«Ho capito subito che era l’originale
Ecco come ho trovato la lettera di Galileo»

Su L’Eco di Bergamo Franco Giudice e Salvatore Ricciardo raccontano della scoperta della lettera di Galileo a Londra. «Io assegnista, per quella ricerca rinunciai alle ferie».

Su L’Eco di Bergamo di domenica 23 settembre parlano Franco Giudice, docente di Storia delle rivoluzioni scientifiche, e Salvatore Ricciardo, docente a contratto nella nostra Università di Bergamo. Spiegano come è avvenuta la clamorosa scoperta nella biblioteca della Royal Society di Londra della versione più antica della «Lettera a Benedetto Castelli» di Galileo Galilei, datata 1613, nel momento in cui cominciavano a diffondersi le accuse di eresia contro lo studioso per le sue tesi copernicane in contrasto con la visione dominante del tempo dell’universo e del movimento degli astri.

Quando ha capito che questa lettera di Galileo a Benedetto Castelli, nella sua prima versione, era veramente una scoperta importante? «Subito» dice Salvatore Ricciardo senza esitazione. «Devo ammettere che ho avuto un attimo di esaltazione. Poi, io sono una persona abbastanza disincantata... Ma certamente quel giorno ero contento, e sono ancora più contento oggi che la scoperta è stata confermata dalla comunità scientifica internazionale». All’inizio ha pensato che potesse essere una copia, e non proprio l’originale, «ma in ogni caso era una lettera non conosciuta. Ovviamente in quel caso avrebbe avuto un impatto diverso, limitato agli specialisti. Mano mano che la studiavamo, però, abbiamo compreso che era veramente un autografo di Galileo».

Nato a Legnano 41 anni fa, Ricciardo si è laureato in filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, con una tesi di Filosofia della scienza discussa con Giulio Giorello e Corrado Sinigaglia. Nel 2011 ha conseguito il dottorato in Antropologia ed Epistemologia della complessità presso la nostra Università. Attualmente è un professore a contratto presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia.

Così ricorda quel giorno decisivo: «Era il 2 agosto, avevo visionato nella biblioteca della Royal Society le opere a stampa di Galileo, e alla fine della giornata ho deciso di fare una ricerca d’archivio, che in fondo potrebbe fare chiunque da casa, perché il catalogo - come è accaduto per molte istituzioni di questo tipo - è stato messo tutto on line: cercavo notizie, scritti, qualcosa che riguardasse Benedetto Castelli, bresciano, primo allievo di Galilei. Quando ho inserito quel nome nelle caselle di ricerca è uscita la segnatura di questa lettera. Ho chiesto immediatamente di vederla. La data era erronea, ma già dalla descrizione si intuiva che era quella».

Ma perché nessuno mai aveva «trovato» questa importantissima lettera che era sotto gli occhi di tutti? «Certamente i cataloghi on line ora rendono molto più facili le ricerche rispetto agli anni passati» dice Ricciardo. «La Royal Society viene fondata nel 1660, la biblioteca inizia a essere costituita negli anni successivi, documenti antecedenti probabilmente non sono stati molto indagati. Non è da escludere che questa lettera sia arrivata lì passando per le mani di un membro della Royal Society, sono cose che gli studi futuri cercheranno di chiarire. Al momento però siamo alle pure ipotesi. È meglio andarci cauti».

Certo, passare agosto in una biblioteca di Londra per Ricciardo si è rivelata una carta più che vincente, ma è il segnale anche dei sacrifici che un ricercatore deve fare: «Per me, italiano, era periodo di vacanze, è vero, ma a Londra no: la biblioteca chiude solo un paio di giorni. Io avevo questo incarico per cui ho rinunciato alle ferie». Il suo contratto di assegnista «in realtà è scaduto il 30 giugno, ma questo non è importante. Ora sono professore a contratto dell’Università di Bergamo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA