«Arte e territorio»: un tormentone culturale, certo. Ma per il nostro, di territorio, ha un senso che non ha per altri. Dimentichiamoci allora di declinazioni che non fanno per noi, come quella paternalistica del «portare l’arte sul territorio». Non c’è bisogno di portare proprio nulla, perché nella storia e nel presente bergamasco «arte è territorio», fa già parte del nostro tessuto (e territorio significa tutto: città e provincia), anzi ne è un X factor identitario che il regista e produttore Alberto Nacci si propone di portare in luce nel suo nuovo film «Voci d’artista».
Sarà presentato in anteprima sabato 26 marzo a Bergamo Arte Fiera , nell’ambito dell’incontro, alle ore 17, in cui Nacci, Ugo Riva, Valentina Persico, Giorgio Berta e Romina Russo dialogheranno su «Il ruolo degli artisti per la crescita culturale del nostro territorio». Verrà poi proiettato per tutta la durata della rassegna.
Il film
«Bergamo merita di essere conosciuta nel mondo anche per la ricchezza del suo tessuto culturale e per il grande numero di artisti che qui vivono e lavorano – sottolinea Nacci – L’obiettivo è promuovere il rilancio di un settore spesso ignorato, che ha subìto un doloroso “oscuramento” a causa delle misure che (legittimamente) erano a contrastare la pandemia. Questo film è il primo step di un progetto più ampio che prevede il coinvolgimento di oltre 100 artisti che vivono e lavorano a Bergamo, per creare un archivio storico multimediale e, in prospettiva, una Casa degli Artisti, un luogo virtuale che poi potrebbe mettere le radici in un luogo simbolico della città».
Per una volta fermiamoci allora ad ascoltare direttamente quelle Voci d’Artista che si “nascondono” dietro opere che spesso conosciamo molto bene, cui i loro autori affidano il compito di parlare per loro: «Il film è scandito da quattro temi: il Suono, la Luce, il Tempo, il Sacro, proponendo un dialogo a distanza fra gli otto artisti coinvolti – prosegue il regista – in un confronto tra le diverse modalità con cui vivono il loro “fare arte” e la spiritualità che accompagna la creazione, dai riti con cui ogni artista si muove nello studio al rapporto con i silenzi che accompagnano la produzione creativa, dalle condizioni di luce che predilige all’emozione di visualizzare l’opera prima ancora che venga realizzata».
Gli artisti interrogati dal film sono Elio Bianco, Paolo Facchinetti, Nicoletta Freti, Francesco Parimbelli, Clara Luiselli, Valentina Persico, Luisa Pezzotta e Ugo Riva. E poiché arte è anche musica, partecipano anche alcuni importanti jazzisti italiani, come Gianluigi Trovesi, Paolo Fresu, Claudio Fasoli, Francesco D’Auria, Daniele di Bonaventura, Gerard Bickl.
Le voci
Il suono
«Sicuramente il silenzio è un’idea di spogliarsi un po’ di tutto quello che è il “contorno”. Il silenzio è fecondo. È ricchissimo» (Valentina Persico)
«Quasi sempre lavoro immerso nel silenzio. È un elemento che provo a trasferire nelle mie opere, per far acquisire al lavoro un carattere di densità spirituale, di profondità umana» (Francesco Parimbelli)
La luce
«Hai bisogno di avere queste piccole vibrazioni date da un’ombra, una penombra, che ti permettono di capire dove stai andando e fino a che punto ti stai muovendo» (Elio Bianco)
«Dobbiamo vederla modulata, filtrata dalla materia mentre tocca la materia. Va a toccare la nostra luce interna, pensando che ce ne sia una» (Nicoletta Freti)
Il tempo
«Quando lavoro vivo sempre e continuamente in stati ansiosi, sono una persona che vuole iniziare e vorrebbe finire subito l’opera» (Paolo Facchinetti)
«Il tempo secondo me è quasi il dio assoluto; penso allo scorrere della mia vita e so che avrà un termine» (Luisa Pezzotta)
Il sacro
«C’è qualcosa che mi muove. Io credo che sia l’energia di tutti quelli che sono stati prima di noi che vaga, e l’artista ha questa capacità di catturare queste energie, di farle proprie e di canalizzarle in sé stesso, per trasformare quella materia inerte in opera» (Ugo Riva)
«Penso che l’artista avvicini l’uomo a sé stesso, quindi alla parte più intima e interiore di sé, la parte originaria. E forse in quella parte originaria c’è qualcosa di spirituale o volendo divino» (Clara Luiselli)