A Bergamo sappiamo bene quanto sia buono il cioccolato. Oltre alla «Festa del Cioccolato», la manifestazione che ogni anno arricchisce il Sentierone di dolci profumi e colori – quest’anno proposta per la prima volta anche in una veste invernale in Città Alta – tra pasticcerie, bar e cioccolaterie… la merenda è assicurata.
A chi non piace questo magico ingrediente? A farci sognare è anche il nuovo film «Wonka», uscito poche settimane fa al cinema, che si aggiunge a una serie di altre pellicole che negli anni hanno raccontato le emozioni di chi prepara, cucina e mangia cioccolato. Emozioni sì, perché mangiare cioccolato stimola la produzione di serotonina, conosciuto anche come l’ormone del buonumore e della felicità. E lo sa bene Willy Wonka che, in questa fresca e dolce interpretazione di Timothée Chalamet, è riuscito ancora una volta a farci volare (nel vero senso della parola) con i propri cioccolatini.
Al termine di queste settimane di festa, ispirata anche dai dolcetti che mi hanno regalato per Santa Lucia e per Natale (perché non si è mai troppo grandi per ricevere qualche cioccolatino in questo periodo dell’anno), ho deciso di scrivere un piccolo approfondimento sul cioccolato. Andiamo oltre al singolo quadratino: sapete veramente cosa c’è all’interno, e perché è così buono?
Dalla pianta alla tavoletta: la filiera del cioccolato
Quello del cioccolato è un viaggio affascinante che inizia molto prima di incontrare il nostro palato, nelle piantagioni di cacao nelle aree tropicali del pianeta, situate principalmente tra Africa, Sud America e arcipelaghi asiatici.
La storia del cioccolato inizia con la cabossa, il frutto che ospita i semi di cacao. La raccolta del cacao è un’arte: i frutti maturi vengono accuratamente aperti per estrarre i semi avvolti in una polpa bianca e succosa. Questi semi, le fave di cacao, vengono disposti in apposite cassette e lasciati a fermentare per diversi giorni. Un passaggio fondamentale per il risultato finale, perché permette di sviluppare i complessi aromi e sapori che saranno poi presenti nel cioccolato.
Dopo la fermentazione c’è la fase di essiccazione, con i semi stesi al sole su griglie, e poi la tostatura, che determina il colore e il gusto del cioccolato finale. Dopo la tostatura, i semi vengono triturati per ottenere la pasta di cacao, una massa densa e oleosa. Questa pasta, con l’aggiunta di zucchero e, talvolta, di burro di cacao (la parte grassa del frutto), viene raffinata e confezionata. Durante la fase di raffinazione, la pasta di cacao viene mescolata finemente, riducendo le particelle per ottenere una consistenza liscia e uniforme, e viene confezionata in diverse forme: dalle classiche tavolette alle scaglie, alle gocce di cioccolato per i muffin o i biscotti.
La lunga storia del cioccolato
C’era una volta una bevanda amara a base di cacao chiamata xocolātl , drink preferito delle popolazioni azteche, utilizzata nelle cerimonie religiose e offerta alle divinità. Pare che anche l’imperatore Montezuma ne fosse ghiotto. Il cacao, infatti, ha una storia lunghissima che inizia molto ben prima della scoperta dell’America, già in epoca precolombiana, e ha sempre avuto un valore inestimabile. Pensate che il nome scientifico della pianta del cacao, Theobroma, significa proprio «cibo degli dei».
Il cioccolato come lo conosciamo oggi è il risultato di una lunga evoluzione. La prima di queste fu proprio a seguito dell’arrivo degli Europei, che nel XVI secolo cercarono di rendere più gradevole la xocolātl aggiungendo zucchero e latte. Nello stesso periodo, i semi furono esportati dal conquistatore spagnolo Hernàn Cortéz e ben presto l’antenato della cioccolata calda si diffuse in tutte le corti europee.
Per vedere le prime tavolette di cioccolato bisognerà invece attendere il XIX secolo: è qui che studi e ricerche portano ad una innovazione nella lavorazione dei semi di cacao e alla produzione del cioccolato solido.
Cioccolato fondente, al latte e bianco: conosci le differenze?
La necessità di accontentare i gusti di tutti i consumatori ha portato alla produzione di diverse varianti di cioccolato, che si distinguono per ingredienti, processi di lavorazione e percentuali di cacao.
Il cioccolato fondente è il più intenso perché è costituito da un’elevata percentuale di pasta di cacao (che supera il 43%, con picchi in alcuni prodotti tra il 70-90%), unita a zucchero e in alcuni casi burro di cacao. Questo cioccolato ha un gusto intenso, robusto e amaro. Il cioccolato al latte, più dolce e cremoso, contiene invece latte in polvere o latte condensato, insieme alla pasta di cacao e allo zucchero. La percentuale di cacao è inferiore rispetto al fondente, e oscilla tra il 30% e il 40%, per una nota più delicata. Il cioccolato bianco, invece, non contiene pasta di cacao ma è composto principalmente da burro di cacao, zucchero e latte. La sua consistenza è cremosa e il sapore dolce e burroso.
Il mondo del cacao è vastissimo e continua a evolvere a seconda delle richieste dei consumatori. Oltre alle tipologie più classiche, esistono diverse versioni gourmet che combinano il cioccolato con altri ingredienti per ottenere sapori ancora più unici e ricercati. Non gli ingredienti magici come le nubi di tuono e i raggi solari liquidi che Wonka utilizza nelle sue dolci praline – ahimè, perché io li proverei volentieri! – ma al supermercato trovate diverse proposte di cioccolato aromatizzato con frutta secca, spezie, sale marino, agrumi, pepe rosa e molto altro. Ci sono poi prodotti senza zucchero, quelli certificati biologici e quelli con ingredienti provenienti da agricolture sostenibili.
L’impatto ambientale del cioccolato
Citavo le agricolture sostenibili perché all’interno del vasto mondo del cioccolato si celano purtroppo alcune “note amare”, con un impatto – sia economico che ambientale – da non sottovalutare.
Nelle grandi piantagioni di cacao si assiste a fenomeni di sfruttamento (anche minorile) dei lavoratori, che spesso lavorano a dure condizioni e vivono sotto la soglia della povertà, oltre a problematiche di deforestazione dovute all’agricoltura intensiva. Anche il trasporto e la trasformazione del prodotto hanno un impatto ambientale negativo. Secondo uno studio condotto dall’Università di Manchester nel 2018, un chilogrammo di cioccolato richiede circa 10 mila litri di acqua per la produzione ed è responsabile di emissioni di CO2 comprese tra i 2.9 e i 4.2 kg.
Le più grandi aziende cioccolatiere di tutto il mondo stanno da anni lavorando per contenere il più possibile queste problematiche lungo tutta la filiera, partendo proprio dalle coltivazioni dove, attraverso il supporto di cooperative locali, stanno impostando metodi di lavoro etici e rispettosi del lavoratore e dell’ambiente. Ci sono poi associazioni come Fairtrade che si occupano di sostenere le filiere internazionali sostenendo i diritti umani e dell’ambiente: nel settore del cacao, l’impegno è a garantire un prezzo minimo fisso per la materia prima, e un premio per i coltivatori che possono così investire in progetti locali. Scegliendo il cioccolato Fairtrade potrete anche voi fare una buona azione.