Sgarbi e la cultura a Bergamo:
«Donizetti, restauro senza chiusura»

Dire, in questi «mala tempora», che l’Italia è un paese ricco può suonare provocatorio. Ma Vittorio Sgarbi, introducendo il suo ultimo libro, «Il tesoro d’Italia», allude alla incontrovertibile, ovvia, e tuttavia tanto spesso calpestata ricchezza di tesori d’Arte.

Dire, in questi «mala tempora», che l’Italia è un paese ricco può suonare provocatorio. Ma Vittorio Sgarbi, introducendo il suo ultimo libro, «Il tesoro d’Italia» (Bompiani, 2013, pp. 300, euro 22), allude alla incontrovertibile, ovvia, e tuttavia tanto spesso calpestata ricchezza di tesori d’Arte.

Il critico presenta il suo libro lunedì 7 aprile, ore 18, alla Galleria Ceribelli (via San Tomaso, 86). Che, in inedita collaborazione con il Premio Narrativa Bergamo, organizza l’incontro. Nonostante gli abbiano appena rubato, racconta, nel trasloco da una casa all’altra a Roma, un bellissimo dipinto di Gianfranco Ferroni, del 2000 o poco prima, accetta di parlare dell’incontro e di Bergamo. Che Ferroni scelse come città d’elezione.

Cosa pensa della politica culturale bergamasca.

«Tra le cose che vanno fatte per Bergamo: c’è un monastero quattrocentesco meraviglioso, a Ripa di Albino: una prova di come i lavori pubblici siano intesi sempre come idiozie e mai come restituzione di ciò che il passato ci ha dato ed è in abbandono. Sarebbe opportuno che il nuovo ministro, la Regione - ne parlerò con Maroni - si occupassero di edifici storici di questa importanza. Per converso bisognava sventare la minaccia di una speculazione edilizia, una serie di appartamenti ad Almenno San Salvatore, in prossimità della chiesa, che poi, fortunatamente, non sono stato fatti».

Il riallestimento della Carrara?

«Non penso niente. Ho visto la Carrara mesi fa, era già pronta. Vedo, come sempre nelle cose pubbliche, una lentezza sfinente nell’allestimento, che io avrei fatto in quattro giorni. L’avrei voluto di Roberto Peregalli che, quando ero assessore a Milano, ci ha fatto il Museo del Risorgimento. Invece hanno scelto altro. Non ho altri dati. Immagino che non sarà bello. Però, aspettiamo e vediamo».

Il restauro del teatro Donizetti?

«Molti degli interventi fatti nei teatri sono modi per buttar via i soldi. Tanti teatri potrebbero rimanere come sono, salvo gli adeguamenti per la sicurezza e l’agibilità delle scene. Per come lo ricordo, il Donizetti per fare prosa potrebbe andare benissimo com’è. Sarei per un restauro minimo necessario, se possibile senza chiusura».

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