Cultura e Spettacoli
Sabato 02 Aprile 2011
Il racconto di Suor Caterina Capitanio:
«Questo miracolo me l'hai strappato»
«Papa Giovanni mi disse: hai pregato mi hai strappato il miracolo dal cuore». A un anno dalla morte di suor Caterina Capitani, un documento svela quanto accadde nel 1966 La donna scrive: «Il pontefice mi chiamò, il suo viso era molto bello e sorridente. Disse che ero guarita».
«Non temere, tutto è finito, tu stai bene, non hai più nulla»: così, «con un sorrisetto sulle labbra», in un viso «molto bello e sorridente», Papa Giovanni annunciò il 25 maggio 1966 a suor Caterina Capitani che era guarita dalle conseguenze di una grave emorragia, avvenuta dopo che, oltre un anno prima, era stata sottoposta ad una resezione gastrica quasi totale.
A un anno dalla morte della suora – avvenuta a Napoli nella notte tra il 31 marzo ed il primo aprile 2010 – il racconto autografo della religiosa del miracolo ricevuto per intercessione del «Papa buono» conserva per gli storici della Chiesa il valore di «documento eccezionale» e resta uno dei pilastri della causa ecclesiastica conclusasi con la beatificazione di Papa Giovanni XXIII, proclamata il 3 settembre del 2000 da Giovanni Paolo II, grazie al riconoscimento di quel miracolo.
Quel documento è negli archivi della Curia Arcivescovile di Potenza, città di origine di suor Caterina: dichiarazione scritta della religiosa al vescovo dell'epoca, monsignor Augusto Bertazzoni, con la data del 15 settembre 1966, a circa quattro mesi dal miracolo. Suor Caterina, della congregazione delle Figlie della Carità, che ha svolto a lungo la sua missione in Sicilia, fu operata a Napoli il 30 ottobre 1965, ma il 14 maggio 1966 ebbe una perforazione della parte residua di stomaco e la formazione di una fistola, con copiosa emorragia: fu ricoverata di nuovo a Napoli. Un caso di «estrema gravità », come constatarono i medici, al punto che alla donna, non ancora suora, il 19 maggio fu concesso di «emettere i voti santi».
Quando tutti credevano che la morte di suor Caterina fosse ormai imminente, ella cominciò una novena a Papa Giovanni e poggiò «una sua reliquia» sulla fistola. Era il 25 maggio 1966. «Pensavo che Papa Giovanni – scrive suor Caterina nel racconto del miracolo ricevuto – volesse porre termine alle mie sofferenze, portandomi in cielo. Invece mentre ero assopita ad un certo punto mi sentii poggiare una mano sullo stomaco in direzione della fistola ed una voce che mi chiamava: "Suor Caterina". Spaventata nel sentire una voce di uomo mi voltai e vidi in piedi accanto al letto Papa Giovanni in abiti Papali non bianchi ma che non so descrivere perché mi soffermai a fissare il viso che era molto bello e sorridente. Mi disse: "Suor Caterina mi hai molto pregato ed anche molte suore e persone lo hanno fatto, pure le suore della tua casa, ma specialmente una; me l'avete proprio strappato dal cuore questo miracolo: ma ora non temere, tutto è finito, tu stai bene, non hai più nulla. Suona il campanello, chiama le suore che stanno in Cappella per l'orazione e qualcuna dorme pure", disse con un sorrisetto sulle labbra. "Fatti mettere il termometro, tanto per testimonianza ma tu non hai neppure 37. Poi mangia tutto come prima perché il tuo buco è chiuso. Vai dal Professore e fai mettere per iscritto la testimonianza, poi fai le radiografie perché un giorno serviranno, ma non hai nulla. Avevi una grossa perforazione con un'invasione del peritoneo, ma io ti ho assistita dal primo giorno affinché non morissi e tutto ciò doveva avvenire».
«Realmente io mi sentii subito un'altra – aggiunge la suora – ero guarita; fu allora che tutta emozionata mi feci coraggio, suonai il campanello per chiamare le suore. Mi sentivo agitata, ma dissi tutto alla superiora che dopo i primi momenti di confusione mi mise il termometro e vide che la temperatura non arrivava a 37, mentre un quarto d'ora prima aveva segnato 39,5. Con grande meraviglia di tutti chiesi da mangiare e fui accontentata. Mangiai molto perché sentivo molto appetito».
Il racconto di suor Caterina così prosegue: «Il momento più trepidante fu quello di constatare che il buco della fistola era veramente chiuso e difatti con grande commozione di tutte le sorelle presenti fu constatato che il buco era chiuso. Volli alzarmi e camminavo benissimo senza barcollare. Così ripresi subito la vita normale. Dopo due giorni ritornai a Potenza in treno destando sorpresa e meraviglia in tutti ma specialmente da parte del dottor Russo, che subito disse: "Qui c'è del prodigio". Dopo 15 giorni feci le radiografie dalle quali non risultò nulla. Il monconcino di stomaco rimasto era sano senza perforazione. Sono convinta che tutto debbo alla Grazia di Dio ottenuta dalla intercessione di Papa Giovanni».
Il documento reca sulla sinistra la scritta «Potenza Ospedale San Carlo 15 settembre 1966» e sulla destra la firma autografa di Suor Caterina Capitani, con l'aggiunta «Figlia della Carità».
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