Cultura e Spettacoli / Bergamo Città
Mercoledì 18 Dicembre 2019
Edoomark: giovani e arte
sono due mondi simili
Giovani e arte: due mondi non immediatamente accostabili, però… C’è un però. Però appena si infrange la diffidenza iniziale tra questi due mondi possono trovarsi molte affinità.
Lo stesso accade per gli adolescenti: se li osservi possono sembrare incomprensibili oppure, alcune cose che loro fanno, possono apparire non sensate per chi appartiene a un’altra generazione, ma appena si prende un briciolo di confidenza e ci si mette in gioco accade lo stesso che con l’arte, cioè ci si apre a mille significati e si resta spesso incantati.
Un’esperienza vissuta in prima persona da responsabili e ragazzi del mediacenter de «L’Eco di Bergamo», mettendo a frutto la partership tra Edoomark e i promotori della mostra d’arte contemporanea intitolata «Il corpo insensato» - allestita in città alta, nel palazzo della Ragione – di cui è stata curata insieme l’area educational, con attività che hanno riscosso l’interesse di tutti.
Una questione, quella del rapporto con l’arte, significativa per tutte le fasce d’età e di cui abbiamo parlato con Stefano Raimondi, presidente dell’associazione «The Blank», nonché curatore della mostra aperta e visitabile a Bergamo, fino al 6 gennaio.
Presidente, perché i bambini adolescenti devono essere introdotti all’arte? Che cosa dà l’arte a loro e in generale agli esseri umani?
L’arte, così come la musica, la parola o la matematica è un linguaggio inventato dall’uomo per potersi esprimere e trasmettere sensazioni, emozioni, pensieri altrimenti inarrivabili. Come un bambino inizia a parlare immagazzinando prima i suoni e poi i concetti delle parole, l’arte si apprende vedendola. Più arte si vede e con più sicurezza la si può capire e apprezzare e più stimoli questa saprà offrire in un percorso virtuoso e senza fine che porta a «leggere» il contemporaneo, ossia il nostro mondo, in modo non scontato.
Come si fa ad avvicinare i giovani all’arte?
L’arte contemporanea usa linguaggi, mezzi e strategie che sono famigliari ai giovani: penso alle performance, al suono, al video o alle installazioni ambientali. Si contamina con tutto: videogame, fumetti, cinema, realtà virtuale, social network... Ai giovani consiglio curiosità, visitare i musei più importanti delle grandi città e un approccio non solo basato sul «mi piace» o «non mi piace», bensì su quello che l’opera può trasmettere. A forza di vedere opere d’arte i significati emergeranno con naturalezza. Ricordo la prima mostra che organizzai a ventidue anni, dei ventiquattro artisti presentati oggi ne richiamerei soltanto un paio, proprio perché in questi anni ho maturato un diverso senso critico. E poi l’arte contemporanea sa essere così ironica, beffarda, divertente che sono sicuro piacerebbe ai giovani.
I ragazzi dicono: «Non è bello»... Oppure «Questa cosa la saprei fare anche io»... Cosa risponde a queste posizioni?
Che il bello non esiste più e che al 99% non saprebbero farlo, al massimo copiarlo. Il fatto che alcune opere siano tecnicamente irrilevanti, come la già famosa banana con lo scotch appiccicata al muro di Maurizio Cattelan, che imperversa sui social in questi giorni, non significa che siano banali. Al contrario, riescono a essere iconiche e potenti perché aprono a mille messaggi diversi. Ora tutti possono facilmente attaccare banane al muro, tuttavia nessuno ci aveva pensato prima.
Al di là di tutti i discorsi, il mercato delle opere d’arte è gonfiato dagli affari economici che ci stanno dietro? E se sì, è comunque un bene per l’arte o un male?
Ci sono anche nell’arte come in tutti i mercati delle speculazioni, ma quello che più conta è che l’attore principale, ossia l’artista, lavori alle sue opere con sincerità. Quello che fa il mercato è un’altra cosa e ai fini della storia dell’arte è irrilevante.
I ragazzi e le ragazze che fanno alternanza scuola lavoro al mediacenter de «L’Eco» realizzano in particolare dei video. Un video o una fotografia, possono essere opere d’arte?
Certo, assolutamente, purché non si guardi alla qualità tecnica con cui sono fatti, quanto piuttosto a quello che sanno trasmettere.
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