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Il maestro e l’allievo: dialogo tra capolavori restaurati di Moretto e Moroni

Articolo. Al via il «Gran finale» di «Moroni500». Fino al 26 dicembre 2022, nella Chiesa di San Bartolomeo ad Albino, il pittore bergamasco dialoga con il suo maestro, il Moretto, grazie alla forte sinergia tra Comune di Albino e Promoserio, con Fondazione Credito Bergamasco e Accademia Carrara

Lettura 4 min.
I Coniugi Spini di Giovan Battista Moroni

A volte c’è bisogno di una storia per rileggersi comunità: ci si conferma, attraverso una vita, parte di uno stesso contesto, di una medesima radice culturale ed esperienziale. Abbiamo da sempre uno sguardo devoto verso il passato, perché capace di essere certezza inequivocabile, ponderata base su cui costruire il futuro.

Giovan Battista Moroni ha, per la Città di Albino, per la ValSeriana e tutta la provincia, proprio questo ruolo: far ritrovare, nella manifesta grandezza delle sue opere, tracce di umanità quotidiana e bergamasca, intrecci di un passato che ha calpestato la nostra terra, che l’ha resa quella che è ora.

A tal proposito, «Moroni500. Albino 1521-2021» è stato un progetto che ha saputo svelare, evento dopo evento, innumerevoli tratti del pittore, tra luci e ombre della realtà rappresentata e vissuta. Promosso dal Comune di Albino e organizzato da Promoserio, grazie a una sinergica collaborazione con la Parrocchia, la Fondazione Credito Bergamasco (main partner), Accademia Carrara e il contributo di Regione Lombardia è arrivato ora alla sua ultima tappa con «IL GRAN FINALE. Il maestro e l’allievo: dialogo tra capolavori restaurati di Moretto e Moroni». Dopo essersi propagato per tutta la ValSeriana, il Moroni torna a casa, ad Albino, dove tutto è partito.

Nella Chiesa di San Bartolomeo, fino al 26 dicembre, sarà possibile prendere parte a una mostra davvero speciale, curata da Orietta Pinessi, e definita dal sindaco di Albino, Fabio Terzi: «Un sogno che si trasforma in realtà». La mostra sarà poi arricchita da un intenso e stimolante calendario di attività di approfondimento, tra visite guidate a tema ed eventi associativi; anche per questo evento imprescindibile sarà il supporto degli studenti dell’Istituto Romero di Albino, che diventeranno veri animatori culturali attraverso una guida appassionata e consapevole, frutto di un anno di esperienza moroniana.

I coniugi Spini

Durante «Moroni500», la stretta collaborazione con l’Accademia Carrara ha permesso a significativi dipinti di farsi ancora più prossimi ai cittadini, svincolandosi dalla custodia delle pareti museali. I tempi per un consapevole incontro sono ora maturi: dopo più di un anno trascorso a riscoprire l’artista, veri capolavori potranno sugellare l’affetto del pubblico bergamasco per il raffinato realismo moroniano. Infatti, con questo «Gran finale», dopo 170 anni, è come se si chiudesse il cerchio della storia. I due ritratti degli albinesi «Coniugi Spini» (1573-1575) del Moroni e la splendida tavola del «Cristo portacroce con un devoto» (1518) del Moretto, maestro del pittore bergamasco, sono ora visibili ad Albino, grazie ai restauri finanziati dalla Fondazione Credito Bergamasco e realizzati da Delfina Fagnani. Con questi interventi, tra l’altro, si consolida ancor di più l’attenzione alla campagna conservativa della Fondazione, che negli ultimi anni ha interessato ben diciotto opere di Moroni tra dipinti e polittici.

Bernardo Spini e Pace Rivola tornano in punta di piedi nella terra albinese, sussurrando una storia locale destinata a diventare patrimonio collettivo di chi si affaccerà alla mostra. Gli Spini, infatti, erano tra le famiglie più importanti per status sociale e offrirono protezione e committenze al pittore bergamasco. Moroni aveva già eseguito, nel 1549, delle decorazioni profane oggi perdute per il palazzo albinese di via Mazzini; i Coniugi saranno però consacrati alla storia per il loro doppio ritratto a figura intera: le due tele hanno dimensioni pressoché identiche, medesima è l’impostazione dei ritratti e l’architettura sullo sfondo.

I Coniugi, elegantissimi, sfoggiano l’esclusivo panno di lana nero di Albino, tra i più ricercati del mercato europeo; stabiliscono così di poter competere con la più blasonata nobiltà cittadina, regalando a Bergamo un prestigio non indifferente. Grande però è la capacità di Moroni, nell’istituzionalità del ritratto, di cogliere l’aspetto più umano dei due sposi: la timidezza e la ritrosia di Bernardo, l’orgoglio di Pace. Ecco spiegato perché l’Accademia Carrara, che da sempre accresce la sua collezione tramite donazioni, nel 1852 procedette con l’acquisto delle opere direttamente dagli eredi Spini, facendo un’eccezione pressoché unica.

Molto interessante è quanto dichiarato da Silvio Tomasini, coordinatore del Comitato Moroni500, che prevede, nella presenza dei due Coniugi ad Albino, un sentirsi parte di una «riunione di famiglia». Aggiunge, poi, che «nell’impossibilità di reperire un autoritratto certo di colui che è tra i più celebrati ritrattisti del suo tempo, questi due dignitari dal piglio sostenuto siano i migliori ambasciatori che potessero convenire nella sua e loro terra natale a concludere un così significativo tempo di celebrazioni».

Da Brescia a Bergamo, da Moretto a Moroni

È vero che la mostra «Il maestro e l’allievo» si presenta sulla carta come il «Gran Finale» di «Moroni500», tuttavia bisogna tenere presente come sia anche un notevole ponte con Bergamo e Brescia Capitali della cultura 2023. Il legame tra le due città è ben esemplificato in mostra dalla presenza, accanto a Moroni, di un’opera di Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, storico maestro bresciano (ma la cui famiglia proveniva da Ardesio) del pittore bergamasco.

Francesco Moroni, infatti, affidò il figlio Giovan Battista per apprendere il mestiere della pittura. Al tempo, il sodalizio creato tra apprendista e maestro era davvero intenso: il discepolo diventava garzone di bottega, assisteva nei diversi cantieri, viveva a servizio delle necessità della famiglia del maestro. Moretto era quindi non solo magister picturae, ma soprattutto magister vitae: una figura di riferimento morale, religiosa, professionale. È lui ad avviare il Moroni all’attività autonoma, anche se il rapporto tra i due si interruppe definitivamente solo a dicembre del 1554, con la morte di Moretto. Moroni rientra poi ad Albino solo dopo la scomparsa del maestro, per tramandare al paese bergamasco il risultato di anni di ammirazione e discepolato.

Ed è proprio ad Albino che, con questa mostra, fanno ritorno entrambi, uno accanto all’altro. Affianca infatti «I coniugi Spini» del Moroni la tavola del Moretto del «Cristo portacroce con un devoto», già appartenuta alla raccolta di Guglielmo Lochis. Come evidenzia Orietta Pinessi, curatrice della mostra, «Le tre opere esposte riallacciano in un certo modo quel “filo” che unisce i due artisti; non a caso, in moltissime delle opere sacre, Moroni trasse ispirazione proprio da opere analoghe del Maestro».

Come non pensare allora al «Cristo Portacroce» nel Santuario della Madonna del Pianto di Albino? È senza dubbio uno dei più alti vertici della pittura sacra moroniana, e notevoli sono i debiti stilistici e i riferimenti iconografici al Moretto. La prova di Moretto, poi, è stata dipinta in un periodo di forte crisi religiosa e spirituale, anticipando attraverso l’iconografia alcune linee adottate poi successivamente nel Concilio di Trento, al quale è proprio l’artista bresciano a inviare il pittore bergamasco in sua vece per la prima sessione. Il «devoto», catturato da un’intensa preghiera, materializza Cristo davanti ai suoi occhi , in un verdeggiante paesaggio illuminato dagli angeli nel cielo. Dalla meditazione interiore alla contemplazione diretta, l’emozione è tangibile dalla presenza della Bibbia, caduta a terra e capovolta sul Salmo 30.

Ciascuno dovrebbe avvicinarsi a queste opere pensando al proprio Maestro, a quell’insegnante incontrato forse per caso, ma capace di dare una vera svolta alla propria vita. Intrisi di questo sguardo emotivo, commovente diventerà mettere a confronto i dipinti, tra cifre stilistiche comuni e cammini personalizzati che identificano lo stile e separano le strade, rendendole uniche e irripetibili. Così, ancora una volta, l’arte parlerà di noi. Dei luoghi che attraversiamo, delle storie che viviamo.

Info

Orari: giovedì e venerdì 15-19 sabato e domenica: 10.30 – 13.30 / 15 – 19
Ingresso gratuito Possibilità di visite guidate e aperture in altri orari su prenotazione: 035.704063 | [email protected]
Per informazioni: valseriana.eu; tel. 035.704063; mail [email protected].
Informazioni sulla mostra sono reperibili anche sulla pagina Facebook ValSeriana e Val di Scalve e su Instagram.

Attività realizzata con il contributo di Regione Lombardia, nell’ambito del Bando Ogni giorno inLombardia.

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