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Cinque mostre “necessarie” da visitare a Natale

Guida. Dai cavalli incantati «a misura di bambino» ai monumentali dipinti di Andrea Celesti, passando per i raffinatissimi tableaux vivants nella Chiesa Parrocchiale delle Grazie. A dicembre vi consigliamo cinque mostre forse meno accessoriate delle “big” di Bergamo e provincia. Mostre indipendenti, alternative, a volte periferiche, ma che (ciascuna a modo suo) valgono bene una visita

Lettura 4 min.
Inaugurazione della mostra Divine Creature (Foto Yuri Colleoni)

Come sempre il periodo natalizio è l’occasione per concedersi un po’ di tempo e godersi, per chi la ama, una pausa d’arte. E così è tradizione segnalare ai visitatori le mostre “imperdibili” – di nome o di fatto – aperte durante le festività.

Quest’anno abbiamo pensato di lasciare per un attimo sullo sfondo le mostre “da non perdere” per definizione, rilanciate ovunque e per le quali probabilmente la gente si metterà in automatico in coda, per segnalarvi – non per ordine di importanza, e senza la pretesa di essere esaustivi – cinque mostre “necessarie”, magari meno accessoriate, indipendenti, alternative, talvolta periferiche, ma ciascuna con un motivo, un linguaggio, un messaggio che, per novità o per pregnanza, valgono bene una visita.

«Il veleno dopo lo sparo»

Museo di Scienze Naturali E. Caffi, Piazza Cittadella
www.museoscienzebergamo.it

Già ve lo avevamo anticipato in questo articolo. La mostra non racconta, bensì documenta, come la caccia uccida due volte: la prima per effetto diretto, la seconda per effetto indiretto, ossia per avvelenamento da piombo. Dalle anatre che finiscono per ingerire i pallini sparati dai cacciatori insieme al nutrimento presente sul fondo di stagni e laghetti, ai rapaci che si intossicano ingerendo schegge di proiettili o pallini insieme alla carne delle prede colpite e non recuperate dai cacciatori, o insieme ai visceri degli ungulati che si usa abbandonare sul luogo di caccia.

Un problema che riguarda soltanto il mondo animale? Per nulla, sia perché i frammenti di piombo restano per decenni nello strato superficiale del terreno – ennesimo “regalo” indesiderato per le generazioni future – sia perché spesso la cacciagione, con le sue carni contaminate, arriva, anche a Natale, sulle nostre tavole. L’OMS parla chiaro: non c’è una quantità di piombo, neanche minima, che non abbia effetti nocivi. Una mostra-denuncia che, dunque, è due volte coraggiosa, sia nel proporre questo tema, sia nel farlo proprio nelle due città, Bergamo e Brescia, che sono anche capitali venatorie oltre che della cultura.

«Divine Creature»

Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Immacolata delle Grazie
www.fondazionebernareggi.it

C’è Carlo, che per interpretare il «Cristo morto» del Mantegna se ne sta disteso letteralmente immobile su una lastra di marmo per 45 minuti, per consentire alle truccatrici di dipingergli le ferite dei chiodi sotto i piedi. C’è Alessandro, così entusiasta di calarsi nei panni del popolano dal berretto rosso che affianca l’«Ecce Homo» di Lodovico Cardi detto il Cigoli, che alla fine di ogni scatto non si stanca mai di abbracciare e ringraziare tutta la troupe. E poi ci sono la piccola Eleonora, che diventa Gesù Bambino nell’«Adorazione del Bambino» di Gherardo delle Notti, mamma Rita che è la Madonna dell’«Annunciazione» di Caravaggio e Piero, in posa come il bellissimo «Angiolino musicante» del Rosso Fiorentino.

Sono solo alcuni degli attori speciali dei dieci raffinatissimi tableaux vivants, restituiti in mostra in fotografia. Difficile, se non impossibile, accorgersi che i protagonisti – una quarantina – sono bambini e ragazzi portatori di differenti disabilità, insieme ai loro familiari. A dimostrare, come dichiara mamma Rebecca, che la percezione della disabilità come limite esiste soltanto negli occhi di chi guarda. E noi aggiungeremmo che la Bellezza è un valore, non un cliché che continua a mutare nel tempo. La formula del “quadro vivente” di per sé non è nuova, e l’allestimento non strizza di certo l’occhio al design, ma il messaggio decisamente prevale.

A un passo da Celesti

Verolanuova (Brescia), Basilica di San Lorenzo
www.tiepoloverolanuova.it

L’iniziativa è esemplare di come spesso le vere novità sboccino sul territorio, nei luoghi che non ti aspetti. Dopo l’esperienza di « A tu per tu con Tiepolo », nella Basilica di San Lorenzo a Verolanuova (Brescia) – strabiliante nella sua ricchezza decorativa e pittorica – una nuova struttura temporanea consente di scalare fino a 4 metri di altezza i due colossali dipinti di Andrea Celesti (1638-1710), veneziano ma bresciano d’adozione, per osservarli da vicino, a conclusione di un impegnativo restauro. È l’occasione per lasciarsi sorprendere da un artista pressoché dimenticato, ma che le fonti del suo tempo descrivevano come il “più ardito colorista che si sia visto a Venezia”. Nel 1707, a 69 anni, Celesti consegna a Verolanuova i monumentali dipinti della «Natività della Vergine» e l’«Assunzione» (10 x 5,30 metri cadauno).

Si tratta dell’epilogo di una parabola artistica lunga e fortunata, ricca di committenze tra la laguna veneziana e l’entroterra veneto, la pianura bresciana e il lago di Garda. Il progetto offre l’opportunità per riportare inaspettatamente in luce la libertà d’azione di un artista “assai singolare nel modo” , tanto nell’impostare le sue composizioni che nella regia della luce, nella tecnica esecutiva e nella scelta non scontata dei pigmenti.

La città dei cavalli incantati

Ex Chiesa della Maddalena, via S. Alessandro 39
www.museodelcavallogiocattolo.it

Per una volta una mostra tutta ideata, realizzata e raccontata a misura di bambino , o meglio di famiglia: dal contenuto al linguaggio, dalle immagini alle parole. Il racconto ci catapulta in una fredda notte di dicembre, quando una fatata comitiva di cavalli – antichi e moderni, di latta e di legno, a molle e a ruote, a dondolo e da giostra – galoppa dal Museo del Cavallo Giocattolo di Grandate, nel comasco, l’unico al mondo di questo tipo, fino a Bergamo, città natale del grande cavallo a dondolo Carla. C’è il gigantesco Valdo, uno dei famosi “cavalli da parata di Dresda”, intagliato nella bottega dello scultore tedesco Frederich Hein nel 1870. C’è l’elegantissimo Marc, costruito nel 2000 dai fratelli Stevenson, i giocattolai ufficiali della Casa Reale inglese. E c’è anche il geometrico Fortunato, italiano doc, che prende il nome da uno dei più grandi artisti futuristi, Fortunato Depero, che disegnò e realizzò molti giocattoli.

La mostra è concepita come un gigantesco albo illustrato, da cui i cavalli giocattolo prendono vita per dialogare con i monumenti e gli edifici più emblematici della nostra città: da Piazza Vecchia alla Valle della Biodiversità, dal Bosco della Memoria al Sentierone.

Ali Cherri, «Dreamless Night»

GAMeC, via S. Tomaso 53
www.gamec.it

Ci sono mostre che non si possono “giudicare” con le categorie del “mi piace/non mi piace”, perché il nucleo di riflessione che propongono è così forte da prevalere su ogni parametro “estetico” o “di gradimento”. Così è per «Dreamless Night», la più ampia presentazione sino ad oggi realizzata della pratica multimediale dell’artista e regista libanese Ali Cherri (Beirut, 1976), Leone d’Argento della Biennale di Venezia 2022.

Il progetto è una chiara testimonianza di come l’arte non sia fine a sé stessa ma abbia anche, quando ne ha il coraggio, una responsabilità di denuncia e di contributo al cambiamento: «Cherri si addentra nella tensione tra la realtà e l’ideologia del potere in un’epoca di nazionalismi, conflitti etnici e inasprimento delle frontiere contro migranti e profughi – ben sintetizza la presentazione – L’artista compone un percorso in cui le ideologie che sostengono il potere, l’autorità e le guerre vengono svelate nella loro teatralità e fragilità, e impiega l’immaginazione come dispositivo radicale per infiltrarsi nelle loro crepe strutturali». Per scoprire che spesso il Nemico che ci ossessiona la vita probabilmente nella realtà nemmeno esiste.