Glauco Mauri al teatro Sociale
«Esploro l’umanità di Beckett»

L’attore 89enne mette in scena «Finale di partita» del drammaturgo irlandese: «Il compito del teatro è emozionare, e lo si può fare anche con un testo difficile come quello di Beckett». Intervista video.

«Beckett mi ha insegnato che la vita può essere una tragedia che diventa farsa o una farsa che diventa tragedia, secondo me non è uno scrittore del teatro dell’assurdo, è un grande poeta che narra la fatica del vivere dell’uomo». Glauco Mauri non ha dubbi, Beckett, può suscitare emozione anche se i suoi testi all’apparenza possano trasmettere solo rigidità e fastidio. Con «Finale di partita» torna a rappresentare un testo del drammaturgo irlandese, a 89 anni, insieme al suo fido compagno di scena Roberto Sturno nella regia di Andrea Baracco. Lo spirito e l’entusiasmo che ancora guida Mauri è ancora quello di un ragazzino con una missione ben precisa: la convinzione che il teatro possa «servire alla vita».

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Un testo claustrofobico, come il luogo dove è ambientato. Una stanza chiusa, fuori, invece, un mondo post atomico dove gli unici sopravvissuti sono Hamm e Clov, insieme ai genitori mutilati di Hamm che stanno nudi chiusi in un a scatola e sono interpretati da Marcella Favilla e Marco Blanchi. All’interno di quelle quattro mura va in scena la vita quotidiana e immutabile, assurda e paranoica che sembra lontana dalla nostra, ma che in realtà metaforicamente, assume la forma di una parte di quella di tutti noi.

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