Lo dico subito: come molti genitori sono confusa, e anche piuttosto arrabbiata. Ecco una sintesi dei fatti: dal 1998 ad oggi, in Italia, 10 bambini sono morti perché dimenticati in auto. Per evitare queste tragedie (i morti sono meno di uno all’anno, ma giustamente fanno molta notizia), l’Italia è il primo paese europeo, e il secondo al mondo – l’altro è Israele – a dotarsi di una legge apposita. È obbligatorio dotarsi di dispositivi anti abbandono con adeguati criteri di sicurezza per i seggiolini auto dei bambini con età inferiore ai 4 anni, che in Italia sono quasi due milioni.
Cosa dice la legge
Che fosse un mezzo pasticcio si è capito subito. La cosiddetta “Legge salva bambini” (n.117 dell’ottobre 2018) è entrata in vigore dall’oggi al domani il 7 novembre, ma dopo le proteste dei consumatori e dei produttori, che non hanno avuto il tempo tecnico per dotarsi di questi strumenti, le sanzioni sono slittate al 6 marzo 2020. Cosa prevedono? Sono le stesse valide per il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza o dei sistemi di ritenuta per i bambini: sanzione pecuniaria da 81 a 326 euro e perdita di 5 punti dalla patente (in caso di recidiva nell’arco di due anni anche la sospensione della patente da 15 giorni a due mesi).
Cosa propone il mercato
A cosa servono e come sono fatti questi dispositivi antiabbandono? In sostanza devono fornire un allarme visivo e acustico quando il bambino rimane in auto. Lo possono fare sonoro o con una segnalazione sullo smartphone dei genitori. Per questo i dispositivi hanno una app che si può collegare a più telefoni. In attesa di auto che abbiano già integrato il dispositivo antiabbandono, si possono acquistare seggiolini che già montano questi strumenti. Oppure, caso più comune, si acquista un dispositivo da applicare al seggiolino, di solito un “cuscinetto” da appoggiare sopra la seduta.
Il problema dell’omologazione
Questi strumenti non sono omologati. Vale a dire che è il produttore ad autocertificare che il suo dispositivo antiabbandono va bene ed è conforme alla legge. Quindi il rischio di acquistare un prodotto non adeguato è concreto, come ha denunciato anche Altroconsumo. Ad esempio: la legge prevede che non debba occorrere un gesto volontario per attivare il prodotto ogni volta che si fa sedere il bambino nel seggiolino, ma uno dei dispositivi più venduti viola chiaramente questo punto. Mi chiedo cosa possano controllare i vigili per verificare se il seggiolino dei bambini rispetta la legge.
Il bonus e i costi (alti!)
I dispositivi antiabbandono hanno prezzi variabili, in media sui 70 euro. Lo Stato mette a disposizione un bonus di 30 euro a bambino (non a dispositivo). Per accedere al contributo è necessario registrarsi a partire da giovedì 20 febbraio sulla piattaforma informatica Sogei. In totale sono stati stanziati 2 milioni di euro. Una cifra ridicola, considerato che i bambini sotto i 4 anni in Italia sono 1,8 milioni e che quindi la maggior parte delle famiglie non riuscirà ad ottenere nulla. Senza contare che è difficile che un bambino abbia un solo seggiolino. Se le auto in famiglia sono due (e tralasciamo di contare quella dei nonni) dobbiamo prevedere un paio di dispositivi. Certo, questi strumenti, come i seggiolini, si possono spostare da un’auto all’altra, ma per praticità di solito rimangono fissi. Insomma: una famiglia con due bambini sotto i 4 anni e 2 auto – scenario più che plausibile – si trova ad affrontare una spesa attorno ai 300 euro. Sempre che non decida di comprare i seggiolini con dispositivi già integrati, che costano facilmente 500 euro l’uno.
I metodi alternativi, e fuorilegge
Dimenticare un figlio in auto è una drammatica fatalità, che probabilmente non accadrebbe se noi genitori vivessimo vite meno stressanti. Tecnicamente si tratta di amnesia dissociativa, cioè un un vuoto di memoria transitorio che porta a una sconnessione delle funzioni della coscienza dalla memoria. Un black out temporaneo che accade quando si vive freneticamente e si fanno le cose in modo meccanico. Per tutelarsi ci sarebbero dei metodi a costo zero. Ad esempio abituarsi a lasciare la borsa e il telefono nel sedile posteriore, utile anche per non distrarsi col cellulare alla guida (quello sì, fa molto più di un morto all’anno). Oppure attivare una rete di sicurezza con l’asilo nido, l’altro genitore, i nonni per sapere sempre dove si è portato il bambino. Stratagemmi che funzionano, ma non permettono di mettersi in regola con la legge.
Perché non ho ancora comprato nulla
Sono giorni che guardo i prodotti online e mi confronto con le amiche. Ho parlato con alcuni tecnici esperti, ho letto la legge, mi sono documentata. Il risultato è che non c’è nulla che io percepisca come un valore aggiunto e non come una enorme seccatura. Come faranno in molti, prenderò il dispositivo più economico, solo per evitare le multe.
Non è che io creda di essere infallibile. Non sono il tipo di persona che dice: “A me non potrebbe mai accadere”.
So, anzi, che ogni giorno mi assumo dei rischi. Come chiunque abbia un figlio.
Al parco lascio che il mio bambino giochi per conto suo, io mi siedo su una panchina come gli anziani. E se dovesse cadere dallo scivolo e rompersi qualcosa?
Lo porto a camminare con me sul marciapiede accanto a strade trafficate. Lo prendo per mano, ma chi lo dice che non riesca a divincolarsi e finire sotto un’auto?
Gli do da mangiare qualsiasi cosa per non farne uno schizzinoso, ma chissà che la prossima nocciolina non scateni una letale reazione allergica?
Eppure lo Stato non esige da me che metta un caschetto a mio figlio per andare ai giardinetti, né un guinzaglio per portarlo in strada, né che faccia un test di tutte le allergie alimentari prima dello svezzamento.
Non è che io voglia trascurare la sicurezza, specialmente quella sulle strade. Mi arrabbio quando nel 2020 vedo ancora bambini portati in auto in braccio: è una follia, basta vedere le simulazioni con i manichini in caso di incidente per rendersi conto di quanto sia pericoloso. Ma pensare che, per non dimenticare i figli in auto, sia necessario obbligare i genitori a comprare l’ennesimo, costoso dispositivo tecnologico è quasi un’umiliazione.
Parafrasando Flaiano: “la situazione è grave, ma non è seria”.