Dj Frankie, dall’hip hop al rap
Venerdì agli spalti di San Michele

Il decano dei rapper italiani torna in città con il suo deejay set che parte dalla golden age del rap e arriva alle sue canzoni: «Quelli che benpensano» o «Pedala», dal Sanremo dell’altr’anno.

Frankie Hi-Nrg Mc il 5 giugno è agli spalti di San Michele, in Città Alta, nello spazio denominato CB 2015, (inizio alle 21; ingresso libero), il 3 giugno interviene al programma radio e video «Colazione con Radio Alta», ospite di Teo Mangione. Al secolo Francesco di Gesù, Frankie quando si mette alla consolle appartiene alla genia dei creatori di nuova originalità, quando è dietro ad un microfono è il più sostanziale conoscitore dello stile irregolare dell’hip hop che abbiamo in Italia. È anche uno che viaggia molto sulle direttrici del rap internazionale.

«Sono viaggi di rappresentanza», scherza lui. «È curioso come quest’anno mi capiti di percorrere il filo della mia musica. All’inizio dell’anno sono stato in Africa, in Zambia, dove la popolazione appartiene alla grande famiglia Zulu. La musica che faccio è nata negli Stati Uniti, ma trae le proprie origini giusto dalla musica ritmica africana. Nella fattispecie, la Zulu Nation è un’emanazione dell’hip hop molto importante formata dagli Africa Bambaataa degli anni Ottanta. In un certo senso quest’anno tocco le due estremità, percorro tutto il filo che sottende questa musica e questa cultura».

In giro per il mondo il rap è ancora legato ad una missione sociale o ha intrapreso altre strade? In Italia, a proposito di messa cantata, sembra aver preso la via di un’omologazione stereotipata, appiattita su certi modelli e sul principio egoico del rapper. «C’è un po’ la sensazione che si vada incontro alla richiesta del pubblico, più che generarla. Da un po’ di tempo a questa parte la dimensione schiettamente sociale, che una volta era fondamentale, centrale nell’hip hop italiano, adesso sembra un po’ accantonata, a favore di elementi di routine, leggerezza».

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