Papa Giovanni contro Padre Pio
«Una leggenda e tante falsità»

Stefano Campanella, direttore di Tele Radio Padre Pio, ha dato alle stampe il libro «Oboedientia et pax». Al centro della volume la presunta persecuzione di Giovanni XXIII verso Padre Pio. «Una leggenda nera» taglia corto l'autore.

Stefano Campanella, direttore di Tele Radio Padre Pio, ha dato alle stampe il libro dal titolo «Oboedientia et pax», con prefazione del card. Tarcisio Bertone. Al centro della pubblicazione (Edizioni Padre Pio e Libreria Editrice Vaticana, pp.260, € 15) quella che tutti definiscono come la presunta persecuzione di Giovanni XXIII verso Padre Pio. «Una leggenda nera - taglia corto l'autore -, una leggenda perpetuata nel tempo fino ad essere stata inserita nel libro di Sergio Luzzatto, che aveva l'autorevolezza per essere stato scritto da un professore di storia, ma non è stato scritto con metodo storico, perche talune affermazioni non sono documentate».

Già perché Campanella non si limita a ribattere, ma presenta nero su bianco le prove, le copie anastatiche di documenti e lettere che testimoniano quanto sia stato prudente e illuminato il giudizio di Papa Roncalli, di fronte «alle calunniose e pesanti accuse nei confronti del cappuccino stigmatizzato riferite a lui e al S. Uffizio».

Nel volume sono presenti fra l'altro 5 documenti inediti, conservati negli Archivi Vaticani, del «processo» a San Pio. «I provvedimenti presi - aggiunge l'autore - rivelano una benevola predisposizione nei confronti del frate da parte di Roncalli e nella fiducia nelle testimonianze a sua difesa, prima fra tutte quella dell'arciv. di Manfredonia mons. Andrea Cesarano». Attorno agli Anni Sessanta, come è noto, Padre Pio fu al centro di sospetti, voci e calunnie. Fu accusato di aver baciato e aver avuto rapporti con alcune donne; fu definito come un truffatore che approfittata della reputazione di santo per ingannare gente debole. Sono pagine di una storia triste e menzognera. Al frate vennero posti divieti e imposizioni. Nella stanza dove riceveva furono piazzati a sua insaputa alcuni microfoni. Fu sottoposto alle «indagini» (visite apostoliche) del Sant'Uffizio. Una di queste fu affidata a mons. Carlo Maccari. In un clima di diffidenze e attriti, il visitatore interrogò Padre Pio 8 volte: la relazione finale al papa non contenne notizie positive sul Cappuccino.

Una seconda missione fu affidata al Padre Paul Philippe consultore del Sant'Uffizio che nella sua relazione scrisse di essersi trovato di fronte alla «più colossale truffa della storia della chiesa». Nonostante questi giudizi, Papa Roncalli mostrò sempre grande prudenza e la chiave di volta - scrive l'autore - sta in quel «chiarimento in extremis» fra l'arcivescovo di Manfredonia e il Papa. Mons. Cesarano, pochi giorni prima che il caso di Padre Pio, fosse definitivamente discusso al Sant'Uffizio illustrò al papa il vero volto del frate di Pietralcina e soprattutto smontò una ad una le calunnie nei suoi confronti. Papa Roncalli - aggiunge Campanella - invitò l'arcivescovo a riferire le stesse affermazioni ai cardinali Tardini e Ottaviani, ai quali il pontefice stesso avrebbe telefonato. Nella riunione della Suprema Congregazione del 19 aprile 1961 si smontò anche il caso della donna («isterica», «esaltata») che si autoaccusava di aver avuto rapporti carnali con Padre Pio, e non vennero prese misure drastiche nei confronti del frate. Il resto è storia recente e Padre Pio è stato proclamato Santo.

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