Nozze d’oro con l’arte per Luigi Giliberto. L’artista bergamasco quest’anno festeggia mezzo secolo di carriera artistica avviata a metà Anni Cinquanta. Nato il 9 novembre 1938 a Bergamo, ha iniziato le sue prime esperienze pittoriche in via Camozzi in un laboratorio pittorico e proprio la sua ultima esposizione si è tenuta in anni recenti nella sala espositiva Camozzi dell’Amministrazione Provinciale. Giliberto in realtà si è scoperto pittore nel 1956 (anche se già a 13 anni si dilettava con tecnica e colore), l’anno dopo ha partecipato alla sua prima collettiva di artisti bergamaschi a Palazzo della Ragione. Lo sky line di Città Alta (il simbolo di Bergamo più votato dai navigatori del nostro sito www.ecodibergamo.it) è da sempre il leit motiv di numerose sue opere. Vedutista e paesaggista dal tratto sicuro ed efficace, Giliberto vanta un’ampia produzione artistica: paesaggi bergamaschi (e non), panoramiche degli alpeggi a Vilmaggiore, visuali della Presolana, della Val di Scalve.
Da sempre la pittura di Giliberto è inglobata dalla critica nei canoni di un percorso timbrato dal marchio novecentista-paesistico. Tuttavia la sua opera merita una rilettura più approfondita per tentare di scorgere quasi in filigrana i segreti di un percorso pittorico, posto sì nel solco di tanti maestri bergamaschi, ma che ha saputo proporre elementi nuovi. E il percorso di Giliberto appare sempre lineare e coerente, i suoi quadri - mai ripetitivi - sono un crogiolo di sentimenti e di stati d’animo. Nel corso degli anni Giliberto si è distinto in mostre alle quali hanno preso parte anche grossi nomi dell’arte. Sul tavolo dello studio sfoglia un catalogo del 1972: «E’ una delle mie più grandi soddisfazioni. Guardi qui: il mio nome accanto a quelli di Guttuso, Cassinari, Brindisi, Tozzi».
Autodidatta sempre alla ricerca di nuovi orizzonti, Giliberto – che ha lo studio in via Maironi da Ponte 33 a Bergamo – per un breve periodo si è trasferito anche in Spagna, a Granada e a Siviglia. «E’ stato un viaggio dal quale sono scaturite altre opere – dice l’artista bergamasco -, quegli orizzonti, quelle lande desolate e bruciate dal sole, e poi le case bianche hanno ispirato una ricerca cromatica nuova».
Vedutista doc, Giliberto per la critica vanta una sorta di affinità elettive con Ernesto Quarti Marchiò o Sandro Pinetti, in realtà il suo tratto si distingue per abilità costruttiva e accostamento cromatico: quasi un marchio che da cinquant’anni timbra le sue opere. E ora in Giliberto prevale un po’ di nostalgia guardando il passato. Tagliato il traguardo di mezzo secolo d’arte, per una scelta personale afferma di non volersi legare ai galleristi per la divulgazione della sua opera. Una sorta di gelosia artistica? «Non è così – conclude -, il mio studio è aperto a tutti, a chi apprezza la mia arte e anche a chi vuol semplicemente dialogare con me per conoscere più da vicino il mio lavoro».
(04/02/2006)
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