Dire Straits «vicini» a Bergamo
Concerti a Milano e Mantova

«Rockaway, rockaway…». È un’impresa tellurica quella messa in piedi dal chitarrista Phil Palmer: rinnovare per otto notti (con tappe pure a Mantova e Milano rispettivamente il 20 e 22 maggio) l’epopea dei Dire Straits.

«Rockaway, rockaway…». È un’impresa tellurica quella messa in piedi dal chitarrista Phil Palmer: rinnovare per otto notti (con tappe pure a Mantova e Milano rispettivamente il 20 e 22 maggio) l’epopea dei Dire Straits.

Facendola vibrare nei palasport come ai tempi dell’ultimo, clamoroso, «On Every Street World Tour», approdato pure in Italia nel settembre del ’92 nel segno di «Brothers in arms» e «Sultans of swing». Un’operazione di alto lignaggio vista la presenza in scena, oltre che dello stesso Palmer, del bassista John Illsley, co-fondatore nel ’77 della band assieme a Pick Withers e ai fratelli David e Mark Knopfler. Ma pure il resto delle celebrità riunite per l’occasione è orbitata in un modo o nell’altro attorno agli Straits: gente come il percussionista Danny Cummings, imbarcato con Palmer nell’«On Every Street World Tour», e il sassofonista Mel Collins, in scena nei concerti dell’83, a cui si aggiungono due rodati partner italiani quali il chitarrista Marco Caviglia e il tastierista Primiano Di Biase. Alla batteria Steve Ferrone, che fra le sue collaborazioni vanta Average White Band, Tom Petty e Duran Duran (senza dimenticare i Pooh) ed ha incontrato il gruppo di «Romeo and Juliet» una sola volta. «Quando stavamo entrambi nella band di Eric Clapton e al Festival di Knebworth, nel 1990, ci ritrovammo a suonare con Knopfler e compagni», spiega Palmer, che pochi mesi fa ha preso parte proprio con Ferrone ad un altro tributo ai Dire Straits, messo in piedi in Inghilterra dall’ex tastierista della band Alan Clark. Ma lì non c’era Illsley, che all’altro capo del filo si addentra tra i come e i perché di questo tour-tributo giunto frattanto alla sua seconda edizione.

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