Dicembre, sfoglio i cataloghi dei giochi per farmi venire qualche idea per Santa Lucia e trovo «kit cosmetici dedicati alla tua beauty routine, proprio come in un vero centro benessere!» (età: 8 anni), «set di make-up per essere la più bella della festa!» (età: 4 anni), «Kit Decorazione Unghie con Macchina Spara Glitter e Asciuga Smalto» (età: 6 anni).
Vado in profumeria per comprarmi il mascara e trovo interi scaffali dedicati esplicitamente alle bambine: balsami per labbra alla fragola, zucchero filato e vaniglia e cocco, maschere per il viso ispirate alle principesse Disney, kit di pulizia dei pennelli da trucco a forma di orsetto gommoso, unicorni, cuoricini, glitter e stelline come se piovesse, confezioni pastello a forma di pupazzini, sieri viso «per ottenere una pelle radiosa e un incarnato luminoso» chiaramente rivolti a un pubblico infantile.
Ne avevo sentito parlare, ma non me ne ero mai accorta così chiaramente: è il fenomeno chiamato «Sephora Kids», che vede come fruitori dei prodotti di bellezza i bambini in giovanissima età. Secondo i dati del sito web di ricerche di mercato Statista, il mercato dei prodotti per la cura della pelle di bambini e neonati dovrebbe registrare un tasso di crescita annuale del 7,71% fino al 2028, e raggiungere i 380 milioni di dollari con 160,7 milioni di giovanissimi fruitori in tutto il mondo.
Non staremo esagerando?
Siamo sicuri che vada bene così? Siamo obbligati a lasciarci travolgere dal mercato o possiamo provare a mettere dei paletti? Quando si parla di cosmetica per i bambini la prima preoccupazione, di solito, è quella che i prodotti non siano dannosi, aggressivi con la pelle. Da questo punto di vista, la rassicurazione è piuttosto immediata: i cosmetici con questo target sono blandissimi e sicuri dal punto di vista della salute.
Eppure io preferisco avere una bambina che – ogni tanto – mi ruba la crema antiage o il fard (prodotti evidentemente non destinati a lei) rispetto a una che in terza elementare ha già la sua beauty-routine, parla con competenza di skin-care, acquista i suoi propri cosmetici e si preoccupa di come appare, confrontandosi con uno stuolo di baby influencer.
La libertà di essere bambine
Una delle libertà più felici dell’essere bambini è quella di fregarsene completamente del proprio aspetto fisico. Non avere idea di quale sia il proprio lato migliore, non essersi mai soffermati su quale pettinatura ci dona di più, concepire l’armocromia solo come la risposta alla domanda «Qual è il tuo colore preferito?», non avere mai lontanamente immaginato alla possibilità di aggiustarsi i lineamenti a colpi di contouring o di chirurgia estetica, non avere parti del corpo o del viso da “valorizzare” né altre da “celare”, ignorare quali brand si indossano e la provenienza dei propri abiti (il cestone delle offerte del mercato? La boutique in centro? L’armadio del fratello maggiore? Tutto uguale).
Una libertà meravigliosa, che dura sempre meno, ma che io vorrei tutelare il più a lungo possibile. Perderla dà più svantaggi che vantaggi: crescendo magari si impara a mettersi l’eyeliner o ad abbinare i colori, ma la libertà di sentirsi bellissime indossando la maglietta di Elsa e due codini storti non si recupera più.
Giochi di ruolo
Le bambine hanno sempre giocato a imitare le donne più grandi, altrimenti non avremmo avuto la Barbie e io stessa da piccola non avrei rubato il rossetto di mia nonna. Mia nonna si indignava e mi rimproverava quando mi vedeva con le labbra color corallo, ma io mi ci divertivo moltissimo e continuavo a farlo di nascosto.
Ogni generazione ha i suoi prodotti di bellezza, e io che critico smalti permanenti e skin-care coreana per le bambine di oggi, ho il dubbio di essere diventata come mia nonna che se la prendeva per il suo rossetto. Eppure, qualche differenza fra il rossetto di mia nonna e la maschera di bellezza con gli unicorni ce la vedo. Nel primo caso c’è una bambina che gioca con le cose dei grandi. Nel secondo ci sono le cose dei grandi che assumono fittizie sembianze infantili.
La bellezza prescrittiva
Trucco&parrucco dovrebbero essere un “gioco” per i bambini, ma anche per gli adulti. Per “gioco” intendo che – contrariamente all’igiene, alla prevenzione, alle cure mediche e odontoiatriche – farsi la piega, mettersi il rimmel o cospargersi di bava di lumaca è opzionale: se e quando ne abbiamo voglia lo facciamo, altrimenti no. Questo, come ci ha spiegato molto bene la divulgatrice scientifica Beatrice Mautino, vale per tutti i cosmetici, compresa la skin-care, che non ha nulla di “medico” (l’unico consiglio dermatologico serio è: usare la protezione solare).
Una donna, un uomo (e tanto più un bambino o una bambina) possono essere “ordinati” e “a posto” anche senza mettersi niente in faccia. A qualunque età, il nostro viso e i nostri capelli “naturali” non hanno nulla di imbarazzante, nulla che non vada. Abbiamo sempre la libertà di essere “acqua e sapone”, come si diceva giustappunto all’epoca di mia nonna (ma in questa, di epoca, riusciamo a complicare persino le cose più semplici: l’acqua a quale temperatura? Sapone, quale sapone? L’asciugamano, in quale fibra?).
Naturalmente trucco&parrucco sono anche un’industria che muove miliardi e che deve invogliarci a usare i suoi prodotti. E non c’è nulla di male, fino a quando non si confondono i piani della cosmetica con quelli della salute, la libertà con l’obbligo, la possibilità di truccarsi per essere o sentirsi più belle e il dovere di farlo per essere socialmente accettate. Quando poi si arriva ad aggressive campagne di marketing che hanno come target le bambine dovremmo almeno esserne consapevoli e tutelare le nostre figlie.
Invece no. Per le entusiaste della skin-care «Non è mai troppo presto» per cominciare con questa buona pratica, portare le bambine a festeggiare il compleanno in un centro estetico o in una Spa è una grande idea, imparare a “curarsi” non ha età, così come fare caso all’aspetto fisico proprio e altrui. Con orgoglio, sento di essermi definitivamente tramutata in mia nonna novantenne , e vado a darmi il rossetto.