GUARDA IL VIDEO DEGLI SLAPSUS Addio Zelig Off , a presto Zelig Circus . La «griffe» della comicità televisiva ha chiuso lunedì sera su Canale 5 il suo programma-laboratorio e dà appuntamento per il prossimo autunno con il suo programma-ammiraglia, che dovrebbe prendere il nome di Zelig Arcimboldi . Ma la stessa staffetta vale per un gruppo bergamasco, gli Slapsus, nome nuovo di un quartetto che lavora insieme da dieci anni: Lorenzo Baronchelli, Michele Cremaschi, Pierangelo Frugnoli e Manuel Gregna. I quattro sono stati «promossi», e alla chiusura di Zelig Off hanno ricevuto la proposta di prendere parte al prossimo Circus, in prima serata.La notizia è doppiamente interessante, perché gli Slapsus si sono presentati a Zelig (dopo Circo massimo la scorsa estate, su Raitre) con la rielaborazione di un pezzo del loro ultimo spettacolo, Fair Play , una divertente cavalcata tra gli sport: «Questo – dichiara Baronchelli – è un aspetto importante per noi: abbiamo proposto il nostro stile, adattandoci alla tv senza snaturarci». Le idee in proposito sono ben chiare: «Noi – aggiunge Cremaschi – ci proponiamo in tv con l’obiettivo di lavorare di più e meglio in teatro. Attenzione: non disprezziamo affatto la tv, che è stimolante. Ma vogliamo fare teatro, e la tv può aiutarci».Il concetto si presta a spiegare un equivoco sulla comicità in Italia: «Da noi – prosegue Cremaschi – manca un circuito "fringe", indipendente e legato al teatro gestuale, tra mimo e clownerie. Chi lavora come noi o trova la via dell’estero o lavora ai margini degli altri circuiti: quelli sperimentali, quelli per ragazzi o quelli di strada». Morale: un «passaggio» a Zelig conta molto, per riequilibrare la situazione. «Mi sembra positivo – interviene Frugnoli – che Zelig sia interessato a forme diverse da quelle battute negli ultimi anni, più legata alla tradizionale comicità di parola».Resta da spiegare Slapsus, cioè la nuova etichetta che i quattro si sono dati. Fin qui hanno realizzato i loro spettacoli sotto bandiere produttive diverse: Erbamil per Cremaschi (che ne era anche socio), Frugnoli e Gregna, Ambaradan per Baronchelli (che ne è fondatore). In questo modo hanno presentato Synphonia (nel 2000, rivisto nel 2006 per il festival di Edimburgo) e Fair Play . E adesso? «Adesso – dichiara Gregna – ci è parso fosse giunto il momento di dare un nome comune al lavoro che da dieci anni stiamo conducendo insieme». Da qui Slapsus: «Che non è – precisa Cremaschi – l’ennesima compagnia di produzione bergamasca, ma un’etichetta artistica».Resta il fatto che la «chiamata» da parte di Zelig coincide con il battesimo di un soggetto fondamentalmente nuovo. «In realtà – racconta Baronchelli – ci conosciamo da dieci anni, avendo frequentato in anni diversi la scuola di Erbamil, e avendo anche provato a fare compagnia insieme con gli Alicante (una formazione giovanile di quel periodo, poi cessata), alla fine degli anni ’90». Poi il «ritorno» ad Erbamil, poi una carriera di crescente impegno: «Che ci dato la consapevolezza – spiega Frugnoli – di avere maturato una nostra visione del mestiere e della comicità».Il pezzo passato in tv ne è una dimostrazione piuttosto fedele. Si tratta di quattro scene di 2-3 minuti (visibili su YouTube o sul sito http://slapsus.wordpress.com), tratte o elaborate a partire da una sequenza di Fair Play che prende bonariamente in giro il nuoto sincronizzato: «Ci piace mescolare mimo, clownerie, gag visive e gestuali», commenta Baronchelli. E aggiunge Cremaschi: «Entro questo perimetro, ognuno di noi ha le sue predilezioni, legate alla musica, alla giocoleria, all’espressione di strada. Ma il denominatore comune è quello».Non servono molte più parole per descriverlo meglio: «Far ridere gli altri – confessa Gregna, l’unico che continui a coltivare anche un altro lavoro, come maestro elementare – è un grande dono, che non si può rifiutare. Mi piace insegnare, e per questo non ho abbracciato la via del professionismo come gli altri. Ma non posso rinunciare a questo teatro». Chiosa Frugnoli: «Il clown è un linguaggio universale, che chiunque può capire, a qualunque età e in qualunque paese. È uno dei pochi linguaggi che può rivolgersi a tutti, e parlare a tutti delle emozioni e della fragilità di ciascuno di noi».(02/07/2008)
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