Maximilian, il nuovo album di Gazzè
«Un uomo fuori dal tempo» - Video

«Maximilian», il nuovo album di Max Gazzè, è uscito il 30 ottobre a due anni di distanza dal precedente «SottoCasa». Un album molto curato nelle parti musicali, nei suoni sintetici.

Niente a che fare con «Le dame, i cavalier, l’arme, gli amori…»: «Maximilian», affacciato in copertina in abito settecentesco, è solo l’alter ego di Max Gazzè, il fantasma sperimentale del cantautore romano.

L’album in questione è sinteticamente pop, stratificato nei suoni, nelle parole, nei fonemi che si confondono con la musica. La ricerca fa persino venire in mente il gioco favorito delle canzoni «elettroniche» dell’ultimo Battisti, quello che ancora non abbiamo capito del tutto. Qui però l’insieme è facile, almeno in apparenza: le canzoni scorrono subliminali. Gazzè dopo la fortunata parentesi a tre con Silvestri e Fabi, torna in sé con un disco che fa la differenza.

«Maximilian è un personaggio che vive oltre le barriere del tempo. È collocato lì con il suo abito d’epoca in un ambiente 2.0, completamente estraneo. Mi piace immaginare che viva nel passato, nel presente e nel futuro e dunque che il procedere del tempo sia un’illusione. Immagino il tempo in un asse verticale in cui tutti i tempi convivano contemporaneamente, nello stesso spazio, su frequenze diverse ahimè. Maximilian ha un’anima diversa da Max Gazzè, si stacca da lui, e sperimenta delle cose. Inizialmente era il nome che volevo dare all’artista che avrebbe fatto sperimentazioni con dei sintetizzatori modulari, con le frequenze, le forme d’onda. Una sorta di ricercatore del suono alle prese con gli alambicchi elettronici. Un fabbricatore di suoni. All’inizio era questo il progetto Maximilian. Poi il fantasma si è palesato e sono arrivate anche le canzoni pop. In fondo quel personaggio comprende tutte le mie parti: il Gazzè musicista, cantante, strumentista, compositore, arrangiatore, e anche sperimentatore».

Le canzoni sono squisitamente pop, ma la sperimentazione sintetico-elettronica emerge chiaramente dal disco, anche se il finale è classico-orchestrale. «Anche il brano più pop, il singolo che gira in radio, “La vita com’è”, ha al suo interno tanti suoni creati con i sintetizzatori. Ho usato i software che usano i Kraftwerk. Sono macchine complicatissime. Ho impiegato mesi a scaricare e a inventarmi suoni, usando anche i sintetizzatori degli anni Settanta, i Mini Moog, l’Ms20 e altri generatori di suono».

Parole e musica hanno una stratificazione molto lavorata. Spiega Gazzè: «Sono sempre attento alla produzione e all’arrangiamento. Mi piace capire e far capire il senso degli strumenti insieme. Si parte dalla ricerca e poi quei suoni, i fonemi, diventano canzoni. A volte partendo da un testo costruisco intorno l’architettura armonica. Seguo il disco dalla prima nota all’ultima equalizzazione della masterizzazione. Sono diventato un super esperto di onde e frequenze».

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