Processo letterario al libro Cuore
L'accusa tocca al sindaco Saita

Dice che l'Unità d'Italia non c'entra. «Non ero certo leghista quando l'ho letto e riletto odiandolo». Eppure non sembra un caso che il sindaco verdepadano di Seriate, Silvana Santisi Saita, nel match letterario previsto nella biblioteca di via Italia (manco a farlo apposta) venerdì 4 settembre alle 21, farà la parte del giudice cattivo, smontando pezzo per pezzo il libro «Cuore».

Già, il classico di Edmondo De Amicis, pubblicato nel 1886, a pochi anni dall'unione del Belpaese (1861) e subito adottato da tutte le scuole, al chiaro scopo «di insegnare ai giovani cittadini le virtù civili, ossia l'amore per la patria, il rispetto per l'autorità e per i genitori, lo spirito di sacrificio, l'eroismo e la sopportazione». Nonché la lingua italiana, per lasciare a casa i vari dialetti.
 
La sindachessa è abituata alle pubbliche tenzoni, ma in veste di critico letterario non si era ancora vista. Esordirà nell'ambito di «Fiato ai libri 2009», l'iniziativa del sistema bibliotecario Seriate Laghi per promuovere la lettura, sfidando Carlo Dal Lago, ex maestro e animatore del territorio, cui spetterà invece il compito di parteggiare per Enrico, Garrone e gli altri.

Diversi i round in cui gli oratori dibatteranno di trama, stile e personaggi, fino al «ribaltone» finale (in cui le parti del pro e contro si invertiranno) e l'arringa conclusiva con i supporter (nel caso della Saita uno dei due figli). «Dopo aver subito questo polpettone, ora posso permettermi di dissacrarlo», dice con una certa soddisfazione il sindaco, già vicepreside dell'Esperia e insegnante di Scienze in diversi licei cittadini, ma sempre col pallino per la letteratura, pregustando il match.

Perché parlerà male del libro «Cuore»? «Per la sdolcinata costruzione di De Amicis e per la freddezza dei rapporti di cui si narra. Si potrà che nel descrivere il Natale non c'è un accenno alle feste familiari né un ricordo religioso? Che tristezza». Nessun motivo politico, l'allergia leghista per l'Unità d'Italia giura che non c'entra. La critica deriva solo da motivi letterari. Anche se alla fine ammette (come tutti i bambini e quasi tutti i lettori) di preferire «Pinocchio» (1883). «Il burattino di Collodi, con suo papà Geppetto, è più tenero». Anche quando dice le bugie.

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