Novecento, Baricco incanta il Donizetti: sabato 5 giugno si replica - Foto e video

Al Teatro Donizetti per «D’Incanto» venerdì 4 giugno Alessandro Baricco ha letto il suo monologo «Novecento», sabato 5 il bis. Maria Grazia Panigada, direttrice artistica della Stagione di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti: «Stiamo ricominciando a vivere». Gli spettatori: «Dopo tanti mesi finalmente a teatro».

«Novecento», di e con Alessandro Baricco, è andato in scena al Donizetti venerdì 4 giugno e torna sabato 5 alle ore 19. Tra i testi più fortunati di Alessandro Baricco, Novecento vide la luce nel 1994 da Feltrinelli: l’autore lo scrisse perché fosse interpretato da Eugenio Allegri con la regia di Gabriele Vacis, che nel luglio dello stesso anno ne fecero uno spettacolo. Secondo lo stesso Baricco il testo può essere definito come una via di mezzo tra «una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce». Nel 1998 da Novecento è stato tratto La leggenda del pianista sull’oceano, film di Giuseppe Tornatore.

Ecco il video con le parole di Maria Grazia Panigada.

E qui di seguito le parole della gente arrivata per assistere allo spettacolo.

«Era da un po’ che covavo questa idea di provare, una volta, a leggere io, nei teatri, Novecento», avrebbe raccontato Alessandro Baricco nell’apprestarsi a portare in palcoscenico il suo testo, «Dopo vent’anni di messe in scena, in ogni parte del mondo, con tutti gli stili, con artisti completamente diversi uno dall’altro, ho pensato che tornare un po’ alla voce originaria di Novecento potesse essere una cosa interessante, per me e per il pubblico. Un modo di riascoltare quella musica col sound che avevo immaginato per lei. Così ho immaginato uno spettacolo elegante, leggero, essenziale ed emozionante. Ho cercato un’impaginazione giusta per quello che volevo fare: leggere. Non recitare, non spiegare, non diventare un personaggio. Leggere un testo, quel mio testo. Sono sicuro che lo farò ogni sera diverso, perché non sono un attore e non riesco a immaginare di salire su un palcoscenico a fare una cosa che so già come finirà. Quindi probabilmente ogni volta ci sarà un colore diverso, una durata diversa, una felicità diversa. Una dozzina di date all’anno. Non di più. Così magari riesco a farle tutte indimenticabili. Quanto meno per me».

Tramite le parole di Tim Tooney, ex-trombettista del piroscafo transatlantico Virginian, vi si narra la singolare storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento che, ancora neonato, venne abbandonato dentro il pianoforte della prima classe del Virginian, all’interno di una cassa di limoni T.D. e poi trovato per caso da Danny Boodman, un macchinista nero che gli farà da padre, dandogli il suo nome, quello della cassa di limoni e il nome del nuovo secolo appena celebrato. Otto anni dopo, Danny muore in seguito a un incidente sul lavoro. Il bambino scompare misteriosamente nei giorni successivi la sua morte e quando ricompare incomincia a suonare il pianoforte per alleviare il suo dolore. Durante il primo dopoguerra, all’età di 27 anni Novecento incontra Tim, che nel frattempo viene assunto sul Virginian: Questo è l’inizio di una sincera e duratura amicizia. Novecento viene descritto dal narratore come un uomo con grandi capacità di apprendimento, che vive attraverso i desideri e le passioni altrui, che si realizza con la musica, che vive sospeso tra il suo pianoforte e il mare, con il quale è in grado di rivivere ogni viaggio, ogni sensazione gli venga raccontata dai passeggeri del piroscafo.

Qualche anno dopo, Novecento viene sfidato in un duello musicale da Jelly Roll Morton, il presunto «inventore del jazz»”, e riesce a batterlo, dopo che suona un’energica ma delicata sinfonia e, a opera compiuta, accende una sigaretta mettendola a contatto con le corde del piano. Un giorno, improvvisamente, in un momento che Tim definisce come «la caduta di un quadro» (inteso come un evento improvviso e casuale), Novecento rivela a lui che è intento a scendere per la prima volta nella sua vita dalla nave. La motivazione che spinge Novecento a compiere il grande passo è assurda, però: vedere il mare dalla terraferma. Tuttavia, Novecento non tocca terra e ritorna sulla nave.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, le strade di Tim e Novecento si dividono: alla fine del conflitto, Tim rincrocia il Virginian e, scoperto che verrà fatto esplodere, chiede ai demolitori di attendere per vedere se riesce a convincere Novecento ad abbandonare la nave. Tim ritrova Novecento, il quale però si trincera dietro un netto rifiuto, spiegando anche come mai non lo fece quella volta che il “quadro cadde”: aveva paura della vastità infinita della città. Dalla musica, ma più specificamente dal pianoforte, non troverà mai la forza di svezzarsi, non riuscirà mai a superare la paura di amare e di crearsi delle radici, sopraffatto dalla paura di non riuscire a vedere neanche lontanamente una fine nel mondo al di fuori del piroscafo. Perciò dedica la sua esistenza a suonare allo scopo di sgravare i cuori dei passeggeri dalla paura dell’immensità dell’oceano. Piuttosto che raggiungere un compromesso con la vita, preferisce incantare i propri sogni, le proprie speranze, e lasciarsi esplodere col transatlantico che per tutta la vita ha conosciuto i suoi timori e custodito i suoi desideri.

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