Bruno Bozzetto in California
«insegna» ai maestri della Disney

di Camilla Bianchi

Bruno Bozzetto è felice come un bambino nel paese dei balocchi. In questi giorni è stato in California su invito di John Lasseter, il capo della Pixar e della Walt Disney, il numero uno al mondo dell'animazione.

di Camilla Bianchi

Bruno Bozzetto è felice come un bambino nel paese dei balocchi. In questi
giorni è stato in California su invito di John Lasseter, il capo della Pixar e della Walt Disney, il numero uno al mondo dell'animazione. «Mi hanno chiesto di venire alla Pixar di San Francisco e alla Disney, a Los Angeles,
per presentare i miei cortometraggi e incontrare gli animatori. Ho parlato
con loro del mio lavoro, ho visitato gli archivi e ho conosciuto la figlia
di Walt Disney che mi ha raccontato la storia del padre», spiega il papà
del Signor Rossi, colpito dall'accoglienza dei colleghi americani e incredulo
per tanta attenzione nei suoi confronti.

Altri animatori europei hanno partecipato alla trasferta americana?
«No, hanno invitato solo me, ma l'occasione di visitare la Pixar era troppo ghiotta e quindi i miei figli mi hanno seguito. Con noi sono venuti anche un socio dello studio, lo storico del cinema di animazione Federico Fiecconi e Corrado Colleoni, disegnatore e illustratore bergamasco».

Come l'hanno accolta i colleghi statunitensi?
«Alla Pixar hanno proiettato i miei film, poi Lasseter mi ha presentato sul palco e ha moderato un incontro con animatori e spettatori. Stessa cosa alla Disney, dove sono venuti i più grandi animatori del momento e con loro abbiamo discusso a lungo, trascorrendo un'intera giornata insieme».

Che film si è portato in America?
«Cinque o sei cortometraggi, purtroppo ho dovuto fare una scelta. Self service, un film di 45 anni fa che ho scelto perché Lasseter due mesi fa a Milano mi aveva detto che se lo ricordava e gli era molto piaciuto. È un corto sullo sfruttamento del corpo umano da parte degli insetti, come noi sfruttiamo la terra estraendo il petrolio così le zanzare estraggono il sangue dall'uomo. Poi Cavallette, e Rapsodeus, uno dei film fatti con mio figlio Fabio e Diego Zucchi poco tempo fa».

Un confronto tra due mondi diversi. C'è realmente un oceano tra i cartoonisti europei e quelli americani?
«Non c'è un solo oceano, ce ne sono cinque o sei. È letteralmente un altro mondo, non tanto dal punto di vista artistico ma soprattutto industriale, organizzativo e produttivo. Loro hanno un'altra mentalità; siamo stati anche alla Dreamworks dove lavorano a cinque film contemporaneamente. La diversità assoluta tra l'Italia e gli Stati Uniti, tra i nostri studi e i loro, sta nella capacità di avere una produzione continuativa, cosa che da noi non avviene, perché i produttori di disegni animati praticamente non esistono. Lasciamo perdere poi la differenza dovuta ai soldi, qui ci sono studi grandi come una città, con campi da tennis, piscine riscaldate, bar, ristoranti. Dal punto di vista creativo quello che mi ha colpito è il fatto che mi abbiano invitato e che io possa essere così interessante per loro».

Non faccia il modesto, è un riconoscimento importante alle sue doti creative.
«Sì, e me ne stupisco. Loro sono in  vetta, io a fondovalle: non riesco proprio a vedere punti in comune. Ma sembra che io li abbia ispirati per il tipo di storie che ho raccontato e per il mio umorismo. Probabilmente il punto in comune tra noi è proprio questo; mi fa molto piacere e al tempo stesso mi sorprende. Sono di fronte a dei giganti e fatico a capire cosa li possa tanto incuriosire. Eppure tutti mi dicono che da ragazzi hanno visto i miei film e che sono stati colpiti dal mio lavoro. Una gran bella soddisfazione».

C'è la possibilità di collaborazioni future con gli americani?
«Io non la prendo in considerazione, perché alla mia età mi considero in pensione, non ho progetti di questo genere. Per fare qualcosa con loro bisogna essere qui e lavorare insieme giorno per giorno. Stando in Italia non vedo, sinceramente, molte possibilità».

Insomma, un premio alla carriera e la cosa finisce qui?
«Direi di sì, è stato molto bello entrare in contatto con loro. La Disney ci ha mostrato tutti gli archivi, abbiamo potuto vedere una parte dei 65 milioni di disegni conservati. Gli originali di Pinocchio, di Fantasia, di Biancaneve, i bozzetti, i fondali. Abbiamo visto come lavorano e come archiviano il materiale. È stato bellissimo».

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