Un museo senza pareti nè confini
Per i bambini a Bergamo nasce il MuBe

«Un museo immaginario si crea nella fantasia e nelle tasche dei bambini». Una frase che racconta il Mube di Bergamo, nuovo museo itinerante dei bambini del nostro territorio. Che non ha sede ma tante storie da raccontare senza bisogno di uno spazio fisso perché «per far cultura si può essere ovunque, specialmente dentro noi stessi».

Il MuBe ha il sogno e l’immaginazione, e in questi mesi ha iniziato a farsi conoscere attraverso i tanti laboratori organizzati. A tenerlo sempre in moto sono Caterina Francolini, insegnante di Scienze in un liceo di Bergamo, educatrice all’Orto Botanico ma anche organizzatrice di laboratori di zooantropologia didattica, insieme a Simona Bottacchiari, imprenditrice con una laurea in Scienze Naturali. «Il progetto è nato lo scorso ottobre proprio come realtà itinerante – spiega Francolini -. Un museo senza sede né pareti per dare vita a molteplici spazi dove fare cultura in maniera trasversale, attraverso relazioni e interazioni». C’è l’arte e c’è anche la natura, ci sono la fantasia, le storie, la scienza. C’è tutto un mondo fatto di molteplici sfaccettature.

Il tutto per creare corsi e laboratori che negli scorsi mesi sono passati dall’Orto Botanico fino alla Scuola Imiberg e Lilliput, dallo Spazio Cam di via San Tomaso al Sentierone, durante la settimana di Bergamo Incontra. «Abbiamo anche coinvolto l’Istituto Fantoni di Bergamo: uno studente di 16 anni ha realizzato il nostro logo e ora alcune ragazze stanno programmando il nostro sito web». Intanto il MuBe è attivo in Fb e Instagram (MuBe per trovarlo sui Social, la mail è [email protected]) e continua nella sua crescita didattica, che ha fatto rete con il territorio: «In particolare attraverso la nostra filosofia del recupero: tutti i nostri laboratori sono realizzati con materiale di scarto che arriva da aziende e realtà della Bergamasca» continua Francolini. Ci sono bobine, legni, tessuti, pannelli e “parti” della natura: foglie, ramoscelli, sassi.

«Seguiamo la pedagogia del bosco, itineranti nella natura, alla scoperta del mondo che ci circonda. I bambini imparano facendo: l’obiettivo non è il risultato, ma il processo – spiega -. Il nostro sarà un approccio partecipativo e multisensoriale: ogni laboratorio sarà proposto come un’esperienza da vivere, divertendosi». La metodologia è «hands-on», con un approccio multisensoriale, tipico dei musei interattivi: «L’apprendimento così è sociale ed emotivo, non prevede l’assimilazione passiva delle informazioni e il bambino agisce direttamente percependo l’ambiente attorno a sé». Ci si allontana così dalla «consegna scolastica», dalle «regole predefinite e uguali per tutti: non c’è un giusto o uno sbagliato, ma ci sono strade da percorrere e sperimentare, modelli da vivere».

Non quello che si dice, ma quello che si fa, in percorsi attivi che nei prossimi mesi coinvolgeranno il territorio: «A settembre organizziamo “Coltivare la meraviglia” – annuncia Francolini -: un ciclo di incontri, per grandi e piccini, in cui converseremo sul concetto di meraviglia, oltre che praticarla. Jacques Cousteau diceva che “la felicità è conoscere e meravigliarsi». Nella Sala Viscontea, nel passaggio della Torre di Adalberto in Città Alta, e nello sfondo della Valle della Biodiversità ad Astino, parleremo del concetto di meraviglia, che nasce nel bambino, ma che può, e deve restare nell’adulto, per permetterci di conoscere la felicità”. Quel misto di timore e curiosità, che diventa stimolo per conoscere e per stabilire un nesso tra la cosa sorprendente e quanto si conosceva già: «Subentrano funzioni cognitive superiori: una volta rimasti a bocca aperta, si apprende qualcosa, e in fretta, afferma il fisiologo Antonio Malgaroli. Ecco che per stupirci andremo alla scoperta di modo di vedere ed interpretare la realtà molto personali: dalle fotografie suggestive di Silvia Alessi, alle conversazioni con la critica d’arte Manuela Quarti, ad esercizi pratici e teorici con l’architetto Mao Fusina» spiega Caterina Francolini.

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