Cultura e Spettacoli
Giovedì 20 Dicembre 2012
«Venerdì la fine del mondo»
Scommettiamo che non ci sarà?
Volete un consiglio? Anche se siete contrari al gioco d'azzardo, per una volta derogate ai vostri principi e scommettete sull'eventualità che il prossimo 22 dicembre la Terra ci sia ancora, e l'umanità con essa.
Volete un consiglio? Anche se siete contrari al gioco d'azzardo, per una volta derogate ai vostri principi e scommettete sull'eventualità che il prossimo 22 dicembre la Terra ci sia ancora, e l'umanità con essa (insomma, a condizione di trovare un allibratore disponibile a raccogliere la puntata, giocatevi lo stipendio mensile e pure la tredicesima: in fondo, che avete da perdere?).
Volendo poi considerare più seriamente la questione della presunta «profezia maya» sulla fine del mondo in data 21.12.2012, converrebbe forse dar credito agli archeologi e agli astronomi, anziché ai catastrofisti per convinzione o per convenienza (ricorrono, in Internet, i nomi di paesini francesi, turchi o messicani che – stando alle rispettive aziende di promozione turistica – sarebbero predestinati a scampare al disastro).
Gli archeologi e gli astronomi, si diceva: i primi propendono per l'idea che il calendario maya del «lungo computo» non prevedesse affatto un cataclisma di portata cosmica alla conclusione del 13° b'ak'tun (che, in termini a noi più familiari, dovrebbe cadere domani o forse il 23 dicembre); i secondi smentiscono che nelle stesse date si possano verificare inediti e funestissimi allineamenti di pianeti, o che un misterioso corpo celeste di nome Nibiru stia per colpirci.
Nella storia umana, in realtà, è difficile trovare epoche in cui non siano ricorsi annunci e previsioni di imminenti catastrofi globali. Qualche esempio? Agli inizi dell'età moderna, l'astrologo svevo Johannes Stöffler annunciò un secondo diluvio universale per il 20 febbraio 1524; stando a un aneddoto (di dubbia autenticità, ma pittoresco), il Conte di Iggelheim gli diede retta e pensò bene di farsi costruire un'arca per potersi porre in salvo con la sua famiglia. La mattina del giorno fatale, in effetti, prese a piovigginare (evento peraltro non infrequente in Germania) e i contadini del luogo, terrorizzati e furenti all'idea che nell'arca non fosse stato previsto un posto per loro, lapidarono il povero aristocratico.
Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di giovedì 20 dicembre
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