Gen Z, se il 41% dei leader punta
sul potenziale, il Cv perfetto serve?

CAPITALE UMANO. Secondo il Talent Trends Report 2025 di Randstad Enterprise, il potenziale di apprendimento è più importante dell’esperienza pregressa. Eppure, molte imprese continuano a basare le assunzioni su rigidi criteri, rischiando di perdere giovani talenti pronti a crescere e innovare

Il Talent Trends Report 2025, pubblicato da Randstad Enterprise, declinando tre macro argomenti (revisione della cultura dell’organizzazione con l’IA, priorità alla pixelizzazione del lavoro, approccio skill first) e dieci strategie per migliorare la leadership dei talenti, mostra la centralità delle competenze e del saper trattenere i giovani per poter sopravvivere nel mondo del lavoro. L’importanza delle skill e della talent retention, la capacità di trattenere i giovani, sono due dei temi centrali del mondo del lavoro, costantemente monitorati, approfonditi e raccontati dall’Osservatorio del lavoro Delta Index. Formazione e fidelizzazione del talento, sono due dei termometri che misurano la distanza che c’è oggi tra aziende e Generazione Z. La pixelizzazione del lavoro è una nuova concezione dell’organizzazione aziendale, tanto cara alla Generazione Z e vedremo perché.

Approccio skill first

Le competenze sono diventate la nuova valuta lavorativa. Secondo il report di Randstad, il 36% dei lavoratori rifiuterebbe un lavoro che non offra possibilità di sviluppo delle competenze. Sappiamo la centralità di questo aspetto per le nuove generazioni, in particolar modo per la Z, più desiderose di ampliare il proprio bagaglio culturale che di fare carriera. In Italia, il 40% delle aziende fornisce formazione alla leadership per soddisfare le esigenze che cambiano nel tempo. L’88% dei datori di lavoro sostiene di star adottando, o di aver già adottato, un modello basato sulle competenze ed il 69% ritiene che i responsabili della talent acquisition prediligeranno la mobilità interna al recruitment esterno (ITM, vedremo bene poi di cosa si tratta). Questo implica che i giovani debbano avere delle competenze di base in partenza, ma debbano poi anche poterle affinare nel tempo, per poter fronteggiare qualsiasi situazione. Infatti il 70% prevede di fornire ai dipendenti formazione o reskilling per soddisfare le mutevoli esigenze aziendali.

Secondo il report di Randstad, per rimanere competitive, le aziende devono dare priorità al reskilling della forza lavoro, focalizzarsi sulle competenze invece che sui ruoli professionali. A livello globale, il 66% dei datori di lavoro prevede di fornire ai dipendenti opportunità di reskilling. Quando si assume un giovane, per il 41% dei leader d’azienda, è fondamentale il potenziale di apprendimento. Contano anche ambizioni e motivazione. Il 79% dei leader d’azienda afferma di fornire formazione ai responsabili sulle competenze trasversali. Randstad dedica una grande porzione all’IA e, a livello globale, secondo l’82% delle aziende, facilita reskilling ed upskilling per soddisfare le esigenze emergenti. Il 46% si è affidato alla tecnologia per identificare lavoratori con competenze specifiche per le opportunità di mobilità interna. Nonostante però le premesse siano rosee per un maggior rafforzamento delle competenze, l’opinione dei lavoratori, che per il 72% apprezza la formazione e per il 70% dà priorità al progresso, è diversa: meno della metà crede che i propri datori di lavoro investiranno davvero nell’apprendimento continuo, in particolare in IA e tecnologia.

Come si possono formare i giovani

Se è importante formare i giovani, è utile chiedersi come questo possa avvenire. L’intelligenza artificiale, secondo il report di Randstad, offre delle possibilità. «L’IA amplierà e accelererà radicalmente il concetto di apprendimento nel flusso di lavoro. I dipendenti saranno supportati, con un approccio just-in-time, nello sviuppo delle competenze e questa diventerà una pratica costante e continua» commenta Melissa Gee Kee, Chief Talent, Development and People Analytics Officer di Unilever (multinazionale brittanica di beni di consumo).

Il 53%, a livello globale, dei dirigenti d’azienda afferma di avere in programma di aumentare gli investimenti in formazione e sviluppo e si concentrerà molto di più sul rafforzamento delle competenze nel prossimo anno. Il 70% ha incrementato il budget per l’apprendimento nell’ultimo anno. Per la Generazione Z, la formazione continua è una condizione imprescindibile nel mondo del lavoro moderno

Il 53%, a livello globale, dei dirigenti d’azienda afferma di avere in programma di aumentare gli investimenti in formazione e sviluppo e si concentrerà molto di più sul rafforzamento delle competenze nel prossimo anno. Il 70% ha incrementato il budget per l’apprendimento nell’ultimo anno. Per la Generazione Z, la formazione continua è una condizione imprescindibile nel mondo del lavoro moderno ed una ricerca di Forbes lo rileva. Per il 49% delle aziende intervistate da Forbes, la formazione aziendale è importante soprattutto come leva per attirare e coinvolgere i talenti più giovani. Le nuove generazioni, infatti, manifestano la maggiore esigenza di formazione, con una marcata preferenza per un approccio flessibile all’apprendimento continuo e il bisogno non solo di formarsi sulla teoria, ma di applicare concretamente quanto appreso.

Se l’IA offre sicuramente un aiuto, nel creare contenuti e programmi di formazione personalizzati, anche i rapporti con le scuole e gli atenei sono fondamentali. Un’interessante articolo de Il sole 24 ore racconta di come sempre più aziende stiano creando delle academy per formare giovani disoccupati e poter dar loro le competenze necessarie per l’ingresso nel mondo del lavoro.

Preoccupa la talent retention

Secondo Randstad, l’aumento dell’età dei lavoratori, il calo della partecipazione alla forza lavoro, la disoccupazione giovanile e la riduzione dei tassi di natalità, stanno creando una carenza globale dei talenti. Il 32% dei dirigenti d’azienda ritiene che la carenza dei talenti sia la principale complessità o abbia effetti negativi sul business. Se le aziende ritengono che ci siano pochi talenti ’a disposizione’, in un contesto di forte turnover e pensionamenti, è obbligatorio imparare a far sì che il giovane talentuoso non scappi altrove.

L’88% delle aziende esprime preoccupazione in merito alla talent retention. Il 93%, quest’anno, dedicherà la stessa, o una maggiore attenzione, proprio a questo aspetto. Fondamentale è una valutazione corretta, in fase di assunzione, dei talenti che ci troviamo davanti: l’85% dei dirigenti d’azienda ritiene che la fidelizzazione della forza lavoro e la prevenzione dei licenziamenti dipenderanno dai responsabili dell’acquisizione dei talenti

Saper trattenere i giovani è uno dei quattro focus dell’analisi dell’osservatorio Delta Index. Quest’anno, lo dice Randstad, le aziende sono più orientate alla fidelizzazione del personale. L’88% delle aziende esprime preoccupazione in merito alla talent retention. Il 93%, quest’anno, dedicherà la stessa, o una maggiore attenzione, proprio a questo aspetto. Fondamentale è una valutazione corretta, in fase di assunzione, dei talenti che ci troviamo davanti: l’85% dei dirigenti d’azienda ritiene che la fidelizzazione della forza lavoro e la prevenzione dei licenziamenti dipenderanno dai responsabili dell’acquisizione dei talenti.

Come trattenere i giovani

Se è importante trattenere i giovani, è fondamentale avere i mezzi e le conoscenze per farlo. Innanzitutto serve sapere che, per la Generazione Z, contano la possibilità di un apprendimento continuo, il clima aziendale, la possibilità di avere il giusto bilanciamento tra lavoro e vita, la condivisione con l’azienda di valori. Non conta più la carriera, da cui sempre più giovani fuggono perchè la leadership crea stress. Trattenere i giovani in azienda non è più una questione di soldi o di promozione. Ai giovani interessa potersi formare in continuazione, in hard e soft skill. Questo si collega ad uno dei tre macrotemi analizzandi da Randstad: oltre all’approccio skill first ed all’utilizzo dell’IA, la pixelizzazione del lavoro può aiutare le aziende nel trattenere i giovani.

La pixelizzazione del lavoro

La pixelizzazione del lavoro si rifà all’idea di ragionare per attività e competenze, non più per mansioni, optare per un mondo del lavoro agile, dove tradizionali ruoli a tempo pieno sono frammentati. L’87% dei leader d’azienda afferma che le proprie strategie relative al personale sono più focalizzate che mai sull’agilità della forza lavoro. Il 46% sostiene che creare una forza lavoro più fluida e flessibile è una priorità assoluta ed il 45% utilizzerà l’IA per pianificare le risorse e scegliere una combinazione ottimale di diverse modalità di lavoro.

Le aziende ottengono una distribuzione più efficiente delle risorse. Questo modello incentrato sulle attività aumenta la soddisfazione e la crescita personale dei talenti. Insomma, quello che cerca la Generazione Z. E questo permette alle aziende di adattarsi alle diverse esigenze e migliorare le prestazioni. In sintesi, vincono tutti, aziende e giovani. Secondo Randstad, il polyworking, un modello di lavoro flessibile, ha un ruolo essenziale nell’attrarre e fidelizzare risorse diversificate. I giovani vogliono trovare il giusto bilanciamento tra lavoro e vita privata: Randstad ci dice che Unilever ci sta riuscendo, adottando modelli di lavoro alternativi per trattenere ed attirare talenti, modelli che permettono la flessibilità necessaria per bilanciare gli impegni personali.

Una novità importante: gli ITM

Gli ITM, i mercati interni di talenti, sono considerati tra le principali innovazioni emergenti. Agevolano la mobilità interna, abbinando i talenti a progetti, incarichi ed opportunità di mentoring. La mobilità interna è preferita ora al recruitment esterno. Le competenze sono al servizio delle esigenze organizzative e vengono evitati i licenziamenti. Il 59% dei dirigenti d’azienda prevede di aumentare, quest’anno, gli investimenti nella mobilità interna, fino a venti punti in più rispetto al 2016.

Conclusione

La Generazione Z sta definendo i contorni di un nuovo mondo del lavoro ed è fondamentale che le aziende riescano ad allinearsi per sopravvivere e Randstad lo conferma: l’approccio skill first non è un’opzione, ma una necessità. Questo approccio migliora la visibilità delle competenze all’interno dell’organizzazione, aiutando ad identificare carenze. Le aziende che non prevedono upskilling o reskilling rimarranno molto indietro rispetto alla concorrenza. La formazione, un approccio basato sulle competenze, la possibilità di ampliare il proprio bagaglio culturale, sono tra le questione che stanno a cuore ai talenti della Generazione Z e se preoccupa l’idea di poter perdere i giovani, se ci si ingegna per migliorare la fidelizzazione del talento, questi sono ovviamente aspetti da tenere in considerazione. Aspetti che, comunque, secondo Forbes, migliorano anche l’attrattività di un’azienda verso le giovani generazioni. Nuove generazioni di cui, in fase di assunzione, va capito il potenziale, quel che in quel momento non si vede, ma c’è. Insomma, tutto quel che serve per poter sopravvivere nel nuovo mondo del lavoro, sembra essere qui dentro.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index

© RIPRODUZIONE RISERVATA