Chiunque abbia avuto un orto (o un nonno con l’orto dietro casa), ha visto coltivare almeno una volta nella vita la verza. Il motivo è essenzialmente uno: si adatta perfettamente al nostro clima, perfino durante gli inverni più rigidi. È infatti coltivato anche nelle zone di montagna, sotto la neve e in qualsiasi condizione climatica.
L’ho scelto in un periodo in cui l’interesse all’ambiente è sempre maggiore e selezionare accuratamente quello che mettiamo sulla nostra tavola rappresenta una piccola azione che, anche se non ce ne accorgiamo, fa bene all’ecosistema. Non solo: siamo sempre più attenti alla quantità di calorie ingerite e alla nostra dieta.
Al supermercato spopolano i prodotti (spesso industriali) a marchio biologico, oltre a quelli a basso apporto calorico. Tuttavia, spesso ci lasciamo affascinare da merci che vengono anche da molto da lontano, non considerando verdure che crescono bene appena fuori dalla porta della nostra casa, senza forzature o trattamenti particolari.
Laverza è tutto questo ed è davvero importante che abbia preso il gelo. Non solo per la maggiore tenerezza dei suoi tessuti vegetali (che comportano tempi di cottura minori), ma soprattutto perché con l’eccesso di freddo la linfa della pianta si trasforma sensibilmente per sopravvivere, diventando più zuccherina. Il risultato è un cavolo dal sapore più dolce e meno pungente.
Ecco alcune idee per utilizzare questa verdura in cucina. Anche se non siete degli esperti, il risultato è assicurato.
Costine e salsiccia (o in alternativa salamella) con le verze
Un must della cucina lombarda, è una versione più “leggera” e semplice della famosa cassoeula, che nella sua preparazione prevede anche l’utilizzo di parti meno nobili del maiale. Non è un caso che sia una delle ricette più conosciute in zona a base di verze e maiale: già in passato le verze crescevano bene ovunque, il maiale era allevato e poi lavorato in quasi tutte le cascine lombarde, sia di pianura che di montagna.
Nela versione che proponiamo il grasso di salsiccia e costine viene parzialmente eliminato prima del loro matrimonio con le verze. Tolte le foglie esterne, il cavolo va pulito e lavato. Si divide quindi in quattro parti e, una volta rimosso il gambo, è necessario tagliarlo a listarelle non troppo piccole. In una casseruola facciamo stufare le verze a fiamma bassa con coperchio, aggiungendo solo olio extravergine di oliva e del sale. Dopo circa mezz’ora, aggiungiamo due o tre cucchiai di salsa di pomodoro (va bene anche la passata) e lasciamo cuocere.
In una padella a parte brasiamo costine e salsiccia (anche in più volte se la quantità è importante) e sfumiamo con un poco di vino bianco. Trasferiamo quindi le costine e la salsiccia nelle verze, eliminando la parte grassa che si è formata sul fondo della padella. Lasciamo cuocere almeno una mezz’ora, fino a che la carne delle costine si ritira lasciando fuoriuscire l’osso per qualche millimetro. Possiamo prolungare la cottura a piacimento.
Pasta con verze, acciuga, prezzemolo fresco e pangrattato
Si tratta di un primo piatto a base di pasta (meglio se integrale) molto facile da realizzare. Dopo aver pulito la verza, è necessario stufarla in padella tagliata a strisce, con un filo d’olio extravergine di oliva, le acciughe salate (precedentemente ben lavate) e l’aglio. Prima di mettere la verza, è necessario controllare che le acciughe si siano ben sciolte nell’olio. Dopo una stufatura di circa mezz’ora (quando la consistenza non è più coriacea) cuociamo la pasta e, a cottura quasi ultimata, la scoliamo (avendo cura di tenere un paio di mestoli di acqua di cottura) unendola alla verza con un poco di acqua di cottura. A parte, tostiamo del pangrattato in una padella con un filo d’olio. Impiattiamo la pasta cospargendola di pangrattato tostato e prezzemolo fresco a tocchetti.
Zuppa di riso e verze
Questo è un piatto della tradizione che viene cucinato in molte zone d’Italia. È molto semplice nella sua preparazione, ma al tempo stesso gustoso e di gran calore. Dopo aver pulito e stufato la verza per almeno 45 minuti (coperchio chiuso e a fiamma bassa) con olio extra vergine di oliva, cipolla e un pizzico di sale senza esagerare, prepariamo del brodo (anche vegetale) o dell’acqua calda salata. Aggiungiamo alla casseruola con la verza il riso e qualche mestolo di brodo o acqua calda per portarlo a cottura. Una volta pronto, possiamo impiattare la zuppa, con una bella manciata di formaggio o grana grattugiato.
Un consiglio: l’ideale sarebbe far stufare per molto tempo la verza, fino a che si sfaldi completamente, ma anche qualora rimanga più croccante, la goduria è assicurata.
Involtini di verza
Al contrario di ciò che si possa pensare è una ricetta poco diffusa nei ristoranti, ma molto conosciuta nella cucina casalinga di tutta Italia. A Bergamo vengono chiamati Capù (in Val Seriana) o Nosècc (in Val Brembana) e, escluse variazioni nella preparazione del ripieno e nella cottura, non sono altro che involtini di verza con ripieno.
Iniziamo con lo sfogliare il cavolo verza. Dopo aver pulito le foglie senza romperle, le sbollentiamo per pochi minuti in acqua salata. Il ripieno può essere sia a base di carne che di magro: solo con uova, pan grattato, formaggio e spezie a piacere oppure con della carne trita o salsiccia sbriciolata. Una volta cotte, disponiamo le foglie di verza lessate su un tavolo, appoggiamoci una polpetta di ripieno e chiudiamole come fossero un fagottino, avendo cura di legarle con uno spago da cucina. Infine, passiamo alla cottura: possiamo lessare e servire in brodo gli involtini oppure appoggiarli in una pirofila, coprirli con del sugo di pomodoro e infornare per circa quindici minuti per la versione in umido. Una ricetta povera, ma di gran gusto, che richiede un poco di manualità.
Pizzoccheri alla valtellinese
Questa è forse la ricetta più famosa del piatto originario della Valtellina. La si trova praticamente in qualsiasi rifugio alpino o ristorante di montagna: tra i suoi ingredienti troviamo il grano saraceno, la patata e la verza, che sono tra le principali coltivazioni delle aree di montagna. Uniti al burro e al formaggio Valtellina Casera DOP (ma se non lo diciamo all’Accademia del pizzocchero di Teglio, va bene anche del formaggio Branzi) regalano un piatto dalla grande soddisfazione gastronomica.
Iniziamo dal cuocere le verdure (verze e patate precedentemente pulite e tagliate a tocchetti) in acqua bollente salata, avendo cura di unire i pizzoccheri dopo circa dieci minuti. Mentre la pasta cuoce, friggiamo il burro con l’aglio tagliato a rondelle lasciandolo colorire per bene. A cottura della pasta, raccogliamo i pizzoccheri e le verdure ormai cotte con la schiumarola, versandoli a strati in una teglia, alternando pasta e formaggio a cubetti. Infine cospargiamo con formaggio a grana grattugiato. E qui arriva il momento magico: irroriamo con il burro fuso (e aglio) e, senza mescolare, serviamo i pizzoccheri bollenti con una macinata di pepe.