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Evviva i tabù. Ecco perché voglio essere una madre all’antica

Articolo. Ci sono luoghi comuni sull’educazione sessuale che nessuno più mette in discussione, tipo che di sesso in famiglia bisogna parlare liberamente. Ma siamo sicuri che non sia un modo per spiare i figli dal buco della serratura?

Lettura 3 min.
(wavebreakmedia)

A costo di espormi al pubblico ludibrio, voglio essere una madre all’antica. No, non nel senso che racconterò ai miei figli dei cavoli, delle api e dei fiori, metafore che ho sempre trovato piuttosto ambigue. Risponderò a ogni domanda sul sesso con la maggiore chiarezza e onestà possibile. Eppure sono convinta che l’argomento è bene che sia un tabù fra genitori e figli, soprattutto quando questi ultimi hanno superato la pubertà.

Il mito del dialogo

Inorridisco all’idea che genitori e figli possano scambiarsi confidenze a tema sessuale. Non voglio sapere quando i miei figli faranno sesso la prima volta (spero il più tardi possibile). Non comprerò loro preservativi, anche se farò in modo che abbiano i mezzi per farlo da soli, se e quando lo riterranno opportuno. Non inviterò i loro fidanzatini a dormire o andare in vacanza con me. Non farò nessuna di queste cose, ormai piuttosto comuni fra i genitori “moderni”.

Non lo farò (o spero di non farlo) perché mi sembrano violazioni dell’intimità , uno spiare i figli dal buco della serratura. Il sesso è una cosa da grandi. Mamma e papà devono farsi da parte, non accompagnare i figli per mano. Cosa che, oltre a farmi orrore, è anche molto poco erotica, ne converrete.

Quello che i genitori possono fare – per proteggere, preparare, istruire i figli – avviene molto prima dello sviluppo sessuale. Si comincia col dare informazioni corrette nei tempi giusti, ma anche – più compiutamente – con l’educazione .

Non si tratta di snocciolare dati, ma di formare persone. Insegnare il rispetto della privacy, ad esempio. A lavarsi e cambiarsi da soli, ben prima dello sviluppo. Che ci sono parti del corpo – nostro e altrui – destinate a rimanere private. Ma anche, più in generale, coltivare l’amor proprio, il rispetto degli altri, la capacità di gestire la frustrazione.

Precauzioni e “precauzioni”

Una volta mi sono imbattuta in una puntata di “ 16 anni incinta ” (non mi scuserò per aver visto un programma diverso da “ Ulisse ” o “ Superquark ”) particolarmente istruttiva. La figlia di una minorenne rimaneva a sua volta incinta a 16 anni. La madre, che l’aveva cresciuta da single fra mille difficoltà, preoccupata e delusa, le diceva: “Ma lo sapevi che i preservativi erano di là, sotto al lavandino”.

Ecco, secondo me questo è un esempio che dice tutto. Chi conosce da vicino le difficoltà di una gravidanza precoce e dispone dei mezzi per evitarla dovrebbe farlo, no? E invece.

Invece quello che conta, forse, non è sapere che i condom esistono , o avere provato a infilarli su una banana nelle ore di educazione sessuale, e nemmeno essere in grado di procurarseli. Conoscenze che aiutano, certo, ma che – a meno di non essere cresciuti in contesti davvero particolari – sono ormai alla portata di tutti.

Quello che conta è più difficile, più complesso. È, ad esempio, avere sufficientemente amor proprio da essersi fissati degli obiettivi nella vita, come quello di finire la scuola. Oppure la capacità di emanciparsi da un genitore anche senza fare un figlio. O la maturità di riuscire a usare un preservativo quando serve, anche se si è agitati, anche se il partner vorrebbe farne a meno, anche se si è in imbarazzo .

Il sesso è una cosa da grandi

Perché un quindicenne o una quindicenne dovrebbero fare sesso? Perché ne hanno voglia, d’accordo. Ma è bene che ne abbiano anche timore , come chi sta imparando a nuotare ha paura di andare a fondo.

Il sesso è una cosa da grandi. Implica il fatto di assumersi delle responsabilità: quella della salute propria e altrui (fisica e psicologica), della contraccezione o di ipotetici figli.

Può essere che l’età della prima esperienza sessuale sia anche prima dei 15, è inutile negare la realtà. La domanda è un’altra: quel quindicenne, o tredicenne, o diciassettenne (o metteteci qualunque altro numero fino al 18, o forse anche al 20, ma non spingiamoci oltre) avrà la maturità necessaria per farlo?

Sì, maturità. Un concetto non molto “sexy”, lo ammetto . Che non si compone solo dall’avere ricevuto una adeguata educazione sessuale, ma dall’essere sufficientemente adulti. Non un concetto teorico, ma piuttosto pratico, per come lo immagino io. Ha senso che faccia sesso qualcuno che non ha mai preso un mezzo di trasporto pubblico per conto suo? Che non si è mai fatto da mangiare? Che deve farsi fare la giustifica da papà per non avere fatto i compiti? Che non si è mai prenotato autonomamente un esame medico, una visita sportiva, il rinnovo della carta di identità? Che non è mai rimasto a casa da solo per una notte? Che si fa preparare la cartella/i vestiti/la merenda dalla mamma?

Immagino che un adolescente nella media sia in grado di fare tutte queste cose, decisamente banali, ma che mi sembrano un prerequisito minimo, ridottissimo, di responsabilità. Se poi si potesse aspettare l’età della piena responsabilità civile e penale, i 18 anni, sarebbe ancora meglio. Per i motivi che ho appena elencato, sono convinta che posticipare l’età del primo rapporto sessuale porti solo vantaggi .

Non che un genitore possa imporlo – significherebbe avere un controllo tale sulla vita dei figli da impedirne ogni autonomia, prerequisito invece essenziale perché diventino grandi. E qui torniamo al concetto di indipendenza e fiducia. Tale per cui a un certo punto bisogna rassegnarsi (esultando) che i figli crescano , lontano dalla nostra ombra.

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