Si tratta, per prima cosa, del «Coro di Lorenzo Lotto e Giovanni Francesco Capoferri», restituendo finalmente all’intagliatore loverese il posto che merita, per i vertici esecutivi raggiunti, accanto al “genio” creativo di Lotto che, fino ad oggi, volente o nolente, lo aveva relegato in un cono d’ombra. In secondo luogo, si chiarisce un altro errore “percettivo”: il coro ligneo non è uno, ma sono due, nettamente distinti per funzione, per caratteristiche esecutive e per cronologia, visto che furono realizzati a circa vent’anni di distanza l’uno dall’altro.
Così, il coro che viene inaugurato per primo, a conclusione del suo restauro, non è quello che comprende l’ammiratissima «Iconostasi» che chiude il presbiterio, composta dalle quattro grandi tarsie che tutti conosciamo, bensì quello probabilmente meno noto ai visitatori, il Coro dei Laici. Impreziosito da ventinove tarsie che rappresentano scene dell’Antico Testamento, disegnate dal Lotto ed eseguite dal maestro intarsiatore Capoferri, è stato realizzato tra il 1553 e il 1555 nell’area absidale della Basilica, alle spalle del Coro dei Religiosi, realizzato per primo, tra il 1523 e il 1533, e il cui restauro sarà ultimato entro l’autunno 2023. Essendo una Basilica comunale, infatti, Santa Maria Maggiore si dotò anche di un Coro in cui sedevano, durante le celebrazioni, i congregati laici di quella che oggi è la Fondazione MIA .
Le scoperte dal restauro
Il Coro ligneo di Giovan Francesco Capoferri e Lorenzo Lotto – come la Basilica di Santa Maria Maggiore che lo custodisce – è gestito da Fondazione MIA, che ne ha commissionato l’impegnativo restauro, avviato ad aprile 2022, curato da Luciano Gritti dell’omonima Bottega di restauro, con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia. Partner esclusivo dell’intervento è Fondazione Banca Popolare di Bergamo, che continua la sua ultratrentennale vocazione filantropica oggi in collaborazione con Intesa Sanpaolo.
I lavori hanno previsto il monitoraggio micro-climatico dell’ambiente, la campagna di analisi per studiare le tecniche esecutive e le antiche vernici, la pulitura svolta con metodi tradizionali e sistemi laser di ultima generazione, il consolidamento e la disinfestazione dell’opera, la scansione 3D dell’intero Coro e il rilievo di tutti gli elementi che lo compongono, la campagna fotografica di documentazione.
Come talvolta accade, dal restauro, anche di un’opera notissima come questa, sono emerse scoperte inaspettate, di cui abbiamo chiesto notizia al restauratore Luciano Gritti. La prima è un affresco di fine Trecento, rimasto nascosto fino ad oggi dietro ad una tarsia del Coro: «Ci si è sempre chiesti se le pareti occultate dal coro fossero affrescate. In effetti, staccando una tarsia, è riemerso un affascinante affresco di fine Trecento, certamente tra i più antichi tra quelli visibili in Basilica, che raffigura una Madonna col Bambino. Inoltre, accanto all’affresco si può ancora leggere la struttura architettonica originaria della Basilica, rimasta inalterata qui, dietro al coro, in occasione della completa trasformazione della chiesa in forme barocche».
La seconda, inattesa, testimonianza è un’opera attribuita al pittore pavese del Cinquecento Francesco Rosso, intarsiata da Giovan Francesco Capoferri, raffigurante Caino e Abele: «Quando iniziò la fabbrica del coro, i reggenti della MIA incaricarono Rosso e Capoferri, che realizzarono questa tarsia che, tuttavia, si rivelò non collocabile per dimensioni nella struttura del coro che stava prendendo forma. Solo in seconda battuta, Lorenzo Lotto fu incaricato della realizzazione dei cartoni per le tarsie e gli fu chiesto di ripensare anche questo episodio biblico. La tarsia Rosso-Capoferri, in ogni caso, fu inserita sul fianco del banco dei rettori, ma in modo tale che se ne scorgeva soltanto una porzione, inducendo a ritenere che la porzione raffigurante Caino fosse stata eliminata. Invece, lo smontaggio in occasione del restauro ha riportato in luce l’intera composizione, oggi preziosissima in quanto, non essendo mai stata esposta alla luce del sole né a interventi conservativi, conserva intatti particolari dipinti e di profilatura che il tempo (e l’uomo) hanno fatto scomparire dalle altre tarsie, offrendoci un riferimento preciso di come dovessero presentarsi queste opere al loro inserimento nel coro».
La terza scoperta svela l’antico sistema di «coperti» delle tarsie e il suo originale meccanismo a scomparsa. Ma di questo si parlerà più avanti, quando sarà concluso il restauro del Coro dei Religiosi.
Ciò che questa prima fase del restauro ci consente già di apprezzare è, soprattutto, la cifra che rende unico il Coro di Santa Maria Maggiore: «Con la pulitura delle tarsie – conclude Gritti – abbiamo recuperato una serie di dati esecutivi che confermano come quest’opera, avvicinabile al concetto di “pittura su legno”, non abbia eguali. I legni tinti, le tessere scottate per ottenere effetti di tridimensionalità, la profilatura di alcuni dettagli, gli stucchi che riempiono le parti incise del disegno: tutto in questo lavoro concorre a dare alla tarsia una morbidezza e una caratteristica che la avvicina in qualche modo alla pittura».
Un «cantiere vivo»
Quello allestito all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore è un «Cantiere Vivo» che – delimitato da pannelli di plexiglass su cui sono riportati testi, immagini e QR code che permettono l’approfondimento di contenuti storici e artistici legati all’opera e al suo contesto – mantiene l’area dei lavori sempre accessibile ai visitatori. Coloro che entreranno in Basilica potranno quindi sia ammirare il Coro dei Laici e le sue preziose tarsie in legno, sia osservare, da vicino e in tempo reale, il procedere del restauro, fino al termine dei lavori in autunno.
Il Cantiere ha coinvolto anche numerosi studenti delle scuole del territorio di Bergamo e di Brescia – grazie alla collaborazione con Officina dello Storico, l’associazione che si occupa dell’organizzazione delle attività di valorizzazione del patrimonio storico-artistico della Fondazione MIA – con un’adesione di oltre 1.200 studenti di scuole di ogni ordine e grado. L’allestimento di tutta l’area di cantiere è stato ideato e realizzato da Smart Puzzle, un team di professionisti specializzato nella valorizzazione di beni culturali, con la direzione scientifica di Stefano Marziali.
Lorenzo Lotto “scrittore”
In occasione del restauro del Coro ligneo, Fondazione MIA pubblica il volume «Lorenzo Lotto. Lettere. Corrispondenze per il coro intarsiato» (Officina Libraria, 2023) a cura di Corrado Benigni e Mauro Zanchi, con contributi di Antonella Anedda, Franco Cardini, Marco Carobbio, Enrico Maria Dal Pozzolo, Telmo Pievani. L’opera riproduce integralmente le trentanove lettere inviate tra il 1524 e il 1532 da Lorenzo Lotto ai reggenti della Misericordia Maggiore di Bergamo.
Le lettere testimoniano sia le istruzioni epistolari che intercorrevano tra artista e committenti, sia il progressivo deteriorarsi dei loro rapporti, ma sono anche un documento imprescindibile per comprendere l’animo inquieto e geniale del maestro rinascimentale. Corredano il volume la riproduzione di tutte le tarsie bibliche del coro, oggetto del restauro, associate ai propri «coperti» come nelle intenzioni di Lotto.
L’anteprima di presentazione del volume è in programma per giovedì 13 aprile , alle ore 18.30, in Accademia Carrara, ad aprire la rassegna di quattro incontri intitolata «Lotto. L’immaginazione e la luce». Un ciclo pensato per approfondire la figura dell’artista veneziano, considerato uno dei più controversi e misteriosi del Rinascimento: «Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna» con Flavio Caroli (20 aprile); «Lorenzo Lotto e il suo tempo» con Franco Cardini (27 aprile); «Lotto, Copernico e la lanterna del mondo» con Telmo Pievani (4 maggio). Tutti gli incontri si terranno nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alle ore 20.45, e saranno ad ingresso libero. L’introduzione musicale sul tema della luce è a cura della Cappella di Santa Maria Maggiore con il coro diretto dal Maestro Cristian Gentilini.