Un minuto con Dante: Tu se'
omai al Purgatorio giunto

Il canto nono inizia con la descrizione del sogno che Dante fa all'avvicinarsi dell'aurora, nell'ora in cui i sogni sono veritieri in quanto la mente nostra, staccata dai limiti del corpo e meno appesantita dai pensieri, acquista capacità quasi profetiche.

TU SE' OMAI AL PURGATORIO GIUNTO

9. 46    «Non aver tema», disse il mio segnore;
9. 47    «fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
9. 48    non stringer, ma rallarga ogne vigore.

9. 49    Tu se' omai al purgatorio giunto:
9. 50    vedi là il balzo che 'l chiude dintorno;
9. 51    vedi l'entrata là 've par digiunto.

Il canto nono inizia con la descrizione del sogno che Dante fa all'avvicinarsi dell'aurora, nell'ora in cui i sogni sono veritieri in quanto la mente nostra, staccata dai limiti del corpo e meno appesantita dai pensieri, acquista capacità quasi profetiche (cfr. vv. 16-18).

Nei canti  XVIII e XXVII del Purgatorio Dante ci racconterà altri due sogni, pertanto i sogni in totale tre e sono collocati non a caso   - sulla base della simbologia numerica del 9 (multiplo di 3, il numero della Trinità) -  in canti equidistanti (9 - 18 - 27).

Dante sogna di essere rapito da un'aquila dalle penne d'oro verso il sole: proprio come Ganimede, lo splendido fanciullo che Giove, trasformatosi in aquila, volle portare con sé sull'Olimpo per averlo come coppiere degli dei.

Anche in questo caso Dante riutilizza un mito pagano reinterpretandolo in chiave cristiana: Ganimede è immagine dell'anima  - o di Dante stesso – che, per grazia divina, ascende al cielo per abitare con Dio.

Vengono spontanei anche altri due riferimenti letterari: quello al mito di Er, il guerriero reso immortale per i suoi meriti dagli dei, come ci raccontano Platone e in seguito Cicerone nel De Re Publica (Somnium Scipionis); e quello, in ambito cristiano, al rapimento di S. Paolo al terzo cielo, narrato nella seconda lettera ai Corinti.

Nel sogno Dante avverte un calore talmente intenso che si risveglia atterrito, proprio come l'eroe Achille, risvegliatosi lontano da casa nell'ambiente a lui estraneo dell'isola di Sciro.

Il buon maestro lo rassicura dicendogli che ormai sono giunti alla porta del Purgatorio vero e proprio: Santa Lucia, alla quale Dante era particolarmente devoto, è venuta e lo ha portato nelle sue braccia fino a qui, rendendogli più agevole il cammino; prima di allontanarsi ha indicato la strada che conduce alla porta. Ecco la spiegazione di quanto Dante ha vissuto nell'esperienza onirica.

Se l'aquila rappresenta la giustizia divina (con allusione all'istituzione dell'impero), Lucia rappresenta la grazia: entrambi elementi indispensabili per la salvezza dell'uomo.

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