«Il 94,7% dei libri per bambini sono robaccia». Lo dice Mac Barnett, autore di oltre 60 libri per bambini e ragazzi, nel suo saggio appena uscito per Terre di Mezzo « La porta segreta ». In realtà, secondo l’autore, anche tantissimi libri per adulti sono brutti, ma gli adulti sono più allenati a riconoscerla e, volendo, scansarla.
Il problema dei libri brutti non sta nel singolo libro brutto, di per sé piuttosto innocuo, ma nella loro pervasività. Come dice la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, il pericolo è quello di un’unica narrazione. Dove c’è varietà, diversità di voci, di proposte, di punti di vista, i libri brutti non sono un pericolo.
La penuria di libri belli
Un luogo comune vuole che il lettore forte abbia sempre una pila di libri da leggere, ne compri continuamente altri, e il tempo per leggere non gli basti mai. La mia esperienza è esattamente l’opposto: ho sempre vissuto in uno stato di penuria. Da piccola perché i libri non erano mai abbastanza, me ne compravano solo per le occasioni e non andavo spesso quanto avrei voluto in biblioteca. Da grande perché quando entro in libreria spesso non vedo niente che mi interessi, e quello che mi interessa l’ho già letto, oppure non c’è o non so come trovarlo. Un lettore non legge tanto per leggere, come quando si fa zapping in tv, vuole leggere libri belli per lui. Non vuole prendere fregature, specie se sono novità e il loro prezzo di copertina supera i venti euro.
La stessa sensazione la provo, identica, nel reparto di libri per bambini quando ci vado con i miei figli, di 3 e 7 anni. Quello che vedo lo ha descritto molto bene Giorgia Grilli, esperta di letteratura per l’infanzia: «Nell’ambito dell’editoria per bambini prevalgono semplificazioni di ogni tipo, tentativi di fare libri che non sembrino proprio “libri” ma se mai prodotti umoristici, volumetti con pagine piene di interruzioni grafiche e piccoli scarabocchi, come a incoraggiare il lettore giovane, inesperto e presunto debole che leggere quelle pagine non comporterà fatica, ma equivarrà a divertirsi» (« Libri nella giungla », Giorgia Grilli, Carocci editore).
Mi chiedo se queste scelte premino almeno i lettori occasionali, ma temo non sia così. Forse rende più facile avvicinarsi all’oggetto libro (nella misura in cui tanti adulti entrano in libreria chiedendo esplicitamente un libro per un bambino “che non ama leggere”), ma certo non aiuta a sperimentare il brivido di un libro “vero”, che accende una scintilla di passione nel lettore.
Un catalogo di libri brutti
I miei bambini hanno età a cavallo fra la scuola dell’infanzia, dove la lettura è per forza mediata dall’adulto, e l’inizio della primaria, dove comincino a leggere da soli e a manifestare i loro gusti. Dalla mia esperienza finora mi sono imbattuta in tanti libri brutti, che comprendono le proposte da 0 anni in su. Qui un breve catalogo orientativo.
I libri tutti uguali
Almeno un terzo degli scaffali della biblioteca nella fascia 0-3 sono occupati da libri tutti uguali, composti da elenchi: i colori, gli animali della fattoria, i mezzi di trasporto, le forme, i numeri da uno a 10, altri animali. Non hanno nulla che non vada, sono utili per sollecitare i bambini a pronunciare i versi degli animali e le prime paroline, ma non sono proposte “interessanti”: uno vale l’altro, le illustrazioni sono stereotipate, e ritrovarsene una decina per casa è disperante.
Tuttavia, è possibile trovare delle eccezioni, penso a « Rosso come… » (Pascale Estellion, Ippocampo Edizioni), che rappresenta otto colori nelle diverse tonalità associate a elementi del mondo naturale ed è un volume curatissimo, in cui perdersi a qualunque età (che infatti ho comprato, dopo che i bambini continuavano a prenderlo in prestito in biblioteca).
I libri “commerciali”
Tutti i libri hanno lo scopo di essere venduti, ma mi riferisco a quelli realizzati ad hoc per cavalcare qualche fenomeno della tv o dei social. I libri di Peppa Pig e dei cartoni animati (che prendo in biblioteca quando me li chiedono), i libri degli influencer per bambini (che schivo come i proiettili), i libri che cercano di scimmiottare grandi successi (pensiamo all’esplosione del fantasy dopo Harry Potter), i libri venduti senz’altra qualifica che quella di essere best-seller. Sostanzialmente le stesse strategie commerciali che mi irritano nella vendita dei libri per adulti.
L’equivalente infantile dei manuali “for dummies”
Sono i libri che vogliono insegnare ai bambini a non essere gelosi del fratellino in arrivo, a dire grazie e per favore, ad andare a letto quando è ora, a non piangere quando la mamma va al lavoro o a fare la cacca nel vasino. Come scrive Mac Barnett, « il didascalismo, da sempre nemico di una buona narrazione, è dilagante fra i libri per bambini a causa dell’insistenza con cui abbiamo a lungo sostenuto che le storie debbano insegnare qualcosa».
In particolare, non finisce di sorprendermi la quantità di volumi per l’infanzia dedicati al tema scatologico. «Chi me l’ha fatta in testa?» ha venduto 230mila copie inaugurando questo nuovo sottogenere. Spero siano utili per i genitori alle prese con lo spannolinamento, ma ci sarà mai un bambino che si è appassionato ai libri dopo aver letto «Posso guardare nel tuo pannolino?». Io non credo.
I libri senza una storia
Cosa cerchiamo in un libro a qualsiasi età? Una bella storia. Una storia appassionante, dotata di senso compiuto, che dia soddisfazione “vedere come va a finire”. È incredibile vedere quanti pochi siano i libri per bambini, specialmente per quelli molto piccoli, che rispondano a questa descrizione. Non so se accada perché si pensa che i bambini non abbiano più la necessaria capacità d’attenzione o perché inventarsi delle belle storie è, di fatto, difficile.
È anche una questione di gusti: personalmente non amo il nonsense (da piccola non sopportavo «Alice nel Paese delle meraviglie», credo che sia un libro che si apprezza più da adulti), le sperimentazioni troppo ardite, i libri “che non si capiscono”. I bambini per primi sono spaesati di fronte a volumi privi di senso compiuto, fatti per giocare più che per leggere, senza una trama (anche minima). Menzione particolare per i libri con le alette e i pop-up, che in biblioteca rimangono integri forse per una settimana.
I libri scritti per gli adulti
Funzionano così: prendono un tema che sta a cuore all’adulto – solitamente perché molto presente nel dibattito pubblico – e lo traducono in termini adatti ai bambini, che spesso certi problemi non se li sono mai posti. Mi vengono in mente tutti i libretti a tema “razzismo” o “diverso è bello”, dove ai piccoli – perfettamente abituati fin dall’asilo a vedere bambini e genitori di diverse provenienze – viene spiegato che il colore della pelle non conta. Un messaggio che sarebbe stato rivoluzionario nel Sudafrica dell’apartheid ma che ora rischia di essere superfluo, se non dannoso.
Intendiamoci: non è che il razzismo sia scomparso o che non esistano libri bellissimi – anche per ragazzi – che trattano il tema, ma perché sollecitare un bambino piccolo a vedere un problema che nemmeno sa che esiste? C’è il rischio di farlo male, di farlo in modo involontariamente razzista (perché “l’altro” è sempre il bambino nero?), di non essere compresi, di non rispondere ai bisogni reali dei bambini.
Mi fanno lo stesso effetto i libri di “empowerment femminile” rivolti alle bambine. Libri spesso di grande successo comprati dalle madri (come dice Mac Barnett, il problema dei libri per bambini è che sono scelti dagli adulti) per dare esempi di “girl power” alle figlie. Un intento lodevole, ma che rischia di banalizzare figure molto complesse e anche discusse, da Margaret Thatcher a Evita Peron, e di non dare alle bimbe ciò che veramente bramano: storie articolate e appassionanti con protagoniste femminili che fanno cose interessanti. Piuttosto che a un manualetto, non è meglio affidarsi a capolavori della letteratura come «Pippi Calzelunghe»?
I libri col tema importante
Sono i libri prodotti apposta per le esigenze didattiche, legati spesso a ricorrenze, dal Giorno della Memoria alla strage di Capaci, alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo. Il loro target sono gli insegnanti che devono trovare la lettura importante, ma al contempo non troppo “cruda” e non troppo “difficile”, da far leggere in classe.
Non voglio entrare nel merito dei singoli libri: è ovvio che esistono capolavori della letteratura che trattano il tema della Shoah, della guerra, dell’emigrazione, della mafia. Ecco, io penso che non bisognerebbe mai scendere sotto un elevato standard letterario. Come scrive Mac Barnett, ci sono generi che insegnano (come i libri di testo, probabilmente i più adatti se il fine è spiegare la storia) e libri che vogliono migliorare la salute morale del lettore, ma la narrativa artistica o letteraria è qualcosa di diverso: «Anziché imporre una morale, la buona narrativa invita il lettore a creare il senso». E ancora, continua Barnett, «l’autore di libri per bambini non è affatto obbligato a insegnare, incoraggiare o spiegare. L’unica cosa che deve davvero fare è raccontare belle storie. E le storie più belle per i bambini, come le storie più belle per gli adulti, dicono la verità su cosa significhi essere umani in questo mondo».
Cosa scegliere, allora?
Penso spesso che chi non ama leggere non abbia mai incontrato il libro giusto al momento giusto. È come chi “non mangia le verdure”: se tutto quello che ti è stato proposto da piccolo sono state zucchine acquose e rape amare e da grande hai assaggiato solo l’insalata in busta, hai ben ragione: le verdure non ti piacciono. Il punto è che i bei libri, come i pomodori estivi più succulenti, vanno cercati. E non è facile trovare un libraio di fiducia, come non è facile trovare un buon fruttivendolo. Non è immediato capire quali sono i nostri gusti ed educare il palato dei nostri bambini.
Nel prossimo capitolo di questo nostro piccolo excursus letterario, aiutati da qualche esperto del settore, cercheremo di dare qualche indicazione pratica in più, in modo da evitare le fregature e scovare autentiche perle.