Ci sono serate in cui ti siedi a tavola e ti lasci trasportare dalle emozioni, piatto dopo piatto, in un insieme di gusti, colori e consistenze che creano un delicato equilibrio. Ci sono altre serate in cui la storia di chi ha preparato quei piatti ti coinvolge ancora di più, tanto da far passare il cibo in secondo piano (che, per la cronaca, era buonissimo). L’esperienza che sto per raccontarvi è proprio uno di questi casi.
Durante una piacevole cena in pizzeria a due passi da Piazza della Vittoria, a Brescia, ho conosciuto Endrit Rustemi. Classe 1991, proprio come me, albanese nato a Fier. Aveva solamente 9 anni quando ha lasciato il suo paese con mamma e due sorelle, al tempo di 10 e 11 anni. Dopo un passaggio in Belgio, la famiglia di Endrit decide di raggiungere alcuni parenti nel nord Italia. «Arrivati qui con poco o nulla, ci siamo ritrovati a vivere alla stazione di Milano Porta Garibaldi e poi alla stazione Centrale. Dopo 3 mesi abbiamo incontrato degli assistenti sociali» mi racconta «e io e le mie sorelle siamo stati affidati alla Comunità familiare San Giuseppe di Brescia, dove sono rimasto fino all’età di 17 anni».
In comunità Endrit frequenta la scuola, scopre la passione per il calcio e per tante altre attività, con coetanei che provenivano da un passato simile. Un percorso non semplice, ma che gli ha insegnato tanto: la forza di andare avanti, la perseveranza e la costanza. E la voglia di non mollare mai.
Uscito dalla Comunità, Endrit si approccia al mondo del lavoro, scegliendo fin da subito il settore della ristorazione. «Le prime esperienze lavorative le ho avute in sala, e solo qualche anno più tardi ho scoperto la magia della cucina e soprattutto dell’arte bianca. Lavorare con pochi e semplici ingredienti per dare vita ad un prodotto eccellente, provando ricette e sperimentando con gusti e sapori, sono stati una bellissima rivelazione e me ne sono innamorato». Così, giovanissimo, Endrit inizia la carriera da pizzaiolo, lavorando per diverse insegne tra Milano, Bergamo e Brescia e spostandosi anche in diverse città d’Italia. «La mia formazione è stata direttamente sul campo, perché credo che la pratica sia molto importante, forse più dello studio».
Oggi Endrit è sposato, ha due bellissime bimbe e gestisce la sua insegna nel cuore di Brescia, con l’obiettivo di aprire un secondo locale a inizio 2025. Un progetto che manda avanti insieme ad una squadra di giovani e meno giovani professionisti. Ragazzi stranieri che hanno un trascorso simile al suo, se non peggiore, ai quali Endrit ha voluto dare una speranza di futuro. «La vita nella comunità familiare mi ha insegnato il valore dell’accoglienza e dell’aiuto. Il nostro non è un team di lavoro, ma una vera famiglia». continua. Oltre ad un impiego, Endrit ha donato ai propri collaboratori anche un vero e proprio supporto per ottenere i documenti e i permessi di lavoro in Italia.
Parlando degli anni passati in Comunità, mi racconta sì delle belle esperienze, ma anche delle difficoltà. «Quando sei un ragazzo della comunità, i tuoi coetanei che vivono una vita “normale” ti guardano strano. Per loro sei diverso in un certo senso, ma forse è solo perché hanno paura e non conoscono questo tipo di realtà». Oggi, quegli stessi ragazzi, sono felici clienti abituali del suo locale. Una vittoria ancora più grande.
Sul finire della cena, mi permetto di fargli una domanda più personale: che cosa direbbe oggi, da adulto, dopo tutte le esperienze, all’Endrit bambino? «Rifai tutto quello che hai fatto e non guardare indietro. Con costanza, impegno e passione, gli obiettivi si possono raggiungere» mi risponde con prontezza, ha le idee chiare e non cambierebbe nulla del proprio trascorso, che oggi non ha paura di raccontare.
E se non avesse fatto il pizzaiolo? «Non avrei potuto fare altro nella vita, ci sono cose che senti tue e questo - posso dirlo - è proprio il mio mestiere, e non lo cambierei per nulla al mondo».