Mannoia, il recital dei 60 anni
emoziona i bergamaschi al Creberg

Gli anni e le canzoni, i passaggi di una vita artistica che ha regalato tante soddisfazioni a Fiorella e tante emozioni ai suoi fan.

Il Creberg Teatro risponde con affetto e calore al concerto antologico della Mannoia: l’idea di ripercorrere 46 anni di musica tra la leggerezza degli inizi e le canzoni ingombranti dei cantautori. Un viaggio privilegiato che Fiorella ricorda con riconoscenza. Lei sa che è un privilegio interpretare certe emozioni, ricondurre a sé certe canzoni, per poi restituirle come se avessero un’altra maternità.

Fiorella è brava, lo è stata quando era ragazzina, e quando si piantava al centro del palco, quasi ieratica, alle prese con le «poesie» dei cantautori. Fossati, De Gregori, Ruggeri, Vasco hanno dato linfa al suo repertorio, hanno scritto per lei. E lei a volte sembrava legnosa, quasi dovesse manifestare pubblico rispetto a quei contenuti. Ora è sciolta, libera, vogliosa di rivivere un canzoniere che la rappresenta a pieno, in attesa di un altro disco, e qualche pezzo scritto di suo pugno.

All’inizio del concerto una vecchia tv manda immagini in bianco e nero, mentre una voce fuori campo annuncia l’arrivo di una quattordicenne cantante romana. Siamo al Festival di Castrocaro, è il 1968. Fiorella come allora guadagna il palco e canta «Un bimbo sul leone» di Celentano. Tutto inizia da lì, anche il recital dei sessant’anni. È solo la partenza di un concerto appena didascalico, in quattro movimenti e due tempi, con l’alternanza dei look che hanno segnato le stagioni. «Non ho paura di cantare le canzoni altrui - spiega -, quando mi emozionano la firma non conta». Non ha il complesso della cover, Fiorella.

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