L’uomo non si nutre, l’uomo compie un gesto culturale. Lo fa ogni volta che apparecchia la tavola e ogni volta che porta alla bocca del cibo lavorato, semplicemente salato, oppure conservato, cotto o combinato con altri cibi.
Degustare una fetta di culatello di Zibello dop, affettato con la lama di una Berkel rossa attivata a mano (la Ferrari delle affettatrici è garanzia che la lama non si scaldi e comprometta la qualità della fetta), è – a maggior ragione – un gesto politico che afferma il ruolo economico e sociale del prodotto di eccellenza di una comunità umana, quella dei sei comuni che insieme a Zibello celebrano ogni giorno il rituale della produzione del culatello dop.
Sono gli imprenditori agricoli di questa zona che, dal 1994, quando l’Europa aveva proibito la lavorazione artigianale di questo salume, hanno bussato alle porte della comunità europea riscattando un prodotto che esige per vivere una produzione artigianale fatta di laboratori e cantine umidi. «A chi ci domanda come abbiamo fatto a portare a casa questo riconoscimento in pochissimo tempo – racconta Luciano Spigaroli, a capo dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Zibello , premiata dalla guida Michelin con una stella ormai da più di dieci anni – rispondiamo sempre con il detto locale “Presentati con un culatello e ti verranno aperte tutte le porte”».
«Il culatello rappresenta la storia delle nostre terre parmigiane», racconta con orgoglio Spigaroli, , che sarà presente all’inaugurazione dello showroom Audi di Lecco. «Quando ero piccolo accanto al nome dei nostri paesi si leggeva il cartello di zona depressa, la tassazione era ridotta per favorire gli investimenti e la nebbia serviva solo per fiaccare le ossa. Il culatello era frutto di una produzione casalinga dove accadeva che, se nella stagionatura il sale non penetrava in profondità, bisognava buttarlo ed era una vera e propria disgrazia. Ricordo che mio padre tratteneva il respiro al momento della verità ovvero quando il culatello veniva tagliato a metà».
Non per nulla nella storia delle campagne parmensi il regalo più esclusivo che si poteva fare alle maestre, ai preti o ai signori del luogo era il culatello. Esclusivo proprio perché unico, irripetibile, diverso da ogni altro esemplare.
Il successo di queste degustazioni che stanno facendo il giro del mondo è frutto di un vero e proprio cambio di paradigma della comunicazione che gli imprenditori del culatello hanno portato avanti: se la nebbia umida dei mesi invernali e il caldo torrido e appiccicaticcio dell’estate potevano costituivano un deterrente per abitare o visitare le nostre terre, ora, grazie alla narrazione di un’economia enogastronomica che porta sulle nostre tavole salumi, vino e pane di un sapore esclusivo, nebbia e caldo sono diventati un valore aggiunto. «Sottotitolo delle giornate della November Pork che celebriamo ogni anno – racconta ancora Spigaroli – è proprio “speriamo che ci sia nebbia” perché nella Bassa dominata dal suono del Grande Fiume, il Po, la nebbia è un ingrediente essenziale del gusto».
Gli uomini e le donne della famiglia Spigaroli erano in principio mezzadri di Giuseppe Verdi, poi sono diventati traghettatori lungo le rive del Po per poi reinventarsi ristoratori partendo dal recupero dell’arte dei Masalén, ovvero i norcini che tramandavano l’arte della corretta macellazione del maiale.
«Il nostro bisnonno era mezzadro nel podere Piantador del maestro Giuseppe Verdi. Nostro padre diceva che il nonno gli raccontava che il Maestro (così veniva chiamato in zona) era un grande intenditore di cose buone».
Nella storia e nella letteratura, gli amanti del culatello non sono mai mancati: ogni fetta di culatello deve essere tanto sottile da vedere oltre l’ombra e Gabriele D’annunzio che ne era grande estimatore paragonava la morbidezza del salume a quella del seno delle giovani donne.
Non si può chiudere questo breve racconto del rituale della degustazione del culatello senza citare il pane, da abbinare necessariamente ad ogni fetta. Non uno qualsiasi ma la micca bianca, morbida e con poca crosta. Nel suo impasto c’è un po’ dello strutto del maiale nero tipico parmense che è la materia prima del nostro salume. «Solo il sapore mite di questo pane è in grado di smorzare la potenza di fuoco del culatello», afferma Luciano.
Quale bevanda accompagna questo trionfo di gusto? Il rosso frizzante con le bollicine del classico Lambrusco naturalmente, ma Luciano ci ha assicurati che porterà anche le nostre bollicine rosate e bianche provenienti dalla lavorazione di uva Fortana e Fortanina raccolta dai vitigni piantati sulle terre che periodicamente erano inondate dal Po e che lasciavano scoperte solo le parti più alte, “le motte”. Ora le cose sono cambiate, il fiume è stato racchiuso fra gli argini e l’acqua non invade più le campagne.
Le vecchie motte sono rimaste e sono le terre più fertili, ben drenate ed asciutte, dove la vite riesce ad esprimersi al meglio. «È in quelle terre del motto che noi abbiamo impiantato la nostra vigna, solo di vitigni del territorio. Poi fare il vino è facile quando l’uva è di queste qualità».
L’appuntamento con Luciano Spigaroli sarà il prossimo 26 maggio dalle 19,30 nel nuovo showroom lecchese Audi di Bonaldi – Gruppo Eurocar Italia, insieme alla campionessa olimpionica Michela Moioli e alla gamma delle Audi capitanata dalla A8 che si affiancherà alle eccellenze presenti.