Il cinema del Belpaese ha deciso di fare i conti con la cronaca più bruciante. L’anno scorso non c’era nessun film italiano in gara per la Palma d’Oro, e di questa assenza ci si era stracciati le vesti: quest’anno sono addirittura due, ed entrambi sono film – si sarebbe detto una volta – di impegno civile. Matteo Garrone porta Gomorra , tratto dal best seller di Roberto Saviano, polaroid spietata che racconta dall’interno la camorra napoletana, assai prima, e forse con disperata prevegezzenza, dell’emergenza rifiuti.
E Paolo Sorrentino ha messo in scena Il Divo , cioè nientemeno che Giulio Andreotti, il simbolo della politica italiana.
Le attese, a Cannes, sono tutte per il film di Paolo Sorrentino (quarta pellicola di una carriera fin qui ottima, ormai il cineasta napoletano è assai più di una rivelazione, nonostante abbia solo 38 anni, da compiere il 31 maggio). Giulio Andreotti ha incarnato come nessun altro, per lunga e importante parte della storia repubblicana, l’idea del potere.
Perché un film proprio su Andreotti?
«È un uomo che mi ha affascinato fin da bambino - dice il regista -. I giornali, la televisione, non facevano che parlarne, eppure mi restava sempre la sensazione di non conoscerlo fino in fondo. Una volta divenuto regista, mi è stato naturale trasformare in immagini la potenza di quel fascino ambiguo e impenetrabile».
Che impressione le ha fatto Giulio Bosetti, l’attore bergamasco cui ha affidato la parte del giornalista Eugenio Scalfari?
«Giulio è un grande attore, bravissimo. Sul set ha lasciato tutti impressionati. Il suo personaggio è minimo, nell’economia del film, un piccolo ruolo, possiamo dire, ma di grande difficoltà. Ebbene, Giulio ci ha stupiti tutti. È davvero un grande attore».L’intervista integrale su L’Eco oggi in edicola
(14/05/2008)
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