuno che queste storie le conosca e abbia voglia di raccontarle; è necessario trovare le modalità giuste di narrazione, talvolta di rivelazione.

A Bergamo alta, fino al 4 giugno 2023 si presenta una di queste occasioni: la mostra «Io, Medea» (ingresso gratuito) svela la storica bellezza de «La leggenda bianca del Rinascimento Lombardo». Attraverso la Cappella Colleoni, il Luogo Pio Colleoni e la Biblioteca Civica Angelo Mai, l’amatissima figlia del celeberrimo condottiero Bartolomeo Colleoni si racconta quasi in prima persona. Medea, morta prematuramente all’età di tredici anni, a 550 anni della sua morte sembra rompere un silenzio assordante, nutrito di leggendarietà, per regalare nuova luce: sulla sua personalissima storia e sul multiforme universo femminile del Quattrocento.

L’attenzione sulla figura di Medea Colleoni è stata riattivata dal ritrovamento di importanti documenti durante un’attenta ricerca interdisciplinare condotta nell’ambito del macro progetto Coglia, una fitta rete di studio e valorizzazione del patrimonio legato alla figura di Bartolomeo Colleoni e alla sua discendenza. La mostra, con la curatela storica di Gabriele Medolago e il coordinamento di Barbara Mazzoleni, è promossa e realizzata, oltre che dal Progetto Coglia, dall’assessorato alla cultura del Comune di Bergamo, dal Comune di Cavernago e dalla Proloco dei Castelli di Cavernago e Malpaga. «La struggente vicenda di Medea – ha dichiarato Nadia Ghisalberti – Diventa occasione per tessere un racconto dedicato alle vicende storiche, alla storia dell’arte, dell’architettura e del costume, al ruolo della donna e all’universo degli affetti familiari nel Quattrocento. E ancora: le trasformazioni urbane, le politiche matrimoniali e la poesia».

Proviamo ora a percorrere idealmente il percorso di questa mostra diffusa attraverso i tre principali luoghi colleoneschi di Bergamo Alta.

Nella Cappella Colleoni: scolpita per l’eternità «la più bella delle effigi che riposa in terra lombarda»

L’inizio del viaggio è un “a tu per tu” con Medea. Per favorire l’intreccio di storie, il visitatore può scalare, per la prima volta, il suo monumento funebre: un primo, deciso, movimento perché possa iniziare la rivelazione. All’interno della Cappella Colleoni, voluta dal nostro fiero capitano di ventura come suo personalissimo mausoleo, nel cuore politico e religioso della città, Medea riposa (dal 1842, quando venne spostata dalla chiesa della Basella di Urgnano). Bellissima, ispirata ai canoni del tempo, la si può osservare, in ogni suo dettaglio, nella splendida statua realizzata dal giovane Giovanni Antonio Amadeo (Pavia, 1447 – Milano, 1522), destinato a diventare forse il maggiore degli architetti e scultori lombardi del primo Rinascimento. Nella serenità e nella compostezza della tredicenne, con le mani incrociate sul grembo e distesa sul sarcofago, è racchiuso l’ultimo saluto e tutto l’estremo dolore del padre, sopravvissuto alla figlia «a luy carissima pyu cha le altre». Un viso ovale, perfetto, e un collo lungo rispecchiano i canoni di bellezza di un tempo, mentre gli accessori e l’abbigliamento ben denotano la ricchezza della famiglia: i capelli sono raccolti da nastri di seta con perle, sulla sommità della testa è posto un gioiello prezioso, mentre l’abito, di velluto lavorato, è decorato con lo stemma della famiglia.

A vegliare su di lei ci sono la Vergine e due Sante, Caterina d’Alessandria e Caterina da Siena e, a suggello, un Cristo nell’avello. Tutt’intorno, poi, germogliano ghirlande d’alloro con gli emblemi colleoneschi, coroncine, punteggiature floreali e gigli di cipresso: un’atmosfera di rinascita in un contesto di morte, una possibilità oltre la fine; e poi, grazie a questa mostra, ancora di più.

Il monumento funebre, unitamente alla morte prematura di Medea, fu proprio uno degli elementi fondanti della leggendarietà della fanciulla. Ecco allora la possibilità di riscoprire «uno dei monumenti rinascimentali più straordinari in assoluto della città di Bergamo» nonché «un capolavoro fortemente identitario, alla cui bellezza noi cittadini siamo abituati, ma del quale abbiamo perduto il significato storico», come sottolinea la nostra assessora alla cultura.

Passando per il Luogo Pio Colleoni: tracce di lei

l compianto su Medea, con la possibilità di farsi davvero prossimi, innesca la narrazione della giovane, che accompagna poi il visitatore tra le stanze di via Colleoni 11, eccezionalmente aperte al pubblico. Tra queste, incredibile è la Sala Picta, interamente affrescata con progetti riconducibili a Donato Bramante. Qui la fanciulla si racconta tra mito e realtà, tra l’eternità di una leggenda e la brevità della sua vita. Il Quattrocento femminile prende casa proprio nel luogo fondato da Bartolomeo Colleoni per fornire una dote alle fanciulle meno abbienti. Il contrasto tra Medea e la finalità del Luogo Pio Colleoni è forte, ma profondamente descrittivo; qui pittura, poesia, moda e affetti trovano casa: vera e autentica preziosità è il Frammento del serico Carpelletto di Medea Colleoni, un lembo di velluto lavorato con filati d’oro e prelevato nel 1842 proprio dall’abito indossato dalla ragazza al momento della sepoltura.

Ci sono i documenti autografi di Gabriele D’Annunzio in cui loda la fanciulla «dormente» su «l’origlier di marmo» dell’Amedeo, oltre che alcuni quadri dell’Ottocento Romantico, particolarmente interessato al rapporto sentimentale tra Bartolomeo e la figlia prediletta. Il valoroso condottiero del monumento equestre di Verrocchio a Venezia lascia così spazio a un’inedita tenerezza paterna, quasi a dimostrare – come afferma Guardo Colleoni, Presidente del Luogo Pio Colleoni – come «Bartolomeo Colleoni non sia stato solo uno dei più temuti guerrieri del suo tempo, ma anche un uomo di fede e un mecenate».

Fino alla Biblioteca Civica Angelo Mai: il Codice Colleoni

Infine Medea, dopo averci svelato parte del suo mondo, non può non terminare la sua narrazione riportandoci al rapporto unico e prezioso con il padre Bartolomeo. Nella Sala Tassiana della Biblioteca Civica Angelo Mai, Medea sembra cedere la parola al padre. Il prezioso codice miniato in mostra, sfogliabile anche in digitale, racconta la biografia scritta dal piacentino Antonio Cornazzano (1473-1474), che raccolse tutte le informazioni dalla voce dello stesso Colleoni. Questa, che appartiene al comune di Bergamo dal XV secolo, è la fonte più autorevole e preziosa della vita di Bartolomeo. La scrittura in argento, la miniatura a piena pagina con il ritratto di Bartolomeo a cavallo e la sontuosa legatura originale in seta rossa con ricami a rilievo in filo d’oro e d’argento sono dettagli che affascinano, contestualizzano e raccontano.

Questa mostra, pura narrazione storica, non sarebbe stata possibile senza la disponibilità di istituzioni pubbliche e collezioni private dove sono stati rintracciati documenti e testimonianze di Medea. Inoltre, Gabriele Medolago curerà una pubblicazione scientifica del percorso espositivo, promossa da Progetto Coglia: un bel punto di arrivo sullo studio di Medea. Questo perché «Io, Medea» è un percorso d’autore, che è molto più di una mostra: incontri di approfondimento, percorsi guidati e attività didattiche aiuteranno i passi dei visitatori a fare luce, a legarsi indissolubilmente con una storica radice del territorio.

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