93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

10 ragioni per cui vietare gli smartphone a scuola è sacrosanto, ma non è abbastanza

Articolo. Dal prossimo anno scolastico i cellulari saranno banditi in classe fino alla terza media, anche per le attività didattiche. Ma i bambini smartphone e social non dovrebbero proprio averli: ne va della loro salute mentale

Lettura 4 min.

La notizia arriva da una circolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che dice che a partire dall’anno scolastico 2024/2025 i cellulari saranno banditi dalle classi delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado) , anche per le attività educative e didattiche.

Non è una grossissima novità, nella misura in cui i telefoni erano già banditi (in teoria), ma ora non si potranno utilizzare nemmeno a scopi didattici (tablet e PC invece sì). Secondo il Ministero, che cita il Rapporto Unesco 2023, l’uso del cellulare in classe, anche a scopo educativo e didattico, può incidere negativamente sul livello degli apprendimenti degli alunni.

I bambini non dovrebbero usare né tanto meno avere uno smartphone

Il grande equivoco è dare per scontato che i bambini abbiano un proprio cellulare. Perché è di bambini, al massimo preadolescenti, che stiamo parlando. La circolare, infatti, riguarda alunni dai 6 ai 13 anni e non c’è una sola buona ragione al mondo (anche se lo fanno tutti) per cui un minore di 14 anni debba possedere un dispositivo mobile personale che gli consente libero accesso alla rete. È di questo, infatti, che stiamo parlando – non di un cellulare dei primi anni 2000 con cui chiamare la mamma se l’autobus è in ritardo.

Prima dei 14 anni non si possono usare i social

Chi lo dice che prima dei 14 anni non si possono usare i social? Il Ministero dell’Istruzione? Qualche pedagogista particolarmente rigido? Un’associazione di genitori Ancien Régime? No: la legge. Il codice della Privacy italiano prevede che l’età minima per iscriversi a un social network sia di 14 anni. Chi non li ha ancora compiuti può farlo, ma solo previo consenso da parte dei genitori. Addirittura, il Regolamento Europeo (GDPR) prevede una soglia minima di 16 anni.

Vale per tutto: Snapchat, WhatsApp, TikTok, Twitch, Pinterest, Instagram, Facebook, Threads, X e qualsiasi altra piattaforma vi venga in mente. L’articolo 8 del GDPR prevede che le piattaforme si adoperino per verificare che i genitori abbiano prestato il proprio consenso nei casi di iscrizione di bambini di età inferiore ai 13 anni, utilizzando tutte le “tecnologie disponibili”. Il problema è che di solito non viene eseguito alcun controllo, e quindi tantissimi bambini e ragazzi hanno il loro profilo, anche se non potrebbero.

Vietare lo smartphone ai piccoli è una questione di sanità pubblica

Come ci ha raccontato Stefano Boati , medico e fondatore del progetto di educazione digitale «Aspettando lo Smartphone», l’esposizione precoce allo smartphone è un problema di sanità pubblica: «Gli esperti lo dicono da anni che fa male, non sta nemmeno a noi spiegare il perché. Negare lo smartphone fino a una certa età dovrebbe essere come evitare di dare lo zucchero nel primo anno di vita o mettere i neonati a dormire a pancia in su o sapere che bisogna aspettare 18 anni per prendere la patente». A scuola serve imparare a concentrarsi, mantenere l’attenzione, accettare la frustrazione, socializzare con i pari, tutte cose che lo smartphone mette in pericolo.

Lo smartphone non migliora le proprie competenze informatiche

Destreggiarsi fra le app di uno smartphone non significa avere competenze informatiche utili. Non significa essere in grado di trovare informazioni utili e corrette online, né saper compilare un foglio Excel o usare un programma di video scrittura, neppure mandare una e-mail, e tanto meno essere in grado di programmare. Cose che la scuola dovrebbe insegnare? Probabilmente sì, ma per farlo funzionano meglio i PC e i tablet già previsti dalla normativa.

Usare lo smartphone non favorisce la socialità

Come ci ha raccontato Anna Garavini , uno dei genitori impegnati nel progetto di educazione digitale «Aspettando lo Smartphone», «A chi dice che il bambino senza smartphone viene escluso dalle rete dei coetanei vorrei mostrare una qualsiasi chat di decenni: non c’è dialogo, è un semplice sterminato elenco di emoticon, gif, faccine, capace di andare avanti per ore».

Se vogliamo che bambini e ragazzini socializzino fra loro, invitiamoli a casa a fare i compiti insieme, facciamoli andare al parco, in oratorio, a fare sport. Ovunque si vedano in presenza.

Non si può insegnare a “usare bene” uno smartphone prima di una certa età

Certo, gli adulti hanno il dovere di spiegare i pericoli del bullismo, della pedopornografia, della manipolazione online. Proprio come a chi fa la patente per l’auto si spiega qual è la condotta di guida corretta per evitare incidenti. Ma, anche con tutte le spiegazioni possibili, nessuno metterebbe al volante di un’auto vera un bambino. Allo stesso modo, regalare uno smartphone a un bambino delle elementari è assurdo: non è abbastanza maturo per gestirlo. I pericoli sono infinitamente maggiori degli eventuali (quali?) benefici.

Il vero problema sono le scuole superiori

Il peccato è che lo smartphone non venga esplicitamente bandito anche dalle scuole secondarie di secondo grado, dove è legittimo che uno studente abbia il telefono, ma non che lo usi in classe. Molte scuole già prevedono il ritiro dei dispositivi all’inizio delle lezioni, ma forse un bando più esplicito a livello ministeriale sarebbe un buon segnale, anche per le famiglie. La presenza di smartphone in classe espone al pericolo di una serie di gravi violazioni, a partire da riprese non autorizzate di compagni e professori.

Salvateci dal registro elettronico

Nella circolare di Valditara anche l’indicazione di riportare i compiti scritti non più solo sul registro elettronico, ma anche sul diario cartaceo di ogni ragazzo.

Una decisione che mira a sviluppare la responsabilità e l’autonomia degli alunni nella gestione dei propri compiti, e di cui personalmente sono lietissima. Sia per ragioni egoistiche (fidatevi che ricevere un messaggio alle 23.30 con i compiti del figlio seienne è discretamente fastidioso) sia perché trovo del tutto inappropriato che un bambino debba avvicinarsi a un device elettronico per sapere che compiti fare. Che poi il registro elettronico sia uno strumento utilissimo per altre ragioni non lo metto in dubbio.

Non è una questione politica

Limitare l’uso dello smartphone fra i ragazzi e salvaguardarne la salute mentale dovrebbe essere un obiettivo bipartisan: non equivale a sostenere o meno il governo Meloni. È un peccato che su battaglie così inequivocabilmente giuste – mi viene in mente quando venne introdotto l’obbligo di mettersi il casco in moto o la legge Sirchia che vietò il fumo nei luoghi pubblici chiusi – non possa esserci un’adesione pressoché totale.

Da adulti, non dovremmo avere paura di decidere

Siamo travolti dal bisogno di compiacere, e io non sono certo una madre rigida. Nessuno è un santo, e in situazioni “estreme” come lunghi viaggi in auto o in sala d’aspetto mi capita di dare il telefono ai bambini perché vedano un cartone o facciano un giochino. Ma non dovremmo avere paura di fare un torto ai figli se decidiamo che nessuno può regalare loro il telefono fino alla terza media, o che nella chat di WhatsApp non ci possono stare, o anche solo che è scontato che a scuola il telefono non si porti. Siamo adulti, decidiamo noi, possibilmente insieme a tutta la comunità educante.

Approfondimenti