A 24 anni seminava per la prima volta il mais, a 25 anni produceva la sua prima galletta e apriva la partita Iva. Ora ha 6 ettari di terreno (3 in Val Gandino e 3 a Calcio), un’azienda con 6 dipendenti e “sforna” gallette per conto di tanti piccoli produttori, oltre che con il suo marchio, Agrigal.
Adriano Galizzi, classe 1989, di Leffe, è cresciuto in una famiglia di imprenditori tessili, ma lui di stoffe non si è mai voluto occupare: “Mi è sempre piaciuto l’agroalimentare, a 18 anni coltivavo l’orto, piantavo la vite e facevo esperimenti con il siero per fare il formaggio in casa”, racconta. Ma se altri con la sua stessa passione avrebbero studiato Agraria o si sarebbero dedicati alla cucina, lui ha sempre saputo di essere anche un imprenditore nel Dna.
Uno studente difficile
Galizzi ha cambiato tre scuole prima di prendere il diploma: “Ho fatto il liceo scientifico a Clusone, Alzano e Bergamo. Non mi hanno mai bocciato, sono sempre scappato prima. Non riuscivo a stare nei banchi, impazzivo e facevo impazzire i professori. Le superiori per me sono state un’agonia. Poi mi sono iscritto al Politecnico di Milano, anche se dal mio curriculum non sembrava che sarei stato all’altezza”.
C’è voluto molto impegno e determinazione, possibili grazie a un obiettivo: “Sapevo che la laurea mi sarebbe servita per entrare in azienda e diventare manager, mi è sempre piaciuta l’idea di gestire e organizzare il lavoro. Non sapevo che sarei diventato manager della mia di azienda, però”.
Lo studio non si è certo rivelato una perdita di tempo: “Seguo in prima persona la contabilità e la gestione, senza non hai il controllo dell’azienda. Non puoi fare a meno di avere queste competenze, neanche con un buon commercialista”.
Una scommessa da vincere
Nel 2014 si cominciava a parlare di mais spinato, antica varietà che arrivò nel borgo seriano di Gandino nel 1632 e recentemente recuperata: “Ho seminato un ettaro a mais senza sapere come si faceva, raccogliendo a mano le mie prime pannocchie. Ci ho messo due mesi. Ho fatto il mio primo business plan. Nel frattempo lavoravo come ingegnere informatico nel gruppo Radici a Ponte Nossa, ma ho scommesso con la mia famiglia che avrei guadagnato di più vendendo il mais. Così ho cominciato a fare farina e gallette. Già il primo anno ho fatto 100mila euro di fatturato, con i mercatini e il porta a porta. A 26 anni avevo già un paio di dipendenti”.
Anche la sorella venticinquenne, dopo la laurea in Economia e Marketing in Svizzera, ha scelto di lavorare con lui invece che nell’azienda di famiglia. Per completezza, Adriano ha anche un fratello di due anni più grande, creatore di una startup che internazionalizza piccole e medie imprese.
Tutto per una galletta
La famiglia Galizzi ha un’industria tessile dal 1949, e sarebbe stato logico seguire quel percorso. Ma non è esatto dire che Adriano abbia fatto qualcosa di completamente diverso: “Sia da parte paterna che materna siamo una famiglia di liberi professionisti, con una forte inclinazione all’impresa, che io ho abbinato al settore agroalimentare, sperimentando. Ho investito in una linea di produzione di gallette di mais perché mi sono accorto che non ne esistevano di dedicate alla piccola e media produzione”. Così ha saputo trovare la sua nicchia di mercato.
Ma cosa hanno di particolare le gallette Agrigal? “È una lavorazione a chicco integrale, cosa che di solito non si fa perché il germe viene tolto, mentre io ho trovato il modo di lavorarlo. Sono gallette molto leggere, senza la classica consistenza di polistirolo. Anzi, si sciolgono in bocca; per questo sono particolarmente difficili da confezionare, ma anche lì abbiamo creato il nostro standard”.
Per riuscire a sfornare la prima galletta Adriano Galizzi ha impiegato un anno. Un anno di tentativi, prove con diverse umidità, temperature, tempi. “Avevo investito parecchio e sapevo che da lì sarebbe dipesa la mia vita. Se non mi fosse riuscita la galletta, ero consapevole che avrei dovuto fare il dipendente una vita intera per ripagarmi l’investimento”.
Tanti ruoli diversi
Imprenditore e agricoltore, ma anche meccanico, esperto di marketing digitale, inventore di nuovi prodotti, cuoco, venditore. “Le competenze si possono acquisire, tendenzialmente ho scoperto che sono in grado di coprire diversi ruoli. Ora, arrivato al settimo raccolto, mi sento finalmente agricoltore. Dove non arrivo da solo mi affido a ottimi consulenti: abbiamo in outsourcing la parte di web ed e-commerce, un manutentore, un agronomo. I miei dipendenti seguono la produzione dei prodotti, imballano, gestiscono le spedizioni. In più abbiamo portato in casa la pulizia dei cereali e la loro essicazione”.
Tra le ultime novità, il centro di analisi delle micotossine: “Facciamo le analisi internamente, così abbiamo il controllo completo della salubrità dei prodotti. Un servizio che offriamo anche ad altri agricoltori: come Agrigal produciamo 50mila gallette anno, l’impianto ne può fare 200mila. Quindi lo metto a disposizione di terzi, cui consegniamo il prodotto finito”. E non si tratta solo di contadini delle valli vicine, ma anche di grosse aziende: “Ad esempio di ha contattato il vicepresidente di Granarolo perché deve gestire una piccola quantità di grano saraceno da pulire ed essiccare”.
Web e mercatini
Agrigal non produce solo gallette, ma un’ampia gamma di prodotti. L’ultima novità sono delle patatine di mais con poco sale, “molto salutari”, assicura Adriano. E ancora: biscotti, farine, dolci, pasta. “Non abbiamo rappresentanti, ma i clienti ci trovano sul nostro shop online e sul sito vetrina. Raggiungiamo botteghe e buyer, recentemente siamo entrati nel mercato svizzero. Curo personalmente i social perché bisogna metterci la faccia”.
Ma nulla sostituisce il rapporto faccia a faccia: “Niente è paragonabile a quando crei un prodotto da zero, finalmente lo vai a vendere e il cliente ti fa degli apprezzamenti. Per questo continuo a passare le domeniche alle sagre e ai mercatini: il contatto diretto con le persone mi fa capire se sto lavorando bene in termini di prodotto: se piace, se lo trovano caro, se lo comprano”.
Salame, sci e futuro
Agrigal non è un’azienda toccata dalla crisi, anzi, è in forte sviluppo: “In cinque anni è cambiato tutto, cresciamo in doppia cifra ogni anno. Ho quasi paura perché non voglio diventi più grossa di me”. Per rilassarsi lontano dall’azienda, Adriano Galizzi aspetta la neve: “Amo gli sport invernali, il scialpinismo, ma anche la mountain bike”.
Fra i prossimi obiettivi, lavorare tanto sulle materie prime e sulla filiera dei cereali, creando nuove varietà incrociando mais antichi. “Ma ho anche comprato dei maiali e fatto il mio primo salame, mi piace provare a fare cose nuove. Quando finalmente si potrà tornare ad avere gente a cena voglio dedicarmi a sperimentazioni in cucina, sempre partendo dalle materie prime. Le mie gallette le consiglio molto come aperitivo, abbinate a un buon formaggio. Se condite rischiano di cambiare troppo consistenza, la verità è che sono buone così. Ora che ci penso potrebbe anche essere un nuovo slogan: Buone così”.