Dilemmi di estetica
verso la «prova costume»

«Nell’anima o nella carne, dov’è la verità?» si chiede Arthur Dreyfuss, meccanico ventenne belloccio.Protagonista de «La prima cosa che guardo» di Gregoire Delacourt (Salani), ha una storia familiare triste: il padre è sparito all’improvviso, la madre ha annegato il dispiacere nell’alcol, lui, ancora piccolo, si è sentito tradito dalla vita.

«Nell’anima o nella carne, dov’è la verità?» si chiede Arthur Dreyfuss, meccanico ventenne belloccio.

Protagonista de «La prima cosa che guardo» di Gregoire Delacourt (Salani), ha una storia familiare triste: il padre è sparito all’improvviso, la madre ha annegato il dispiacere nell’alcol, lui, ancora piccolo, si è sentito tradito dalla vita. Si è trovato una casetta tutta sua, un po’ appartata, ed è proprio lì che una sera piomba, inattesa, una donna magnifica, Scarlett Johansson (così pare…), che gli sconvolge la vita.

Quanto fa nella vita la bellezza fisica, qual è il suo peso sul nostro destino? Quanto è vera e quanto è invece capace di creare illusione e stordimento anche in chi la possiede?

Il romanzo affronta il tema in modo non banale, ma comunque lieve. «Pensa al corpo - scrive Delacourt - come a un cappotto. Si può toglierselo, dimenticarlo su un attaccapanni quando non va più bene. E sceglierne un altro che rivela in modo più elegante i contorni della tua anima».

Questo è un sogno diffuso, soprattutto in piena estate, con l’incubo della «prova costume» alle porte. È ora di prendere il coraggio a due mani e accettarsi così come si è, dice con intelligente ironia Simona Siri nel suo spassosissimo «Lamento di una maggiorata» (Tea) in cui gioca sui luoghi comuni che spesso si legano a forme un po’ troppo prosperose.

E per concludere il disegno con un paradosso, ecco Scott Westerfeld tratteggiare nella trilogia «Beauty» (Mondadori) un mondo in cui la bellezza è - ahimè - un obbligo: un mondo crudele, che mostra in filigrana tanti aspetti inquietanti di quello reale.

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