Arriva Pinocchio e sfiora il «tutto esaurito»

Piace al pubblico il Pinocchio di Benigni che non aveva convinto del tutto la critica.Il film che inneggia all’«estremismo della gioia di vivere» forse non ha commosso fino alle lacrime, ma di certo ha emozionato molte delle persone che ieri hanno assistito alla proiezioneLa prima assoluta per la provincia di Bergamo è stata nel multisala Uci Cinemas di Curno, dove «Pinocchio» era in programmazione già dalle 16.30. La direzione del multisala, che per garantire spazio al burattino ha trasferito ad altro loco «Minority report» di Spielberg, sta mettendo ben tre sale a disposizione del film. La fiaba di Collodi versione celluloide ha fatto la sua comparsa anche in città, dove dalle 20 di ieri sera è in programmazione al cinema «Nuovo» (200 spettatori nella serata di ieri).Sono state almeno una cinquantina le persone che ieri pomeriggio, tra le 16.30 e le 18, hanno scelto di andare a vedere il film (per le proiezioni della sera si è arrivati invece vicino al tutto esaurito). Nell’atrio si aggiravano molti adulti, ma anche qualche bimbo portato per mano dai genitori o dai nonni.Tra gli spettatori, qualcuno pareva semplicemente curioso di vedere l’ennesima trovata del burlone italiano più famoso nel mondo, altri invece davano l’impressione di essere davvero intenzionati a lasciarsi trasportare dalle emozioni attraverso il film, definito dalla critica come un trionfo dei colori e della fantasia.

Pinocchio nella storia del cinema

Il primo «Pinocchio» di celluloide è del 1911, una produzione Cines diretta dal conte Giulio Antamoro. Il burattino di Collodi è interpretato da Polidor, al secolo Ferdinando Guillaume, di provenienza circense e che assumerà anche il nome comico di Tontolini.

Certamente curioso è il «Pinocchio» animato nel 1930 da Ugo Amadoro, un operatore specializzato in «effetti speciali» ante litteram che aveva costruito l’intero film con l’uso della «ombre cinesi».

Un Pinocchio davvero con gli occhi a mandorla è quello disegnato, tra il 1929 e il 1932, dal giapponese Noburo Ofuji con la collaborazione di ben 52 fra tecnici e animatori.

Nel 1935, Attalo, caricaturista assai noto per la sua collaborazione al «Marc’Aurelio» anteguerra, tentò, assieme ad alcuni colleghi, la realizzazione del lungometraggio «Le avventure di Pinocchio».

Il «Pinocchio» di Walt Disney, che arriva nel 1940 (ma in Italia forzatamente dopo la guerra), è un personaggino paffuto, vispo e rotondetto, col ciuffo e con i guanti bianchi, più simile a Topolino che al burattino di legno disegnato prima, con la dovuta secchezza, da Enrico Mazzanti e poi da Attilio Mussino. Per di più ha in testa un impossibile cappellino tirolese. Ma è simpatico e tanto ben disegnato, come tutti gli altri personaggi disneiani, da assicurargli un successone.

Nel ’39 Pinocchio, a testimonianza della sua internazionalità, va…in Russia, anzi in Urss, per il pennello di Aleksandr Ptusko, specialista in fiabe, che gira «Le avventure di un burattino», tenendo però più presente un consimile testo di Tolstoi che il libro di Collodi (il Paese dei Balocchi diventa marxisticamente il Paese della Scienza).

A metà degli anni Cinquanta, prima dello Sputnik, Pinocchio va…nello spazio. A spingerlo su Marte è il cartoonist belga Ray Goossens. Invece della balena incontrerà un mostro alieno. Un altro "cartone" italiano arriva nel ’71 con «Un burattino di nome Pinocchio», a cura di Giuliano Cenci, toscano come Collodi. La fedeltà all’originale è assicurata.

Un Pinocchio in carne e ossa – a parte l’irresistibile imitazione di Totò in uno sketch di «Totò a colori» del ’52 – è quello, famoso, che arriva in televisione nel 1972 in cinque puntate con la regìa di Luigi Comencini.

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