Cultura e Spettacoli / Bergamo Città
Martedì 17 Gennaio 2017
La tomba dello scriba torna a Bergamo
Da aprile le visite - Ecco come
Dopo dieci anni di prestito a Palazzo Te di Mantova, è tornato a Bergamo il sarcofago di Ankhekhonsu, un reperto archeologico egizio di tremila anni fa.
Il sarcofago fu donato nel 1885 dal console d’Italia Giovanni Venanzi, che lavorò ad Alessandria. Ora, dopo le esposizioni del 1997 e del 2002, la «custodia» di tanti segreti egizi tornerà a essere visibile a Bergamo: un percorso museale sarà allestito in primavera.
I reperti della collezione egizia di Bergamo sono il frutto di raccolte avvenute nel corso dell’800, sotto la spinta di una pratica assai diffusa in Europa e della passione per le antichità egiziane sviluppatasi in seguito alla spedizione napoleonica. Dalla primavera sarà disposto un percorso ad hoc per le scolaresche, numerose delle quali hanno già prenotato una visita. Le prenotazioni si concordano il mercoledì e il giovedì dalle 10 alle 12.30 telefonando allo 035.286072 o via e-mail all’indirizzo [email protected]. Per la conferma è necessario compilare il modulo da scaricare sul sito www.museoarcheologicobergamo.it/ e inviare via e-mail o via fax (al numero 035 286079).
Lungo 190 cm, largo 57 cm, alto 66 cm, il sarcofago è costituito da una cassa con coperchio in legno di cedro; un secondo coperchio,simile al primo, si trovava all’interno. Cassa e coperchio sono ornati da scene di carattere religioso, nelle quali, oltre al defunto, compaiono numerose divinità. Le diverse scene sono intervallate da iscrizioni disposte su colonne verticali. Sulla coperchio il volto del defunto è incorniciato da un’ampia parrucca, la barba posticcia è fissata sotto il monte, mentre un ampio collare è composto da fasce di perle e petali di loto, la stola si incrocia sul petto e le mani tengono due rotoli di papiro. Sul petto è dipinto lo scarabeo kheper, sormontato da una corona e fiancheggiato da due immagini di Osiride seduto. Simboli, segni e volti ognuno dei quali custodisce messaggi, talvolta enigmatici, che a distanza di quasi tremila anni sono capaci ancora di stupire.
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