«Venerdì la fine del mondo»
Scommettiamo che non ci sarà?

Volete un consiglio? Anche se siete contrari al gioco d'azzardo, per una volta derogate ai vostri principi e scommettete sull'eventualità che il prossimo 22 dicembre la Terra ci sia ancora, e l'umanità con essa.

Volete un consiglio? Anche se siete contrari al gioco d'azzardo, per una volta derogate ai vostri principi e scommettete sull'eventualità che il prossimo 22 dicembre la Terra ci sia ancora, e l'umanità con essa (insomma, a condizione di trovare un allibratore disponibile a raccogliere la puntata, giocatevi lo stipendio mensile e pure la tredicesima: in fondo, che avete da perdere?).

Volendo poi considerare più seriamente la questione della presunta «profezia maya» sulla fine del mondo in data 21.12.2012, converrebbe forse dar credito agli archeologi e agli astronomi, anziché ai catastrofisti per convinzione o per convenienza (ricorrono, in Internet, i nomi di paesini francesi, turchi o messicani che – stando alle rispettive aziende di promozione turistica – sarebbero predestinati a scampare al disastro).

Gli archeologi e gli astronomi, si diceva: i primi propendono per l'idea che il calendario maya del «lungo computo» non prevedesse affatto un cataclisma di portata cosmica alla conclusione del 13° b'ak'tun (che, in termini a noi più familiari, dovrebbe cadere domani o forse il 23 dicembre); i secondi smentiscono che nelle stesse date si possano verificare inediti e funestissimi allineamenti di pianeti, o che un misterioso corpo celeste di nome Nibiru stia per colpirci.

Nella storia umana, in realtà, è difficile trovare epoche in cui non siano ricorsi annunci e previsioni di imminenti catastrofi globali. Qualche esempio? Agli inizi dell'età moderna, l'astrologo svevo Johannes Stöffler annunciò un secondo diluvio universale per il 20 febbraio 1524; stando a un aneddoto (di dubbia autenticità, ma pittoresco), il Conte di Iggelheim gli diede retta e pensò bene di farsi costruire un'arca per potersi porre in salvo con la sua famiglia. La mattina del giorno fatale, in effetti, prese a piovigginare (evento peraltro non infrequente in Germania) e i contadini del luogo, terrorizzati e furenti all'idea che nell'arca non fosse stato previsto un posto per loro, lapidarono il povero aristocratico.

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di giovedì 20 dicembre

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