Un saccheggio durato due secoli
Le colonne di Astino in altri palazzi

«Ciò che avrebbe dovuto essere conservato e reimpiegato in Astino dopo la distruzione dell'ala orientale del chiostro, fu illegalmente asportato, e forse venduto, e riutilizzato in dimore private di cittadini bergamaschi».

«Ciò che avrebbe dovuto essere conservato e reimpiegato in Astino dopo la distruzione dell'ala orientale del chiostro, fu illegalmente asportato, e forse venduto, e riutilizzato in dimore private di cittadini bergamaschi».

Ma la storia non è finita perché, «se si seguissero le indicazioni tracciate nella corrispondenza infinita tra Ospedale, Soprintendenza, Ministero, Commissione provinciale per i monumenti, Prefettura e l'affittuario, oggi saremmo in grado di verificare che alcune delle colonne di marmo rosso opera del Belinzeri, artista del '400, si trovano in un palazzo di via Masone e capitelli, fregi e altro materiale artistico in alcune case sui colli di Bergamo».

Una storia di asportazioni dal patrimonio artistico del convento di Astino, ricostruita, tra l'altro, nella mostra «Che fine ha fatto Astino», organizzata per le Giornate Europee del Patrimonio da Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti e Archivio di Stato di Bergamo, che si apre oggi nel Salone dell'Ateneo, via Tasso, 4.

«Attraverso i registri degli atti dei notai che rogarono ad Astino, scelti da Gianmario Petrò» spiega la presidente dell'Ateneo, Maria Mencaroni, «scopriremo notizie quattrocentesche riguardanti interventi architettonici e artistici all'interno del convento, che confronteremo con antiche foto dei luoghi, fornite da Maddalena Fachinetti Maggi e Giuseppe Sangalli, eloquenti testimonianze di scelte e azioni distruttive, ai limiti dell'illegalità, fatte all'inizio del '900».

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