Leadership tossica e zero welfare:
nessun futuro. E si perdono i giovani

CAPITALE UMANO. La Generazione Z non cerca solo un lavoro, ma un senso. I dati Hays e l’analisi dell’Osservatorio Delta Index raccontano un mercato in trasformazione, dove attrarre non basta: bisogna evolvere

La fotografia del mercato del lavoro italiano secondo Hays: candidati più consapevoli, aziende in affanno. Generazione Z e lavoro: tra ambizione, welfare e nuovi modelli di leadership, il rischio è un mismatch culturale prima ancora che di competenze. La sfida delle imprese non è più solo attrarre giovani talenti, ma comprenderli a fondo. Un compito sempre più urgente; soprattutto di fronte alla Generazione Z, che porta nel mondo del lavoro una visione diversa del tempo, del benessere e della carriera. Ed è proprio in questa direzione che si muove l’Osservatorio Delta Index; nato per leggere il mercato del lavoro in chiave Gen Z e intercettare segnali per orientare le imprese a diventare davvero attrattive per i lavoratori under 27.

Il nuovo mindset dei professionisti italiani

La ricerca condotta da Hays, società specializzata nella selezione del personale restituisce uno spaccato prezioso: in un contesto in cui il 59% dei professionisti italiani si dichiara aperto a nuove opportunità lavorative, emergono indicatori chiave sulla trasformazione delle aspettative, sulla ricerca di stabilità e sul ruolo del benessere in azienda. Temi trasversali, ma oggi ancora più centrali per una generazione che rifiuta la retorica del sacrificio e chiede alle aziende un patto più trasparente, equo e coerente.

Retribuzione vs benessere: cosa conta davvero

Se un tempo la sicurezza era il valore dominante nella scelta lavorativa, oggi il motore è l’ambizione: il 42% dei professionisti italiani sta attivamente cercando un nuovo impiego e il 71% si dichiara aperto a valutare nuove opportunità. Di contro, però, le aziende faticano a stare al passo. La pandemia ha accelerato una trasformazione già in corso, ma oggi è chiaro che la partita non si gioca più solo sullo stipendio. La retribuzione rimane certamente importante, anzi, è la prima causa di insoddisfazione (42%), ma non è più l’unico criterio di valutazione. I dati Hays lo dimostrano: quasi un professionista su due è pronto a rinunciare a parte dello stipendio in cambio di maggiore equilibrio vita-lavoro.

Il divario tra aspettative e risposte aziendali

Le aziende, però, non sembrano aver recepito il messaggio. Difatti, solo il 32% dei datori di lavoro intervistati si dichiara disposto a migliorare i benefit per attrarre candidati, e appena il 16% considera il welfare un fattore chiave per trattenere i talenti. «Le aziende stanno iniziando a percepire che l’attrattività dei migliori candidati non passa più attraverso la sola proposta economica», osserva Alessio Campi, People & Culture Director di Hays Italia. «Oggi esistono molti aspetti che vengono valutati attentamente: welfare, flessibilità, benefit, gestione della genitorialità. Tutto ciò non deve essere visto come un’azione necessaria perché di moda, ma come un fondamentale strumento di attrattività e soprattutto retention».

Giovani talenti e nuove esigenze

Il divario tra aspettative e risposte aziendali si allarga. E rischia di penalizzare proprio le imprese: il 75% delle aziende ha dichiarato difficoltà nel reperire profili adatti. E non è solo questione di competenze, ma anche di linguaggi, visioni, approcci.

I giovani professionisti sono più disposti a cambiare città, a lavorare da remoto, a confrontarsi con modelli organizzativi fluidi. Le aziende che non aggiornano le proprie politiche rischiano di perdere competitività. La flessibilità lavorativa, ad esempio, è garantita da appena il 48% delle aziende, ma è richiesta da oltre il 70% dei candidati

I giovani professionisti sono più disposti a cambiare città, a lavorare da remoto, a confrontarsi con modelli organizzativi fluidi. Le aziende che non aggiornano le proprie politiche rischiano di perdere competitività. La flessibilità lavorativa, ad esempio, è garantita da appena il 48% delle aziende, ma è richiesta da oltre il 70% dei candidati. Anche sul fronte della diversity e dell’inclusione l’Italia resta indietro: solo il 44% dei professionisti si ritiene rappresentato e quasi un terzo dichiara di aver subito discriminazioni sul luogo di lavoro.

Segnali di cambiamento nelle imprese

Secondo Campi, però, qualcosa si sta muovendo: «Esistono oggi numerosi esempi di grandi e piccole aziende che applicano politiche orientate al benessere. Il punto interessante è che non si tratta più, quindi, solo delle grandi multinazionali che replicano schemi consolidati all’estero, ma anche di PMI che attuano azioni concrete e specificamente calate nella realtà produttiva locale. Pensiamo ad aziende che forniscono assicurazioni mediche integrative, supporto psicologico o formazione dedicata. È un segnale che il cambiamento sta iniziando a radicarsi». Non mancano infatti segnali positivi: il 76% delle aziende prevede nuove assunzioni nel 2025 e cresce la consapevolezza sul valore della formazione. In questo contesto, Hays si propone come attore attivo di trasformazione. «Il lavoro che Hays si propone è quello di agire sul cambiamento della cultura aziendale, focalizzandosi sull’effettivo rendimento delle iniziative inerenti al benessere dei dipendenti», spiega Campi. «Un fattore spesso sottovalutato è il costo ‘sommerso’ del ricambio aziendale: molte dimissioni comportano alti costi di produttività, aumento delle retribuzioni per i nuovi assunti, spese di formazione e peggioramento del clima interno. Agire in anticipo non è solo un’azione meritoria, ma un’importante leva strategica per il successo aziendale».

Conclusione: un’Italia pronta al cambiamento

Quello che emerge, dunque, dalla ricerca Hays è un’Italia pronta a cambiare. La sfida è tra generazione z e lavoro. Ma servono aziende che sappiano accompagnare questo cambiamento. Che imparino a leggere il tempo presente e ad investire sulle persone, prima che sulle posizioni. Perché il futuro del lavoro non sarà deciso solo dalle tecnologie, ma dalla capacità di evolversi insieme.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index

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