Cultura e Spettacoli
Venerdì 31 Maggio 2019
Una bergamasca agli Uffizi di Firenze
Le opere rinascono con le narrazioni
Maria Grazia Panigada ha curato il progetto «Fabbriche di Storie», 12 capolavori raccontati in percorsi narrativi dai nuovi cittadini di Firenze e dagli operatori museali.
«”La Primavera” mi ha incantato, la bellezza incontaminata della natura mi ha riportato alle origini, alla spiritualità della mia Africa, alle donne che si riunivano in cerchio una volta all’anno per una danza propiziatoria quando il mio villaggio era illuminato dalla Luna piena». Kuassi Sessou, originario del Benin, nella sua veste lunga e bianca, sta in piedi fiero accanto al capolavoro di Botticelli e racconta la sua scelta. Kuassi è uno dei nove nuovi cittadini di Firenze, immigrati di prima e seconda generazione che insieme a quattro operatori museali degli Uffizi hanno partecipato alla realizzazione del progetto «Fabbriche di storie». A loro è stato chiesto di scegliere un’opera e poi di scrivere un racconto, intrecciando la propria storia personale alle suggestioni suscitate dal dipinto: ne è scaturito un’audio-percorso emotivo che è possibile trovare su Spotify e sulle maggiori piattaforme di podcast.
Un progetto innovativo che ha un’impronta bergamasca molto forte, una delle due curatrici è Maria Grazia Panigada, direttrice artistica della stagione teatrale della Fondazione Donizetti e narratrice museale. Insieme a Simona Bodo, per un anno intero ha lavorato, cesellando, ricamando, sfoltendo e dando armonia ai testi. «Spesso le sale dei musei accolgono sguardi frettolosi, troppe cose da vedere in poco tempo» spiega Panigada. «Questo progetto ha messo al centro il regalarsi del tempo. Siamo stati tanto davanti alle singole opere; un tempo lungo, prezioso e condiviso. Ovviamente la conservazione e il restauro sono necessari, ma credo che anche il nostro sguardo e poi quello dei visitatori sia un modo di prendersi cura delle opere, con questo progetto lo abbiamo fatto».
I percorsi narrativi, infatti, sono stati realizzati in tre versioni, una breve (8 minuti circa), una lunga sia in italiano sia in lingua originale, che dura circa 16 minuti. Un tempo che permette di entrare in connessione profonda con il dipinto e di liberare le emozioni che stimola in ciascuno di noi. «Spesso la gente pensa alle opere d’arte solo come materiale di e per la storia dell’arte» aggiunge Eike Schmidt direttore degli Uffizi, «ma le opere, soprattutto i capolavori, hanno dimensioni molto più vaste e valenze personali ed emotive che riguardano ognuno di noi. Qui arrivano visitatori da oltre cento Paesi diversi e ognuno ha una prospettiva unica sulle opere. Per attivare il senso di “che cosa rappresenta un’opera d’arte per me”, può aiutare molto vederla con gli occhi non soltanto di un’altra persona, ma di un’altra cultura». Ed è qui che sta il coraggio di uno dei più importanti musei del mondo, che non ha avuto paura di «contaminare» le opere con i racconti e di includere lo sguardo dei cittadini.
Ascolta e guarda uno dei racconti.
Le storie sono state lette da grandi attori del teatro italiano che hanno prestato la loro voce gratuitamente: Lella Costa, Marco Paolini, Ottavia Piccolo, Marco Baliani, Arianna Scommegna, Lucilla Giagnoni, Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, Maria Paiato, Paola Roscioli, Laura Curino, Micaela Casalboni e Giulia Lazzarini. La loro interpretazione è stata arricchita da una sonorizzazione preziosa curata dal teatro dell’Argine di Bologna, mentre la musica della «Primavera» è di Gabin Dabirè.
Tra i dipinti scelti quattro opere del Botticelli, «Sant’Anna Metterza» di Masaccio e Masolino, l’«Allegoria sacra» di Giovanni Bellini, le «Adorazioni dei Magi» di Domenico Ghirlandaio e di Gentile da Fabriano, oltre alla «Testa di uomo anziano» di Camillo Boccaccino, «Liberazione di Andromeda» di Piero di Cosimo, la «Sacra Famiglia» di Luca Signorelli e la «Tebaide» di Beato Angelico. Gli autori dei racconti sono Diana Kong (Cina), Lina Callupe (Perù), Magdy Hassan (Egitto), Sofia Sessou (Italia/Benin), Samira Lahane (Marocco), Seyed Mohammad Aletaha (Iran), Zeinab Kabil (Egitto); Eliana Caputo (Italia).
«C’è stato un intreccio incredibile di storie di persone. Un percorso di bellezza e di umanità» conclude Simona Bodo. «Il patrimonio deve essere “prossimo” e deve essere fatto risuonare con la vita delle persone».
Da oggi i dodici capolavori indossano un vestito nuovo che li rende ancora più belli e suggestivi e grazie alla tecnologia non c’è bisogno nemmeno di andare agli Uffizi. Le storie si possono ascoltare da casa immergendosi nel racconto di fronte a una foto del dipinto.
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