Mio figlio non vede un altro bambino da più di tre mesi. Da un giorno all’altro, come tutti i bambini prima lombardi e poi italiani, è stato sottratto alla sua quotidianità. Venerdì 21 febbraio è stato il suo ultimo giorno di asilo nido e non ci tornerà mai più. Non ha fatto domande, sembrava sereno di stare con i suoi genitori, e io ho pensato che stesse bene anche così
Ma che effetto gli farà non potere giocare con un coetaneo per un periodo di tempo di cui ancora non si vede la fine? Non ha fratelli né cuginetti, e con i figli di amici ancora non sappiamo se sia il caso di ritrovarsi per un “party privato”.
La libertà degli adulti, la prigionia dei bambini
A differenza degli adulti, un bambino non può decidere quali spazi di libertà prendersi. Finite le restrizioni del lockdown, io ho ricominciato a camminare in Città Alta, negli orari meno affollati. Sono tornata a Milano per lavoro. Sono andata a cena da un’amica, posso valutare se prendere un gelato o il caffè al bar. O addirittura andare in centro per l’aperitivo e mettermi nella condizione di essere accusata di “movida”.
Ma per mio figlio non è cambiato niente: non può andare a scuola, non può andare a giocare al parco (i parchi sono solo per l’attività motoria, ai giochi è tristemente impedito l’accesso), non vede altri bambini. Può andare a trovare i nonni, ma non è un’attività consigliatissima. Non sono previste in alcun modo attività sociali per i bambini, anche perché la parola d’ordine è “distanziamento sociale”.
Isolamento sociale
Ma come lo spieghi, a un bambino che deve ancora compiere tre anni, il distanziamento sociale? Ho parlato con tante psicologhe, maestre, psicopedagogiste. Mi danno risposte rassicuranti, ma banali: i bambini sono adattabili, impareranno a giocare a distanza. Ai bambini bisogna parlare, i bambini captano le emozioni degli adulti.
C’è una cosa di cui sono intimamente convinta: non c’è un modo sano per dire a un bambino di due anni e mezzo che non deve avvicinarsi agli altri bambini. Io non lo voglio fare. Sto abdicando ai miei doveri di genitore?
Sono preoccupata e arrabbiata. Le mie emozioni magari danneggiano il bambino. Ma davvero non riesco a credere che si possa chiedere ai piccoli di smettere di giocare fra loro. Forse un bambino di 10 anni, a fatica, può anche giocare rispettando le distanze sociali, ma i più piccoli no. Per loro giocare è toccarsi, scambiarsi i giochi, magari spintonarsi. Stare vicini, stare insieme. Mi sembra mostruoso portare mio figlio al parco e dirgli: “Stai lontano dai bambini, stai attento, non toccare nessuno”. Ma tanto non c’è problema: mio figlio ai giardinetti non ci vuole andare.
La paura di uscire di casa
Pensavo che stesse andando tutto bene, anche se mio figlio non ha varcato il portoncino del palazzo per due mesi. Non ha mai chiesto di farlo e ho immaginato che in questo stesse mostrando tutta la capacità di adattamento per la quale sono famosi i bambini. Ogni tanto siamo andati a correre nel corsello dei garage o nel minuscolo giardino condominiale che circonda casa, ma da quando un vicino se ne è lamentato (“Non è uno spazio per giocare”) non lo abbiamo più fatto, e lui non lo ha più chiesto.
In casa non credo si respirasse un clima di paura verso l’esterno: semplicemente non si poteva uscire e non uscivamo. Poi siamo tornati più o meno liberi e, all’inizio della Fase 2, mio marito ha portato il bambino da sua madre. La reazione è stata netta: “Non voglio uscireeee, voglio stare alla mia casaaa”, seguita da pianti. Ogni volta che suona il citofono, fosse anche il fattorino delle pizze, sussulta e si spaventa. Farlo uscire di casa è una continua contrattazione: prendiamo un gelato, ti faccio vedere le anatre, il fiume (la Morla), le macchine della Polizia. Di solito non vuole. Ma, anche se si convince, non è mai per tornare a giocare con dei bambini. Quello non si può, non c’è nemmeno bisogno di esplicitarlo. Al parco i giochi sono sbarrati da nastri bianchi e rossi: due nodi ed è stato risolto il problema dei bambini. Facile, no?
Cosa succederà a settembre?
Tra pochi mesi mio figlio compirà tre anni e a settembre dovrebbe iniziare la scuola dell’Infanzia. Non si sa come sarà organizzata e non si sa nemmeno cosa succederà questa estate. Si parla di riaprire i centri estivi, ma a partire dai tre anni. Dagli zero ai tre sembra non sia previsto nulla. Come questi centri saranno organizzati non si sa nel dettaglio. Naturalmente non è nemmeno dato sapere se ci sarà la scuola, se aprirà e come.
Si parla di mascherine, spazi all’aperto, gruppi ristretti, distanziamento sociale. Trascorrere più tempo fuori dalle classi e avere meno allievi per insegnante mi sembrano belle idee, forse utopistiche. Ma non credo sia possibile fare distanziamento sociale con bambini in età prescolare. Non sistematicamente, non per tutto il giorno o per un intero anno. Chi si immagina una cosa simile non ha presente come siano fatti i bambini piccoli. Quindi le famiglie aspettano e aspetteranno per tutta l’estate, poco sicure di trovare risposte.
I bambini invisibili
La scorsa settimana è morto un bambino, in provincia di Bergamo, schiacciato mentre cercava di recuperare dei vestiti usati da un cassonetto della Caritas. La notizia sembra provenire da un altro mondo, ma ci ricorda come – accanto ai nostri bambini con preoccupazioni più o meno da bambini – ci siano tanti minori in condizioni di difficoltà estrema.
Faceva didattica digitale il piccolo Karim, che viveva in un bilocale con altri 4 fratelli? Senza la scuola, l’oratorio, i giardinetti – tutti spazi di associazione, che fanno anche da controllo sociale – i bambini in difficoltà sono invisibili. Già lo sono i bambini più fortunati, che possono contare sugli occhi di una famiglia attenta.
Se non produci e non consumi, la tua presenza è solo un veicolo per il virus. Poco utile, pericolosa. Vale per tutti i bambini, figuriamoci per i bambini poveri, dove la povertà non è solo economica.
Perciò d’accordo: aiutateci a gestire il distanziamento sociale, inviateci nella cassetta della posta le mascherine per i bambini (al mio ne è arrivata una taglia 8 anni), sbarrate i giochi nei giardinetti. Ma non lasciamo che i bambini spariscano dai radar dell’attenzione pubblica.
(foto di Sasapin Kanka)