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Con «De Filo» l’arte contemporanea diventa familiare

Articolo. Fino a dicembre sarà possibile ammirare al Linificio e Canapificio Nazionale di Villa D’Almé un’esposizione che racconta e celebra una storia aziendale fatta di tradizione e innovazione. In mostra ci sono opere site specific, pensate proprio per interagire con gli spazi e i prodotti dell’azienda

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Il 14 gennaio 1873, in un’epoca che oggi vive di racconti e testimonianze, il Linificio e Canapificio Nazionale di Villa D’Almè, a Bergamo, produsse il suo primo filato. Il Regno d’Italia aveva iniziato il suo cammino, carico degli inizi della Seconda Rivoluzione Industriale. Questa fortunata impresa sarebbe stata destinata a una lunga storia, divenendo un vero e proprio punto riferimento per la produzione di filati di lino e di canapa. Nel 2023, anno in cui siamo Capitale della Cultura, il Linificio spegne 150 candeline: una coincidenza che conferma, ancora una volta, quanto la tradizione lavorativa di un luogo sia nutrimento e pasta della cultura stessa. Tanti sono i nonni, ma soprattutto le nonne, che conservano ricordi all’interno di quelle pareti: lì sono stati avviati nel mondo del lavoro, sentendosi imprescindibili parti del processo produttivo.

Fino a dicembre 2023 c’è la possibilità di rendere immagine descrizioni e racconti: il Linificio e Canapificio Nazionale apre le sue porte con una mostra, «De Filo», «per raccontare, diffondere e celebrare una storia italiana fatta di tradizione e innovazione», valori che da sempre caratterizzano i filati prodotti dal Linificio, creando «una vera e propria filiera del valore che, oltre all’industria, abbraccia concetti ben più ampi come sostenibilità, arte, cultura e comunità», si legge nel catalogo. Utilizzando nel titolo la preposizione latina «De», nella sua accezione di complemento di argomento, la volontà è quella di creare un approfondimento multidisciplinare “sul” e “in merito al” filo: nei luoghi e i prodotti del Linificio, nelle innovazioni comunicative, nell’arte contemporanea tessile.

L’esposizione si sviluppa a partire da opere site specific , pensate per interagire con gli spazi, i prodotti e la storia dell’azienda, tracciando un percorso all’interno di una selezione di altre opere tessili, effettuata in collaborazione con «Artemorbida» e «Miniartextil». Le visite guidate sono programmate per il venerdì pomeriggio, in un range orario dalle 15 alle 18: la prenotazione si può effettuare qui.

Arte, territorio, azienda

Il tessile diventa così un grande “filo narrativo”. Gli spazi aziendali un tempo dedicati alla roccatura si ritrovano a farsi casa per alcune opere di grandi esponenti contemporanei della fiber art . La tradizione aziendale italiana e la sua evoluzione industriale dialogano con un innovativo esito della loro produzione, che vede nelle opere d’arte un’esplorazione concettuale più ampia del suo universo operativo. L’industria per l’arte, l’arte per l’industria.

I fili, in fondo, da sempre raccontano grandi storie: sono la salvezza di Penelope che disfa ogni giorno la sua tela aspettando Odisseo, il dono di Arianna a Teseo per sconfiggere il Minotauro, la capacità di Aracne, trasformata perennemente in ragno da Atena per aver osato sfidare la dea a colpi di tessitura. Qual è il valore aggiunto di «De filo»? Forse, partendo proprio dalle installazioni site specific – realizzate appositamente per la mostra per interagire con gli spazi espositivi – la storia di un’arte che ha bisogno di nutrirsi della vita di un luogo (e delle sue persone) per raggiungere diverse sensibilità. Per non essere considerata “astratta” nel suo significato deteriorato di “estranea all’umano”.

L’arte contemporanea, che ha sempre più bisogno di una mediazione efficace per essere comunemente considerata “arte”, ha una concreta possibilità di rivelarsi in tutta la sua portata comunicativa a chi nel Linificio vuole tornare o semplicemente conoscere una nuova storia. Le opere d’arte, in fondo, sopravvivono nella memoria quando catturano una dimensione del pensiero e della vita del fruitore, promuovendone un movimento mentale personalissimo. Le motivazioni che hanno condotto (e condurranno) ciascun visitatore tra le porte del Linificio e del Canapificio sono motore fondamentale per fare in modo che l’incontro estetico si trasformi in esperienza, sempre “propria”, ma mai “di nostra proprietà”.

La mostra

Senza la volontà di voler esaurire in questo articolo il patrimonio artistico in mostra, credo però sia imprescindibile darne un assaggio. Varcata la soglia d’ingresso, «Filare tra le nuvole» dell’artista giapponese Kaori Miyayama (Tokyo, 1975), si svela progressivamente al visitatore mentre sale le scale, proponendo una dimensione ribaltata tra sopra e sotto, tra cielo e terra. L’opera, costituita da materiali cari all’azienda – teli di lino tessuti partendo da filati realizzati dal Linificio –, è realizzata mediante l’antica tecnica della xilografia: alla base sono incise delle nuvole, la dimensione celeste, mentre più si sale più compaiono elementi terrestri, come alberi rovesciati dalle profonde radici. I fili connettono così le due dimensioni in cui abitiamo e nelle quali giochiamo il nostro passato, presente e futuro.

La sezione d’apertura presenta una serie di opere scelte dall’archivio di «Miniartextil», un progetto nato nel 1991 a Como dalla collaborazione tra Nazarena Bortolaso e Mimmo Totaro. Cinquantaquattro nuove opere, tutte della misura di massimo 20 centimetri per 20 centimetri, ogni anno dovevano (e devono) testimoniare le nuove tendenze dell’arte tessile contemporanea. I nove minitessili scelti per «De Filo» dagli organizzatori della mostra insieme a «ARTE&ARTE» hanno così l’obiettivo di offrire ai visitatori uno spaccato dell’eterogeneità della textil art a livello globale, dagli anni Novanta a oggi.

La sezione successiva, curata grazie al contributo di «Artemorbida», raccoglie poi una serie di opere in cui il filo, visibile o immaginario, diventa emblema dei concetti e delle idee degli artisti. Per esempio in «Thūmós» (2020/2023), Daniela Frongia (San Gavino Monreale, 1981), attraverso dei moduli completamente bianchi sinonimo di luce, vuole indagare la rielaborazione della memoria esperienziale. Infatti il titolo – in greco θυμός – indica la sede delle emozioni, oltre che lo spirito vitale con cui l’umano si interroga circa la sua vita. Le forme sono costituire da sottili scheletri, nel quale il filo si trova in armonia con il ferro, elemento portante ma mai eccessivamente rigido; la tessitura degli elementi, espressione di una memoria dinamica e fluttuante lascia spazio anche al vuoto, presente ma irraggiungibile dalla nostra coscienza. L’opera, allestita per la prima volta nel 2020, è stata adattata in occasione di «De Filo» attraverso l’inserimento di fili di lino prodotti da Linificio e Canapificio Nazionale.

In «paesaggio immaginale» (2017), i bergamaschi Federica Patera e Andrea Sbra Perego (1982) regalano invece ai visitatori una rappresentazione del filo che lega arte, vita e letteratura. La struttura e l’architettura dell’opera sono un omaggio alle connessioni, spesso inimmaginabili, tra autori di libri diversissimi tra loro. Centoquaranta citazioni, tratte da 40 libri diversi, compongono 12 racconti inediti in una mappa di opere letterarie di non univoca decifrazione, su due livelli paralleli e separati. Quello posteriore è un tappeto di pagine trasferite su tessuto, origine del paesaggio, da cui sono state ritagliate alcune citazioni, poste sul tulle dello strato più superficiale. Fili di lana colorati uniscono le citazioni e creano racconti di un paesaggio immaginale.

Passando poi tra le opere di Valerie Scuteri, Dado Schapira, Cristian Boffelli, Matthew Attard, Eva e Franco Mattes e Matteo Rigamonti si arriva poi all’immensa installazione site specific di Matteo Berra (Milano, 1977 – 2023), «Spettro», pronta a regalare ai visitatori un’esperienza immersiva. Una scultura sospesa, progettata con supporti tecnologici e realizzata esclusivamente a mano, è composta a sua volta da 5.000 minisculture che combinano il filo grezzo, cioè la natura del lino, all’attuale prodotto più innovativo del Linificio: L!NCREDIBILE®, un’alternativa ecologica alle reti di plastica per il packaging alimentare. La commistione tra manualità, creatività e interpretazione degli spazi industriali genera una sorta di onda che dialoga con l’osservatore, invitandolo ad entrare al suo interno per vivere distanze diverse e, conseguentemente, differenti gradi interpretativi dell’opera.

«È un’opera che parla di come vediamo la realtà, di come la analizziamo attraverso una sintesi arbitraria ma sistematica» si legge nel taccuino dell’artista, morto improvvisamente durante l’installazione. «A ben vedere però questa superficie parte come una linea retta, che nel suo percorso si produce sempre di più in curve sinuose. Spettro è quindi un racconto orizzontale della mutazione di una situazione semplice, rettilinea, in uno svolgimento complesso e molto articolata». L’onda, inoltre, per sineddoche tradizionalmente espressione del mare, diventa immagine del rinnovato impegno di Linifico e Canapificio con Marevivo Onlus nel promuovere e finanziare progetti per la tutela dell’ecosistema marino.

Una conclusione

Per concludere, c’è una riflessione personale che vorrei condividere, una sorta di invito per vivere al meglio questa mostra. C’è un passaggio nell’«Assomoir» di Èmile Zola che mi piace ricordare. Coupau, un giorno, vestito tutto elegante, si ritrova quasi casualmente a fare una visita al Louvre. A un certo punto, di fronte allo stupore generale, nel volto della «Gioconda» riesce a intravedere dei tratti somiglianti a sua zia. In questo modo riconduce una novità alle sue esperienze e conoscenze quotidiane. Sarebbe bello che, anche oggi, l’arte contemporanea riuscisse a diventare familiare, meno estranea alla vita dei suoi fruitori. Tutto questo, con «De Filo», è possibile : lasciandosi guidare tra le opere in un luogo che trattiene già ricordi di vita per molti bergamaschi.

Tutte le foto sono di Chiara Del Monte

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