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Lo spreco di cibo, la Dispensa sociale di Namastè. E lo spreco delle nostre vite

Articolo. La cooperativa sociale nel 2020 ha raccolto e redistribuito 69.780 chili di derrate alimentari. Ma lo spreco spesso non è solo di cibo: “Spreco di sprechi ha detto Kohèlet / spreco di sprechi, il tutto è spreco”

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Perché sprechiamo tanto? In una contestatissima traduzione del Qoèlet Erri De Luca traduce spreco quello che nella traduzione canonica biblica è vanità: “Vanità delle vanità, dice Qoèlet, / vanità delle vanità, tutto è vanità”. “Spreco di sprechi ha detto Kohèlet / spreco di sprechi, il tutto è spreco” verseggia lo scrittore napoletano. Ma è forse di Guido Ceronetti la traduzione dell’Ecclesiaste (l’altro nome del Qoèlet) più poetica e letteraria. La vanità diventa fumo in un testo come Qoèlet in cui dominano la polvere e il vento.

Non sono un ermeneuta, non sono tantomeno un biblista. Ma al di là delle compilazioni dei teologi e dei rabbini, da buon misnagdim (un oppositore, un ribelle) al canone convenuto, subodoro un avviso da temere anche per chi credente non è: lo spreco è in agguato, è ovunque, e il tormentato Q. ci avvisa, è fumo negli occhi “fumo di fumi dice Qoèlet / fumo di fumi / Tutto non è che fumo” (la traduzione magnifica di Ceronetti).

Sprecare il cibo (e recuperarlo)

Negli ultimi anni ho maturato un’ossessione per lo spreco di cibo. Non mi piace quando qualcosa va sprecato, alla fine del pasto mi assicuro sempre che quel poco di acqua rimasta nel bicchiere sia finita, soffro per i cibi avariati e le pietanze lasciate a metà. È un problema grosso, non a caso il 5 febbraio è la Giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Perché a dirla franca lo spreco in questo senso significa che c’è qualcuno che ha bisogno di mangiare. Può essere paternalistico dirlo così, ma nei fatti è quel che è. E senza pensare all’Africa, succede nelle nostre città.

Oggi 5 febbraio la Dispensa Sociale di Bergamo promuove – insieme ad altre 50 realtà di tutta Italia – il Pride del cibo, cioè il manifesto per la promozione del diritto al cibo di qualità e alla lotta allo spreco alimentare, attraverso il recupero delle eccedenze alimentari e il loro riutilizzo sociale. L’iniziativa pubblica si terrà online da cinque piazze italiane, collegate in diretta sulla pagina Facebook di Food Pride dalle 12 alle 13.

Nel 2020, nonostante la pandemia e il lockdown, la Dispensa Sociale ha raccolto e redistribuito 69.780 chili di derrate alimentari. Un comunicato della cooperativa sociale Namastè ci avvisa che l’anno scorso sono aumentate di un terzo le eccedenze alimentari raccolte (erano 52 mila nel 2019). Leggi alla voce prodotti ritirati dai supermercati, dalle aziende agroalimentari e dall’ortomercato della Celadina ancora buoni da mangiare, ma non più commercializzabili perché con difetti estetici, prossimi alla scadenza o con il packaging rovinato. Sì, perché ci piace mangiare frutti lucenti e liftati che siano come delle modelle, anche se in realtà la sensibilità per fortuna sta mutando.

Continuando coi numeri scopriamo che i volontari della dispensa hanno effettuato 463 ritiri e ridistribuito i prodotti raccolti, dopo un’attenta cernita per scartare eventuali cibi non più edibili, a 21 enti beneficiari che si occupano di persone svantaggiate. Lo spreco così si trasforma in risorsa per Caritas parrocchiali, comunità per persone fragili, associazioni di paese, servizi sociali Nell’anno del covid-19, in cui si è prevedibilmente verificata una maggior richiesta da parte degli enti beneficiari di accedere alla distribuzione degli alimenti (+11 enti dal 2019), ma allo stesso tempo una maggiore sensibilità da parte delle realtà imprenditoriali a non sprecare il cibo invenduto e a donare anche parte della propria produzione.

Cibo come inclusività

Il progetto Dispensa Sociale – che abbiamo sostenuto con Kendoo – rappresenta un’integrazione alla spesa alimentare di piccole associazioni, cooperative sociali, Caritas parrocchiali che si occupano di persone in difficoltà. Per scelta la Dispensa si occupa soprattutto di raccolta di ortofrutta (55 mila chili) e di latticini e derivati (4000 chili), anche se redistribuisce prodotti “secchi” come pasta e affini (8500 chili) e bevande (1600 litri).

Ma non è tutto: la lotta allo spreco è anche uno strumento d’inclusione sociale. Oltre ai 20 volontari impegnati tutto l’anno, infatti, anche persone con disabilità o fragilità partecipano alle azioni di volontariato protetto.

Spreco di spreco

Tuttavia non è solo lo spreco alimentare che dobbiamo combattere. C’è un fumo negli occhi che spesso non ci fa vedere lo spreco delle nostre vite. Come ci perdiamo in arrabbiature superflue, in folli ricerche di questo o quel prodotto per riempire chissà cosa. Siamo sicuri che denaro, successo e potere siano valori solidi (cioè non soggetti ad alcuna vanità) su cui basare le nostre vite individuali e quelle di una collettività sempre più incattivita? Poco importa che crediate o meno, la trafittura poetica di Qoélet ci parla. E con essa dobbiamo fare i conti.

Lo spreco è prima di tutto esistenziale. È il silenzio in risposta a domande che premono e intanto costruiscono un vuoto di senso. È quel vento che porta via la polvere dei nostri giorni. Un tempo che non è infinito e che finirà. A volte siamo una mela liftata e lucente, ma nascondiamo il verme che rode dentro, la marcitura da cui comunque si può ripartire, perché una mela avariata può essere fecondità della terra. Altrimenti ci rimane solo un’inedia spirituale: “Ed ecco / fumo è tutto / soffio che ha fame”.

Sito Cooperativa Namaste

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