«È solo una piccola parte dell’Ucraina rovinata e annientata dal vento. Una piccola parte rimasta di una chiesa che è andata distrutta». Così Taras Voznyak, direttore della Galleria nazionale d’arte di Leopoli, presenta commosso al pubblico le due sculture lignee che fino al 4 giugno troveranno spazio in Accademia Carrara. Due angeli imponenti, che a guardarli appesi alla parete nera sembrano pesare molto, e allo stesso tempo librarsi leggeri, dinamici, vivi.
Opera dell’artista settecentesco Franciszek Oledzki, allievo del maestro del barocco Johann Georg Pinsel, le due sculture erano originariamente collocate nella chiesa della SS. Trinità a Berestechko, in Ucraina. Durante la dominazione russa, nel Novecento, l’interno della chiesa venne danneggiato. Nel 1943 un colpo di mortaio colpì il tetto distruggendone la copertura, negli anni Sessanta gli arredi vennero distrutti e le sculture lasciate esposte alle intemperie. A salvare una piccola parte delle opere fu una spedizione di ricerca della Galleria nazionale d’arte di Leopoli, nel 1973, che le trasferì nella propria sede.
Cinquant’anni dopo, tra i fuochi di un altro conflitto, gli angeli di Oledzki – mutilati, privi delle dorature e delle cromie che li ricoprivano all’inizio della loro storia, eppure profondamente espressivi nella loro modestia – continuano a raccontare l’atrocità di ogni guerra, e allo stesso tempo la resistenza dell’arte e della cultura, la vittoria sulla distruzione.
«In queste occasioni bisogna fermarsi a pensare, sulla vita che viviamo e sul mondo che viviamo, altrimenti questo mondo assomiglia a una serie di macerie sul campo» continua Voznyak, ringraziando il museo bergamasco, che ha accolto le due sculture al piano terra dello spazio Vitali. «Le figure degli angeli, messaggeri di luce e allo stesso tempo guerrieri celesti, non sono state scelte a caso per essere esposte presso Accademia Carrara. Hanno una missione speciale: aiutare gli ucraini a capire meglio se stessi attraverso il patrimonio artistico italiano, e aiutare gli italiani a sentirsi in un modo nuovo grazie a forme plastiche così lontane e allo stesso tempo vicine dell’Ucraina».
«Leopoli qui»
Non solo gli angeli di Oledzki. La conservazione del patrimonio storico e artistico durante i conflitti, così come il valore universale e pacifico dell’arte e della cultura, sono alla base di un progetto ben più ampio. Parliamo di «Leopoli qui. La cultura della pace», un’iniziativa che gode del patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del MUR Ministero dell’Università e della Ricerca, dell’Ambasciata d’Italia Kiev, dell’Ambasciata d’Ucraina nella Repubblica Italiana e dell’Istituto Italiano di Cultura di Kiev.
La collaborazione tra l’Accademia Carrara e il museo ucraino ha preso avvio già nel 2022, quando l’istituzione bergamasca ha dato un supporto concreto nelle operazioni di messa in sicurezza e conservazione della collezione della Galleria nazionale d’arte di Leopoli, rese necessarie dallo scoppio del conflitto.
A raccontarlo è Maria Cristina Rodeschini, direttrice dell’Accademia Carrara, che sottolinea come un museo non debba mai dimenticare il suo ruolo sociale: un ruolo attivo, di primo piano nella promozione del dialogo interculturale e nello sviluppo dei legami. «Il tempo passa e le immagini sembrano ormai lontane da noi… Ho pensato che il museo avesse il dovere di parlare con l’Ucraina. La collaborazione prosegue oggi con la presenza a Bergamo delle opere di Oledzki, a dimostrare che, se pur nel clima particolarmente difficile vissuto dal paese, la cultura rimane un solido terreno di conoscenza, di scambio e di cooperazione. Ci disponiamo sin da ora a continuare la collaborazione con il museo di Leopoli nel segno della reciprocità, ci auguriamo presto, quando la guerra sarà finita».
Un messaggio da Edgar Morin
A portare il suo messaggio a Bergamo è anche Edgar Morin, filosofo e sociologo francese. All’età di 102 anni, Morin continua ad accusare il silenzio dell’Europa che non vuole la pace. Recentemente ha pubblicato «Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa». Un saggio che parte dalla sua esperienza personale – quella di un uomo cresciuto durante la Seconda Guerra Mondiale – e arriva fino all’oggi, utile a comprendere l’urgenza di impegnarsi per la pace evitando tragedie sempre più grandi.
Prestando la sua voce a un video realizzato dall’Accademia Carrara per il progetto «Leopoli qui. La cultura della pace», grazie a Mauro Ceruti, Morin si appella alla necessità che la cultura superi «tutte le guerre fra nazioni. La peggior cosa delle guerre è la proibizione della cultura dell’altro. All’epoca del nazismo non era concesso ascoltare le canzoni francesi, le canzoni russe. Oggi, invece, russi, ucraini, italiani, francesi, europei, noi tutti dobbiamo accogliere, aprirci e confrontarci con le culture e le loro declinazioni, l’arte russa, la letteratura russa, la musica russa, l’arte ucraina, la letteratura ucraina, la musica ucraina, ad esempio». Perché la cultura possa continuare ad essere quell’antidoto alla barbarie che in tanti, studiosi e non, hanno da sempre invocato.
Una raccolta fondi a favore di Cesvi
L’Accademia Carrara ha deciso di dare spazio, nel progetto, «Leopoli qui» anche ad una serie di azioni concrete, sostenendo innanzitutto una raccolta fondi a favore di Cesvi, l’associazione bergamasca tra le prime europee ad intervenire in Ucraina allo scoppio della guerra. La raccolta fondi è destinata ai tanti progetti di supporto alla popolazione, in particolare a Child Safe Space, un centro diurno a Bucha rivolto ai minori e alle loro famiglie. Effettuare una donazione è semplicissimo: basta inquadrare un QR code, prima o dopo aver visitato il museo.
Con il supporto di Caritas, inoltre, l’Accademia Carrara ha confermato la sua vicinanza alla comunità ucraina presente nella nostra città e nel nostro paese. Anche grazie alla collaborazione con l’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Bergamo, la Cooperativa Ruah e l’Associazione Zlaghoda, a tutti i cittadini ucraini verrà offerto l’ingresso libero al museo, con delle visite guidate.